Guardate bene.
Aprite qualche mobile, frugate in un armadio, rovistate in un soppalco, scendete in cantina o salite in soffitta.
Probabilmente è ancora lì.
Messo da parte, conservato, lui, per conservare a sua volta e oggi ancora depositario di qualcosa dalla quale non volevate separarvi e che, in silenzio, è stata lì ad aspettare il suo momento per tornare a farvi compagnia, ad accarezzarvi la memoria, più o meno consapevolmente conservata con la speranza di ritrovarla dopo tempo e assaporarla ancora.
Piccoli oggetti legati a chissà quale ricordo, magari bottoni e rocchetti di filo, forse fotografie in bianco e nero oppure a colori, ancora lucide, quelle che quando si stampavano avevano stampigliati sulla loro cornicetta bianca il mese e l’anno dello sviluppo, oppure cartoline di chi ti mandava saluti e pensieri infiniti scritti sul tavolino tondo di alluminio di un bar delle vacanze o seduti sulla branda dove scorrevano lenti i giorni da militare.
I più avveduti, ci troveranno le letterine di qualche amore adolescenziale, di quelli nati tra i banchi di scuola o sotto un ombrellone, quelli che sembravano non dover finire mai, andati poi via, ma mai dimenticati del tutto.
Enea Sperlari non avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire così.
Nel 1836 Enea rileva una drogheria nel pieno centro di Cremona.
Nel 1836 l’Italia non c’era, ma Cremona era lì da tempo, anzi da sempre.
Romana, bizantina, longobarda, tormentata nelle vicende medievali, abusata dalle scorribande e dai domini stranieri nel passaggio all’era moderna, impronte spagnole, austriache e francesi, Cremona arriva al riscatto risorgimentale forte di una borghesia mercantile operosa e intraprendente, di una vivacità culturale e di una tradizione artigiana che aveva già donato al mondo l’opera straordinaria di Antonio Stradivari.
L’intestazione di un foglio commerciale ci restituisce alcuni indizi da seguire.
La data è ben leggibile, siamo nel 25 gennaio del 1890.
Del nominativo si legge bene il cognome Sperlari, il nome dovrebbe essere quello di Carlo, figlio di Enea che nel 1836, come rivela l’intestazione, aveva rilevato la drogheria succedendo a tali Curtarelli e Fieschi seguendo la sua idea d’impresa.
Ma cosa vendeva una drogheria nell’800?
Tante cose e diverse tra loro.
Nel genere “coloniale” rientravano olii, candele, saponi e confetture, ma non era quella l’idea che aveva illuminato Enea.
Enea voleva produrre quelli che già al tempo erano riconosciuti come prodotti tipici di Cremona e dei quali aveva ricette esclusive e segrete, sosteneva lui, che gli avrebbero fatto conquistare il mercato a suon di bontà prelibata.
Di solito chiunque abbia una ricetta tramandata la considera esclusiva e segreta, ma fatto è che i torroni e le mostarde di Enea erano veramente buoni e in poco tempo lo portano ad affermare il marchio Sperlari ben oltre il mercato locale, anche – primo tra gli imprenditori di Cremona – in quell’America che al tempo era veramente lontana.
Nel passaggio generazionale da Enea a Carlo l’azienda continua a crescere; nel 1911 al negozio storico di Beccherie Vecchie – oggi via Solferino – dove il laboratorio poteva rispondere a una produzione limitata, viene affiancato lo stabilimento di via Traversa, capace invece di produrre torroni e mostarde in quantità tali da poter affrontare con ambizione nuovi mercati.
Nel 1921 arriva il riconoscimento come fornitore della Real Casa, della Regina Madre Margherita prima e poi, nel 1929, anche del Principe di Piemonte Umberto.
Nel 1927 Carlo chiama a dirigere il negozio Guido Cervi, suo compagno di scuola, imprenditore anche lui, ma che in quel momento si trovava ad affrontare un momento difficile.
Sarà una scelta di successo, nel tempo la famiglia Cervi acquisirà l’attività del Negozio Sperlari che tutt’ora continua a gestire con la licenza commerciale più antica di Cremona
Nel 1935 l’azienda Sperlari viene acquisita dalla Pernigotti: è il primo passo di una storia nuova che trova compimento nei primi anni cinquanta, quando alle produzioni storiche si affianca quella delle caramelle, genere voluttuario, sfizioso, goloso e, quindi, irrinunciabile.
