Oggi vogliamo parlarvi di Carni De Mattia, una storia lunga oltre un secolo, di passione e tradizione per il buon cibo e la buona cucina italiana.
Una volta c’era il macellaio. Quello dietro al bancone, che consigliava il taglio giusto per il pranzo buono della Domenica. Quello che conosceva per nome ogni sua cliente e le necessità di tutta la famiglia. Capace di suggerire ricette alternative per dare un “taglio” diverso alla solita cucina.
Poi è arrivata la grande distribuzione. La vita frenetica che non lascia spazio a scelte diverse se non a cibi pronti o veloci da cucinare. E poi additivi, conservanti, esaltatori di sapidità, glutammati di ultima generazione; quel rosso cardinale che neanche Valentino. E poi… E poi anche no!
Perché alla testa dello slogan “meglio meno, ma buono”, marcia tutto un movimento che non rinuncia alla capacità di scegliere. Alla qualità, alla tradizione di un patrimonio culinario che è il mainstream del mangiare italiano nel mondo. Di questo patrimonio si è fatto garante Carni De Mattia. Dal 1893 la loro parola d’ordine è stata tradizione e qualità. Senza deroghe a contingenze economiche, né ad un palato che si è assuefatto a sapori votati alla chimica alimentare.
“Perché la spesa buona è quella quotidiana“ dice Roberto De Mattia, caposaldo di quella che ormai è la quinta generazione familiare a succedersi nella lavorazione delle carni. Un tramandarsi di storie, di tecniche di lavorazione ormai scomparse dal nostro immaginario. Se non in quello bucolico e naif del mestiere da borgo antico. Una passione che muove il rapporto diretto con il consumatore. O che spinge verso una selezione dura anche dei rivenditori. Solo alcuni e ben selezionati distribuiscono Carni De Mattia, in luoghi diversi dal loro store aperto al pubblico che si trova a Morlupo, alle porte di Roma.
E se la lavorazione meccanica delle carni non riesce ad evitare l’inconveniente della loro ossidazione e della più facile deperibilità, Carni De Mattia ha optato per la lavorazione a mannaia, o a coltello, il taglio tradizionale che non genera calore e che permette di sondare la giusta consistenza delle carni.
Quinta generazione dicevamo. 123 anni di una storia iniziata come allevatori di mucche allo stato brado e poi continuata nella lavorazione delle carni. Per approdare oggi alla presentazione di uno store di eccellenze gastronomiche.
Il fulcro qualitativo restano le carni, seguite e rigorosamente selezionate per tutta la filiera, in base alle condizioni di allevamento ed alimentazione. Ma nel tempo le proposte si sono arricchite di una lunga selezione gastronomica italiana e non solo: dal Puzzone di Moena al Parmigiano Reggiano di fattoria stagionato oltre i 44 mesi, allo Chèvre dei Pirenei, punta di diamante della produzione casearia caprina in Spagna.
Ma non manca la pasta di grani antichi selezionati, o la mortadella di suino umbro, della nota arte norcina del cuore verde d’Italia. Il tutto per garantire una spesa anche quotidiana che ha il sapore buono della qualità. Perché di fondo poi il messaggio sembra essere proprio quello: il gusto va educato e la sua educazione passa attraverso un’alimentazione quotidiana fatta di eccellenze alimentari.
E il costo non proibitivo può essere garantito solo da una filiera diretta e da una passione. Che non cede il passo all’impazienza. Una scelta di certo più complicata in questi tempi frenetici, ma premiata come l’unica chiave di lettura rimasta nel nostro approccio al cibo. Anche nell’ottica di un futuro più sostenibile.
di Tamara Gori
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