La prima volta che ho assaggiato il cioccolato modicano è stata una scoperta di quelle che ti segnano la vita: amore al primo sguardo, uno di quegli amori eterni che esistevano prima che tu lo sapessi e che continueranno fino alla notte dei tempi. Friabile, granuloso come se masticassi sabbia fine; dagli aromi infiniti che raccontano di spezie, di profumi, di storia, di manualità.
Ho scoperto questa delizia delle papille grazie ad una donna capace di raccontare la storia dei cibi nella sua osteria, come fossero sogni d’altri tempi; con una conoscenza passionale e misteriosa che le valse il nomignolo di strega della “Città che muore”, quella Civita di Bagnoregio instabilmente, ma tenacemente abbarbicata sui calanchi argillosi della terra di Tuscia. In realtà poco c’entra il cioccolato modicano con Civita di Bagnoregio, ma per me la sua storia inizia lì, con una degustazione di antiche ricette azteche aromatizzate alla vaniglia, al peperoncino, alla cannella. Perché il cioccolato di Modica arriva proprio da un viaggio lungo secoli e oceani, attraversati per mesi da caravelle cariche di conquistadores spagnoli alla ricerca di oro, argento e spezie. E mi piace pensare che anche Cortes possa essere stato folgorato dal cioccolato quando lo mise in bocca per la prima volta.
La leggenda narra che nel 1519 il re azteco Montezuma avesse accolto Cortes come conviene ad un capo di Stato, offrendogli proprio quel cacao che gli Aztechi utilizzavano nei rituali sacri. Da lì a poche ore Montezuma sarà ucciso e si apriranno gli spazi per una conquista spagnola che non lascerà speranze di sopravvivenza all’immenso impero azteco. L’arrivo del caco in Europa passa attraverso la Spagna prima e le terre del sud Italia poi. Arriva come pasta amarissima, lavorata con farina di mais e peperoncino, tanto che le ricette medievali lo vedono protagonista indiscusso nella cucina di carni importanti, come quella di maiale e cinghiale. I palati dei dignitari di corte e dei sovrani d’Europa però, ben presto saranno allietati dall’aggiunta di una sostanza altrettanto preziosa e piacevole: lo zucchero. Intanto Modica, esposta nella parte di Sicilia rivolta a mezzodì, viveva la sua favola di bella Cenerentola. La sua potente contea nasce nel 1296 dal matrimonio, come d’uopo nelle migliori famiglie, tra Manfredi Chiaramonte Conte di Ragusa e Isabella Mosca e conosce il suo fervente splendore nei decenni e nei secoli successivi, divenendo così opulenta, vivace e ricca da misurarsi con città come Milano o Ferrara. Una ricchezza dalle radici profonde, legate alla nobiltà della terra di Sicilia, alla cultura frutto di un crocevia di civiltà millenarie che hanno reso fiorente il nostro Meridione prima dell’Unità d’Italia.
E’ qui che approda il cioccolato di fattura azteca portato dagli Spagnoli, a cui i pasticceri locali aggiungono solo zucchero di canna. La lavorazione è la stessa da cinque secoli: pasta di cacao selezionata e non privata del burro di cacao e lavorata a freddo ad una temperatura che oscilla tra i 36 e i 40 gradi, così da mantenerne intatte le proprietà organolettiche e integri i cristalli di zucchero all’interno del cioccolato, visibili a occhio nudo e sensibili ad ogni degustazione al palato. Il composto si suddivide poi nei caratteristici lanni, contenitori in latta in cui il composto viene colato e battuto e del quale assumerà il caratteristico formato a tavoletta col quale è conosciuto nel mondo.
Il cioccolato modicano è stato “cibo degli Dei”, musa di Leonardo Sciascia e corroborante per Casanova. Oggi ha contribuito alla rinascita della splendida Modica, città meravigliosa, figlia di nobiltà storica e nobiltà d’animo, culla di quel Barocco siciliano che veste ogni pietra delle sue mura e delle sue strade antiche. E percorrendole quelle strade, si incontrano le cioccolaterie storiche di questo lembo d’Italia, come l’Antica Cioccolateria Bonajuto, dal 1880 custode della tradizione modicana. Negli anni molte altre realtà si sono inserite in questo circuito virtuoso, come la Cooperativa Quetzal. Radicale è stata la loro scelta di selezionare, nel 1998, la loro pasta di cacao direttamente sul luogo di produzione in Ecuador, da un piccolo produttore appartenente al circuito del Mercato Equo e Solidale.
E nel perpetuarsi degli antichi viaggi verso le Americhe in tempi moderni, Quetzal ha scelto di saltare le intermediazioni di multinazionali note e meno note, per garantire non solo la qualità della materia prima, ma anche la dignità e la giustizia sociale di chi la lavora.
di Tamara Gori
Facilissimo da fare e gustoso da assaporare, il burro aromatizzato è quell'elemento fantasioso da aggiungere alle vostre…
Il mercato online dei vini e dei liquori in Italia si sta dimostrando il protagonista di una…
La combinazione di buon cibo e musica dal vivo è un'esperienza che coinvolge tutti i…
Per poter realizzare una torta di compleanno è fondamentale rispettare due requisiti: creatività e fantasia;…
In questo articolo potrei parlarvi di un posto bellissimo, Tignale sul lago di Garda, di…
Iniziare una dieta non significa privarsi completamente dei piaceri dolci, ma piuttosto scegliere con intelligenza…