Nelle fonti non se ne trova una traccia specifica e come sia accaduto è difficile da ricostruire, fatto è che qualcuno sul finire degli anni cinquanta ha un’intuizione geniale.
Le caramelle sono irresistibili, lo abbiamo già detto, si vendono sfuse, in bustine di carta e a volte, come anche i cioccolatini con i quali si contendono il mercato della golosità istantanea, in scatole di latta.
La scatola di latta, anche se bella, accattivante e serigrafata, non basta.
Bisogna fare di più.
Bisogna rendere le caramelle preziose.
Gli adulti degli anni cinquanta sono cresciuti leggendo la grande letteratura d’avventura, inopinatamente a lungo tempo definita per ragazzi, ma che invece riproponeva gli stilemi classici dell’epica alternando sfide, imprese e destini avversi da affrontare.
Grande letteratura d’avventura dove troviamo, Alexandre Dumas padre, Robert Louis Stevenson, Jules Verne, Emilio Salgari, Enrico novelli in arte Yambo, Luigi Motta, con le loro storie rutilanti che facevano sognare e viaggiare nel tempo e nello spazio, e conoscere luoghi inaccessibili che nella vita non si sarebbero mai visti diversamente.
Ebbene, personalmente mi piace pensare che proprio da quelle storie lette da ragazzo, sul finire degli anni cinquanta, qualcuno alla Sperlari abbia trovato l’ispirazione giusta per far diventare preziose le caramelle.
Mi piace pensare che il cofanetto delle meraviglie, una delle più importanti innovazioni di prodotto del novecento italiano, esempio di eccellenza di quanto un packaging indovinato possa trainare le vendite e “fare” lui stesso il prodotto, sia nato così.
Il cofanetto che a vederlo riporta alla mente le illustrazioni che corredavano le storie di pirati, bucanieri, filibustieri e predoni di terra e di mare, di mappe trafugate e bauli sepolti, di storie crociate in Terra Santa, di maschere di ferro e di intrighi di corte, di avventurieri e di esploratori alla ricerca dell’Eldorado, di porte magiche e di caverne con draghi ammaliati, nani infaticabili e tesori indicibili.
Il cofanetto delle meraviglie è subliminale, suggestivo, evocativo.
Il cofanetto delle meraviglie è solamente il cofanetto Sperlari, unico, inconfondibile, sopravvissuto al tempo, icona dei baby boomer, capace di passare indifferentemente e senza danno al futuro.
Complice anche le belle storie pubblicitarie andate in onda su Carosello nella prima metà degli anni settanta e alle quali dava volto Gianrico Tedeschi, grande interprete teatrale e altrettanto bravo interprete pubblicitario, il cofanetto Sperlari arrivava in casa nudo, senza incarto come consigliava anche la pubblicità, e arrivava per qualunque occasione, un compleanno, un anniversario, un invito a pranzo, una visita delle zie o una semplice gentilezza.
Da quel momento non ne usciva più e una volta svuotato del goloso contenuto, veniva destinato ai vari usi della famiglia, con adulti e bambini spesso a contenderselo in attesa che arrivasse il prossimo.
Il cofanetto Sperlari è stato un successo straordinario; milioni di pezzi venduti ogni anno, per decenni, lo hanno fatto diventare oggetto di culto e di collezione, iconico e immaginario.
Un successo che ha contribuito non poco ad affermare il brand Sperlari che, al di là delle proprietà succedute nel tempo, è simbolo di italianità a tutto tondo e che proprio nella coincidenza dei 185 anni dalla fondazione è stato iscritto nel Registro dei marchi storici di interesse nazionale.
Allora, non indugiate ancora, cercatelo questo cofanetto delle meraviglie, è probabile che sia rimasto proprio dove l’avete riposto con cura, magari in un angolo poco frequentato, messo lì non per proprio essere dimenticato, ma per metterlo al sicuro come si fa con le cose preziose.
Cercatelo e apritelo perché quello che ci avete messo dentro, quello che avete voluto salvare dal tempo o da occhi indiscreti, vi appartiene.
Anzi, meglio, siete voi che gli appartenete.
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