Il Cibo Immaginario

Di fumetteria e di altre storie… Walt e la sua Banda

Lo abbiamo già detto, il novecento è stato un secolo straordinario.

Nel 1901 il mondo ancora non lo sa, ma nasce Walt Disney, che dell’immaginario del secolo sarà un protagonista assoluto e nel nostro viaggio attraverso le connessioni tra cibo e fumetto non possiamo non dedicargli un’attenzione speciale.

Con un’infanzia e un’adolescenza che trascorre al seguito dei vari trasferimenti familiari, con vicende scolastiche alterne e che non lo appassionavano più di tanto, lavoretti improvvisati, un’esperienza da autista di ambulanze per la Croce Rossa in Francia appena finita la prima guerra mondiale, Walt coltiva creatività e passione per le storie disegnate che, come spesso accade al talento, vengono rifiutate da più d’uno dei giornali a cui le propone. Ma Walt ha animo e le passioni le insegue, torna negli Stati Uniti, realizza qualche buon lavoro pubblicitario e nei primi anni venti si trasferisce a Hollywood, capisce che il cinema è il futuro e, insieme al fratello, si dedica alla produzione di cortometraggi d’animazione.

La strada è quella giusta e le prime produzioni iniziano a dare ragione al suo intuito e al suo talento, ma è nel 1928, con Hollywood e il cinema ancora in piena età eroica, che nel firmamento dell’animazione avanza una nuova stella; Steamboat Willie è un grande successo, è il primo cartone animato sonoro, ma soprattutto annuncia la comparsa sulla scena di un topo nero, ardito, simpatico, intelligente, vestito in pantaloncini e con una coda lunghissima.

Mickey Mouse, per noi Topolino, non lascerà più l’universo dell’immaginario popolare e, nelle sue varie versioni animate e disegnate, vivrà un pressoché mai interrotto successo planetario.

Ma a Walt Disney un topo solo non basta.

Uomo di saldi principi, con un’infanzia trascorsa in fattoria e permeata dalla wilderness americana, Walt è un conservatore, del mondo non gli sfuggono gli archetipi, ne ha una visione ben precisa in cui si riflette, alla quale non abdicherà mai e che lo porterà a fare scelte che oggi lo posizionerebbero quantomeno controcorrente; un burrascoso rapporto con i sindacati, le visite private a Mussolini nei viaggi italiani del 1932 e del 1937, la collaborazione con l’FBI nel periodo maccartista, l’interesse per l’esoterismo, aspetto sottotraccia che a ben vedere emerge in diverse sue opere.

Conservatore per vocazione e visione del mondo, al tempo stesso decisamente rivoluzionario per apertura nei confronti dell’innovazione di cui coglie pienamente le opportunità, Walt Disney non si ferma quindi al topo, ma intorno a lui costruisce un’intera cosmogonia, una dimensione quantistica del tempo che non passa e che quindi non esiste, un universo proprietario che si articola in una dinamica parallela tra Topolinia e Paperopoli e che trova ulteriore linfa vitale nella reinterpretazione dei grandi classici i cui protagonisti, ovviamente, sono i nostri eroi antropomorfi.

Per mano di Walt Disney e dei geniali illustratori e sceneggiatori di cui si avvarrà, Topolinia e Paperopoli si andranno man mano a popolare di personaggi, alcuni fugaci, altri simbolici e fondanti e, ovviamente, nell’universo Disney, il cibo entra da tutte le parti, complemento caratteriale per alcuni personaggi, basti pensare ai pasti parsimoniosi di Paperone e alle aspettative voraci di Paperino, ma tratto essenziale e caratterizzante per alcuni altri.

Nonna Papera, pur con qualche richiamo precedente, esordisce definitivamente nel 1943 per la mano di Al Taliaferro, nome che se non fosse vero potrebbe ben figurare nella banda dei piombatori dell’idraulico Giuseppe Tubi, con cui Topolino si trova ad avere a che fare nel 1938.

Nonna Papera, pioniera e capostipite matriarcale, vive in una fattoria a poca distanza da Paperopoli, è una figura simbolica di forte richiamo dei valori disneyani e unisce intorno a sé la dinastia papera nel nome di torte e prelibatezze varie, ma anche dell’ingresso in un mondo altro, quello della fattoria, fisico e simbolico al tempo stesso. 

Testimone della sua grande ascendenza, nella fortunata saga dei Manuali editi in Italia e inaugurata con la pubblicazione del Manuale delle Giovani Marmotte nell’ottobre 1969, appena un anno dopo, nell’ottobre del 1970, Mondadori fa seguire il Manuale di Nonna Papera, testo che rasenta il mito e sul quale almeno una generazione di bambine è stata iniziata ai primi rudimenti di cucina e più di un bambino ha affinato le richieste culinarie da presentare all’incasso.

