Questo è l’elogio di un’umile pianta conosciuta col termine scientifico rosmarinus officinalis. Il nostro comune rosmarino. Facile da coltivare, con il suo tronco legnoso e le foglioline verde smeraldo che diffondono un gradevole profumo. In virtù delle sue qualità aromatiche è ideale per dare sapore e gusto a molti piatti, soprattutto arrosti, non può mancare sulla pizza, ma si accompagna piacevolmente anche a molte verdure.
Non è solo una delizia per il palato, ma è anche salutare. Se ne resero conto fin dall’antichità padri della medicina come Ippocrate e Galeno, i quali raccomandavano di condire i cibi col rosmarino, che garantisce una buona digestione. Non vorrei, però, farvi credere che io sia un esperto di cucina. Al massimo riesco a cuocere l’uovo fritto. Tutto ciò che mi interessa è capire e studiare cosa mangiamo, perché il cibo è uno straordinario indicatore degli usi e della cultura di un popolo. L’ho appreso tanto tempo fa quando lessi un bel libro dello scrittore francese Jean Francois Revel intitolato “3000 anni a tavola”, una fantastica rassegna dell’arte culinaria nei secoli.
La storia delle erbe aromatiche è una delle mie passioni. E sul rosmarino di storia ce ne sarebbe molta da raccontare. Intanto, il suo nome. Numerose sono le tesi che riguardano l’origine, ma la versione più accreditata mi sembra quella che fa derivare il nome dal latino “ros maris”, che sarebbe rugiada del mare.
I nostri lontani antenati credevano che avesse anche proprietà afrodisiache, per questo la chiamavano la pianta di Venere. I Romani, politeisti convinti, onoravano gli dei offrendo loro il fumo odoroso dei rametti di rosmarino bruciati. Gli Egiziani invece consideravano la pianta simbolo di vita e usavano deporre alcuni rametti nelle tombe dei defunti.
Se aprite quel libro straordinario che sono le Metamorfosi di Ovidio, andate al libro IV, dal verso 708 in poi, e troverete la storia della bella Leucotoe, figlia del re persiano Orcomeno. Leucotoe si lascia sedurre da Apollo e suo padre la uccide. Apollo, che è anche dio del Sole, coi suoi raggi fa emergere dalla tomba della sua amata una pianta di rosmarino che spande aromi profumati nell’aria.
Nel XIV secolo la regina Elisabetta d’Ungheria era una donna malaticcia. Un medico di corte inventò per lei un distillato che ebbe effetti miracolosi. Si trattava di rosmarino mescolato con alcune dosi di alcol e acqua. La regina beveva il preparato e lo spalmava sulla pelle. Nelle corti europee si sparse la voce delle straordinarie qualità di quel miscuglio che divenne famoso come Acqua della regina d’Ungheria.
Il re francese Luigi XIV la beveva per curare la gotta. Mentre le nobildonne di corte la usavano come profumo. E difatti quel distillato a base di rosmarino ha poi subìto alcune modifiche ed è entrato a pieno titolo nella storia della profumeria con il nome di Acqua di Colonia.
In cucina, il rosmarino è un ingrediente fondamentale della nostra magnifica dieta mediterranea. Ma a parte l’uso che se ne fa nei cibi, oggi il rosmarino è sfruttato in tanti modi. Come tisana per favorire la digestione, come olio ricavato dalle foglioline e usato come lenitivo dei reumatismi. Dai rametti di rosmarino si ricava anche un liquore. Ma io non saprei come farlo. Mi limito a provare meraviglia per la incredibile ricchezza offerta dalla natura. E in questo caso da una pianta che cresce senza bisogno di cure e che ci offre tante delizie. Perciò, laude maxima al rosmarino.
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