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Il piatto unico

Il piatto unico ci viene proposto sia dalla editoria gastronomica che dagli stessi medici ma purtroppo non ha trovato diffusione nelle cucine degli italiani indissolubilmente legati alla tradizione e che vuole il succedersi del primo, del secondo, i formaggi, la frutta e il dessert. E’ giusto tener presente il piatto unico perché soddisfa la gola e la salute. Spesso viene vissuto come
una proposta sbrigativa per non perdere tempo, per risparmiare, per fare dieta, per consumare gli avanzi del frigorifero. Un errore!

Esempio di Piatto Unico

Un piatto unico elementare e squisito è pasta e fagioli, ovvero carboidrati e proteine, calda o fredda – l’obbiettivo del dietologo – più olio d’oliva, magari con l’aggiunta della cipolla fresca. Spesso sono contrarie proprio le signore specie se giovani perché i fagioli o le lenticchie fanno gonfiare la pancia. Il problema sarebbe superabile ma quella preoccupazione è difficile rimuoverla.

Nella gastronomia italiana c’è un piatto unico che ha trovato diffusione maniacale dalle Alpi all’Etna ovvero “la pizza“. Ormai la trovi ovunque sul Monte Bianco, nel Triangolo d’oro, a Zanzibar, da Spizzico al centro di Manhattan. Tutti saranno d’accordo con me nel ritenere la pizza un piatto da consumare in pizzeria, trattoria, forno ma non in casa perché in casa nessuno ha il forno adatto e la pizza cotta arrangiandosi, ovvero al forno a gas è una vera “pizza” indigesta più di quanto sia quella cotta con tutti i crismi.

Un esempio di piatto unico è la pizza. (photocredit by pixabay.com)

La pizza è un piatto unico, ma perché è indigesta?

Perché a Roma difficilmente la pasta è lievitata, mi riferisco a Roma perché ai romani piace la pizza molto sottile e anche un po croccantina. a differenza dei campani che l’amano alta, e ancora più la preferiscono i palermitani quando mangiano “lo sfincione”. I locali che smerciano la pizza sono tanti, mai abbastanza per i tantissimi clienti che hanno fretta e che si divertono ad assaggiare vari gusti.

Chi ha percorso la costiera amalfitana avrà certamente conosciuto due locali storici “la Pizza al metro e la “Pizza al Km”. Confezionano una pizza alta due centimetri resa soffice molti anni fa per merito dello strutto, ora non so, e arricchita di pezzi di pomodoro fresco i sanmarzano. I locali sono grandi ed è possibile seguire tutto il procedimento dalla preparazione dell’impasto all’attesa della lievitatura, all’introduzione nel forno. E’ uno spettacolo che aumenta l’appetito e favorisce la digestione. La lievitatura richiede uno spazio per far riposare la pasta e il tempo per metterla a cuocere al momento giusto.

Le pizzerie di Roma come quelle di altre città non hanno spazio nè tempo tutte impegnate a soddisfare rapidamente i clienti e fare cassa, tanta cassa, anche perché i clienti poco capiscono, ingurgitano, ridono, chiacchierano, bevendo birra ma non guardano la pizza che mettono in bocca.

Basta vedere come la tagliano. Le tecniche sono diverse. Molti tagliano intorno la parte che non risulta coperta in qualche modo dal condimento. Altri la tagliano come la crostata a spicchi poi prendono tra le dita la parte più larga la sollevano mentre la parte appuntita pesante per il sugo tende a penzolare. E’ il momento di allargare la bocca per introdurre lo spicchio di pizza per caduta dall’alto in basso. Una tecnica raffinatissima, già in uso nei migliori collages inglesi.

Le mamme come i papà sono costretti ad alternare il taglio della propria pizza e quella dei figli. Alcuni per mangiarla fanno rotolini, altri piegano due spicchi l’uno sull’altro facendo della pizza un tramezzino da addentare, mordere e lasciando filare la mozzarella. In questo modo diventa palese la carbonizzazione della farina operata nel forno, che non è proprio il massimo del salutare. Al costo della pizza bisogna aggiungere quello della tintoria.

Ma come dovrebbe essere questa pizza per essere più digeribile.

Il problema non è solo la mancata lievitatura, ma anche la cottura del formaggio che è un imprecisabile sottoprodotto della mozzarella, la qualità dell’olio (extravergine d’oliva?), e la povertà del pomodoro spesso ridotto ad una verniciatura che serve solo ad inumidire la base, ma che peraltro è un frutto di facile digestione. Sono tante la varietà di pizza e spesso l’arricchimento degli ingredienti peggiora la situazione. Pensate alle quattro stagioni, all’aggiunta della salsiccia, ai broccoli, al lardo di colonnata, ai gamberetti. Cosa non saprebbero metterci su quel pezzo di pasta!!!

Allora che fare?

Se avete uno stomaco eccellente mangiate tutte le pizze che volete perché non stancano mai anche se un po’ indigeste mentre se avete qualche problema preferite pizze lievitate come quella così detta “bianca” quella che mangiamo con prosciutto e fichi o mortadella e stracchino. Non vi fate scrupolo di chiedere se sono lievitate.

Ci sono a Roma locali dove un cartello indica chiaramente “pasta lievitata”. Chiedete di poter mangiare la pizza con la mozzarella fresca non cotta, è molto più buona, saporita e profumata di basilico fresco e così dormirete molto bene e non avrete da pentirvi di aver mangiato un piatto unico di cui noi italiani possiamo andar fieri come per la Ferrari.

Altri piatti unici molto gradevoli, nutrienti di facile digestione?

Spaghetti al pomodoro con cozze e vongole. Un piatto un po’ più elaborato della pasta e fagioli ma non difficile. Un altro ancora più semplice è quello che unisce gli spaghetti agli ortaggi e alle verdure tipo cicoria o spinaci, broccoli o scarola.

Buon appetito, come dice Papa Bergoglio!

Articolo di Mario Mazzetti di Pietralata, tratto dal libro “mangiare&Essere“.

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