Manuale di Nonna Papera

A scanso di equivoci di genere, nel 1970 le bambine giocavano con le bambole e si impratichivano di cucito e di cucina, mentre i bambini giocavano con soldatini e macchinette, spesso da far saltare in aria con miccette in libera vendita da cartolai e tabaccai.

Nonna Papera

Nonna Papera non è una giovinetta, la conduzione della fattoria è faticosa, un aiutante è il minimo che le possa servire ed ecco quindi che accanto a lei viene recuperato al bisogno Ciccio, personaggio già ufficializzato nella famiglia dei paperi, dove compare per la prima volta in una striscia del 1938, sempre per la mano di Al Taliaferro.  

Ciccio

Ciccio è un’oca, è simpaticamente pingue e pigro, l’unico lavoro che svolge con passione è lo scansare il lavoro, le sue punte d’ingegno sono finalizzate solo a risolvere il bisogno di cibo e spesso Nonna Papera lo scova immerso in paciosi sonni post prandiali, cosa del tutto comprensibile vista la sua famelicità veramente fuori dal comune. 

Ciccio

Insomma, il buon Ciccio è assolutamente inutile al bisogno della fattoria, ma è la spalla perfetta per enfatizzare con la sua prestanza famelica il ruolo di dispensatrice di bontà di Nonna Papera, una sorta di Grande Madre nell’universo disneyano dove, è appena il caso di notare, non esistono figli e genitori, ma solo nipoti, cugini, nonni e zii.

Picnic-di-Paperino

Oltre che nel mondo dei paperi, anche in quello dei topi il cibo segna la differenza per alcuni personaggi.

Super Pippo è arrivato relativamente tardi nella famiglia disneyana, infatti esordisce nel febbraio del 1965 per la matita di Paul Curry nella storia l’Ultra Pippo contro Macchia Nera.

Siamo nella metà degli anni sessanta e i supereroi americani, dopo i fasti aurei vissuti negli anni quaranta e un successivo periodo d’ombra, vivono un rinnovato successo di pubblico e sono protagonisti di un’effervescenza editoriale che si traduce in copie vendute e quote di mercato. 

A Walt Disney, che di lì a poco più di un anno sarà portato via da un tumore ai polmoni, il fenomeno non sfugge e vuoi per ragioni commerciali, ma anche per l’attenta lettura del costume che i suoi fumetti hanno sempre avuto, nella cucina creativa della sua corporation si fa strada l’idea di emulare i personaggi, ma con stile Disney.

Super Pippo ha tutti gli stilemi del supereroe tradizionale; ha un’identità segreta da nascondere, è dotato di supervista, superudito, superforza, e ha dei nemici ricorrenti come Macchia NeraPietro Gambadilegno e Spennacchiotto solo che esercita i suoi superpoteri e si raffigura in aperta parodia con l’incalzante mondo dei supereroi, perché la scelta stilistica e creativa prevede di dare continuità alla goffaggine di Pippo anche al suo alter ego supereroe.

super pippo

Super Pippo, infatti, più che un supereroe è un eroe normale, la sua livrea d’ordinanza non aderisce a sottolineare muscoli di ferro, ma piuttosto è una vecchia e un po’ sbrindellata tuta da notte, completata da un telo di juta segnato con una grande S a fargli da mantello; Superman, il capostipite dei supereroi tradizionali è servito e liquidato.

L’origine dei superpoteri a volte rimane nel mistero, come avviene in effetti anche per le prime storie di Super Pippo, ma quasi sempre è invece il dato caratterizzante del supereroe di turno e, per il nostro ne segna il tratto in maniera definitiva quando si scopre che i suoi superpoteri sono l’effetto a termine che deriva dal mangiare arachidi coltivate nel suo giardino di casa, arachidi che però garantiscono un effetto solo a tempo, al punto che per correre ai ripari in caso di perdita di poteri nel bel mezzo di un’azione, ne ha sempre una riserva strategica custodita nel cappello.

Superpoteri da arachidi, quindi, che ricordano molto da vicino l’apporto ipernutriente degli spinaci di Braccio di Ferro, di fatto un superfood di larga produzione e consumo negli Stati Uniti,

Vicino a Topolino troviamo un altro personaggio singolare, con un rapporto altrettanto singolare con il cibo.

Eta Beta compare per la prima volta nel 1947, nella striscia Eta Beta l’uomo del 2000, per mano di Bill Walsh e Floyd Gottfredson e pur non avendo particolari superpoteri, il nostro simpatico uomo del futuro che Topolino incontra per la prima volta dentro una caverna, mangia cubetti di ghiaccio, piume di piccione e mandarinetti cinesi; questo nelle storie americane, mentre nelle storie italiane, quelle che gli daranno maggior successo visto che negli Stati Uniti vivrà una lunga stagione di oblio, per una misteriosa sintesi concettuale, il suo alimento diventano incredibili palline di naftalina lasciando tutti i baby boomer a chiedersi come facesse mai a mangiare delle robe del genere.

