Un viaggio nell’Italia dei salumi, partendo dal lardo Mojito, riscoprendo la susianella, fino ai grandi classici.
Ma si fa presto a dire salumi! Di cosa parliamo? Di quelli tradizionali? Sono 41 solo quelli a marchio Dop e Igp (21 i primi, 20 i secondi) ovvero che hanno una certificazione di origine a livello europeo. Ma sono ben oltre i 300 quelli catalogati come tipici delle diverse regioni italiane. Dal lardo al rosmarino di Cavour al lonzardo e al salame di castagne di Cuneo fino alla prosciutta di Castelnuovo Magra: sono solo alcuni di quelli censiti nell’ormai famoso “Atlante dei prodotti tipici” dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale.
Ma come la mettiamo, ad esempio, con il Lardo Pic? Cos’è? È uno dei “salumi” firmati da Fausto Guadagni, norcino in Colonnata (patria del lardo) il quale accanto al classico Igp si è sbizzarrito in nuove evoluzioni salumistiche: il Pic è un delizioso “tono su tono” di peperoncino arrotondato da emozioni delicate, ma vivide, di bergamotto ed altre erbe aromatiche calabresi che danno verve e a una importante e identitaria base di suino nero toscano. Ma non basta: c’è anche il Mojito, una sorta di lardo da aperitivo impreziosito dall’aroma di anice stellato, menta e rum. Per non parlare delle X.O., le Riserve: tocconi di lardo stagionato per 4-5 anni che aprono nuove porte della classificazione sensoriale e merceologica. Altrimenti, prendiamo la classica coppa di testa, alias testa in cassetta: certo, salume tradizionale. Ma che dire se al posto delle scorzette di arancio ci troviamo dentro fettine di mele essiccate e aroma di cannella o il chinotto verde di Savona? Beh, sono i salumi “innovativi” di Giovanni e Teresa Giacobbe da Sassello (Savona). E la pancetta affumicata? È tradizionale? Certo, specialmente in Calabria! Ma quando siamo davanti a quella affumicata sì, ma al legno di castagna? Come quella firmata dall’Associazione Nero di Calabria, per fare un altro esempio.
Insomma, il limite fra tradizione e sperimentazione in un mondo pur così tradizionale e ancestrale come quello dei salumi e degli insaccati, rischia di essere talmente tenue che si perde nelle degustazioni. Tanto che anche un salume tradizionale – anzi, storico – come la viterbese Susianella (scomparsa) fa gridare alla novità quando è stato riportato in vita. A base di interiora di maiale, è una salsiccia nera che ha immediatamente conquistato i palati curiosi dei tanti foodies non solo laziali. A riportarla in vita, insieme a Slow Food che ne ha fatto un presidio, diversi produttori (tra cui Coccia Sesto che ha sposato il marchio Tuscia Viterbese, il laboratorio dei F.lli Stefanoni e la Isal di Viterbo, oltre al Casaletto di Grotte S. Stefano che produce a partire dai maiali propri allevati allo stato brado): beh, è talmente antica la memoria di questo salume perduto, che il riportarlo in vita (e interpretarlo) è stato salutato come un fatto innovativo. Tanto da aver stimolato anche un primo piatto (innovativo) realizzato durante Piaceri Etruschi dalla (tradizionalissima) trattoria Sora Maria e Arcangelo di Olevano Romano.
I tradizionali
Ma vediamo di orientarci un poco nella tipicità. Partiamo per questo viaggio nell’Italia dei salumi dai censimenti e dalla geolocalizzazione di salumi e insaccati: tra i tipici, 187 appartengono all’area padano-ligure, con una concentrazione nel triangolo industriale; Lombardia e Piemonte, tra le regioni del Nord, fanno la parte del leone con 45 prodotti a testa. Seguono l’Emilia Romagna con 30, il Veneto e la Toscana con 21 prodotti ciascuna e anche una regione di così scarsa agricoltura ma di forti tradizioni come la Liguria si attesta con 9 esemplari. In larga maggioranza si tratta di salumi suini. Negli ultimi tempi si è però infittita, a partire dai due poli di Mortara e Palmanova del Friuli la concorrenza dei prodotti d’oca definiti dal presidente dell’Insor Corrado Barberis “l’ultima frontiera del maiale”. Anche gli ovini segnalano una presenza un pò meno sporadica, grazie ad iniziative abruzzesi e, soprattutto, sarde. A parziale indennizzo dell’inselvatichimento di tante pendici montane un certo dinamismo è dimostrato anche dal comparto del cinghiale.