Eta Beta

Del successo dei Manuali Disney abbiamo già detto a proposito di quello di Nonna Papera, ma è interessante fare una rapida incursione in alcuni altri per restituire almeno un paio di aspetti singolari.

Il Manuale delle Giovani Marmotte esce in prima edizione nell’ottobre del 1969, Qui, Quo e Qua  – i nipotini per eccellenza – sono nella loro versione scoutistica e si confrontano con la vita all’aria aperta, le sue insidie e la sua bellezza che devono affrontare con prontezza, arguzia e spirito di servizio, nella migliore filosofia scoutistica appunto.

Giovani marmotte

Il Manuale è quindi la guida perfetta per la vita avventurosa, ma anche per la vita di tutti i giorni che alla nostra versione avventurosa ci deve preparare e far arrivare in forma, per questo ci informa sul fabbisogno giornaliero delle calorie, 2000 al giorno per un ragazzo di 10 anni, e ci presenta una dettagliata tavola sinottica delle vitamine e del valore calorico per 100 grammi di prodotto, 377 per la pasta

Mangiare consapevoli, quindi, sapendo che bisogna fare attenzione anche agli sprechi: siamo nel 1969, di economia circolare  non se ne sente il bisogno perché bastano consigli di saggia economia domestica per invitare, come fa il Manuale a pagina 154, a non gettare tra i rifiuti il pane avanzato a tavola, che può essere usato ad esempio per fare pangrattato o frittata al latte, oppure può essere portato negli Zoo cittadini dove esistono delle apposite cassette per la raccolta del pane raffermo,e chissà se esistono ancora.

Ma la sorpresa arriva a pagina 202 dove, dopo aver appena descritto alla pagina precedente la ricetta della Caramella della Marmotta, ecco apparire la ricetta per il Cocktail della Marmotta, per preparare il quale servono 160 grammi di zucchero, tre bustine di zucchero vanigliato, 100 grammi di zucchero a velo, la quarta parte di un preparato in commercio (di marca) per la confezione di un budino alla vaniglia,  3/4 di litro di latte, 1/5 di litro  di cognac e infine tre rossi d’uovo. Il tutto, adeguatamente lavorato e preparato dovrà poi essere messo in bottiglia e conservato per quindici giorni; Scattato il sedicesimo giorno…ci-cin.. agitate la bottiglia e versate il cocktail-nettare delle Giovani e Balde Marmotte. Un bicchierino: non di più. Ma basterà a farvi sentore in forma.

Grog

Il Manuale di Qui, Quo, Qua è invece del 1979 e anche qui troviamo una lettura interessante del rapporto tra cibo e fumetto. 

Ricordando sempre che i lettori di riferimento sono bambini in età scolare, a pagina 175 Archimede Pitagorico ci istruisce sul come fare l’analisi dell’olio e ci fa sapere che è sufficiente versarne due cucchiaini in un bicchiere e aggiungere un paio di gocce di acqua ossigenata. Se l’olio è di arachidi, diventa di color grigiastro, se è di semi diventa rossiccio o rosa, se è di oliva diventa verde.

A pagina 65, abbiamo intanto già imparato che se la temperatura si abbassa rapidamente (in montagna capita sovente) e i grandi accusano sintomi di raffreddore o di pesantezza di stomaco possiamo preparargli un bel grog, alias punch, scaldando una tazzina d’acqua con un cucchiaio di rum e uno di acquavite (grappa), aggiungendo zucchero, scorza di limone e…giù intanto che è caldo. 

Il divieto di assaggio ai non grandi non è prescritto né contemplato e ancora una volta il fumetto si mostra territorio libero d’idee e di suggestioni, perimetro refrattario a catalogazioni di ogni genere.

Il successo di Topolino e di tutta la Banda Disney è strepitoso; negli anni d’oro italiani, gli anni sessanta, arriverà a vendere sino a un milione di copie a settimana e tutti i suoi personaggi diventano protagonisti assoluti di un immaginario, di modi di dire e di fare.

Una Banda che vive il suo quotidiano dove, come nel nostro, il cibo è parte importante della giornata, dei suoi significati e delle relazioni che vi si stabiliscono.

Il grande linguaggio del fumetto ha però ancora molte cose da raccontarci e con le quali sorprenderci.

Tornate la prossima settimana, ne leggerete ancora delle belle. 

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Marco Panella

Nato a Roma nel 1963, laureato in Scienze Politiche con indirizzo internazionale, si occupa di comunicazione dal 1989 come imprenditore e consulente di aziende ed enti pubblici. Curatore di mostre e festival culturali, esperto di storia del costume italiano ed heritage communication, coniuga all’attività professionale interessi personali che spaziano dalla geopolitica all’etica dell’innovazione. Ha esordito nella narrativa con il romanzo nero Tutto in una notte, edito a settembre 2019 da Robin Edizioni.

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