Le altre carni
Un viaggio nell’Italia dei salumi non può non considerare le “carni diverse”, non possiamo non citare Nicola Paganoni e Simone Ferraro che hanno firmano alcune tra le migliori interpretazioni di bresaola e di slinzega, i classici prodotti della Valtellina realizzati con carni bovine (ma anche equina nel caso della slinzega). Il padovano Michele Littamè firma invece importanti prodotti d’oca: non solo petto fumée, oca in onto (carne d’oca sotto il suo grasso), tagliata di petto, porchetta, collo ripieno, salame e salsiccia, oltre a un esclusivo ocaburger. Passando poi a una vera e propria chicca: il prosciuttino di pecora prodotto dalla macelleria parmigiana Orsi, una sorta di “violino” da taglio che regala fettine da gusto selvatico ma non invadente, da gustare al naturale o condite con olio, sale e pepe.
Freschi di salagione
Proseguiamo il viaggio nell’Italia dei salumi passando in rassegna «Il vintage che diventa contemporaneo», come affermano due veri e propri maestri della norcineria italiana di alto bordo, i fratelli Massimo e Luciano Spigaroli dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense. E sono proprio loro a presentare la novità del Lardo magro erborinato e una Spalla di maiale cruda con osso lavorata in maniera innovativa (un vero monumento ai salami nazionali da far invidia ai prosciutti di bellota iberici). Eppoi, ci sono i grandi salumi: i prosciutti crudi da maiali di razze particolari e stagionati per lungo tempo, come i Parma l’Antico Bianco e l’Antico Nero di Gianfranco Tanara; o le spalle di maiale firmata Ruliano che davvero fa concorrenza agli Joselito iberici. Novità anche dal Sud: l’azienda Giannelli presenta il prosciutto barriquato, affinato 12 mesi in botti che hanno respirato il vino Nero di Troia, e il Salame del Sud, fatto con i tagli di prosciutto a pezzi grossi e condito con finocchietto selvatico, aglio, Nero di Troia e peperone dolce di Senise.
Dop e Igp
Salumi italiani a marchio DOP
Capocollo di Calabria, Coppa Piacentina, Crudo di Cuneo, Culatello di Zibello, Lard d’Arnad (Val d’Aosta), Pancetta di Calabria, Pancetta Piacentina, Prosciutto di Carpegna, Prosciutto di Modena, Prosciutto di Parma, Prosciutto di San Daniele, Prosciutto Toscano, Prosciutto Veneto Berico-Euganeo, Salame di Varzi, Salame Brianza, Salame Piacentino, Salamini Italiani alla Cacciatora, Soppressata di Calabria, Sopressa Vicentina, Salsiccia di Calabria, Jambon de Bosses (Val d’Aosta)
I salumi italiani a marchio IGP
Concludiamo il nostro viaggio nell’Italia dei salumi con una carrellata di salumi a marchio IGP: Bresaola della Valtellina, Ciauscolo, Coppa di Parma, Cotechino Modena, Finocchiona, Lardo di Colonnata, Mortadella Bologna, Mortadella di Prato, Porchetta di Ariccia, Prosciutto Amatriciano, Prosciutto di Norcia, Prosciutto di Sauris, Salama da Sugo, Salame Cremona, Salame d’Oca di Mortara, Salame Sant’Angelo, Salame Felino, Salame Piemonte, Speck dell’Alto Adige, Zampone Modena
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