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La mousse di cioccolato, dessert elegante e leccornia da stendere sul pane

Qualche domenica fa sono entrata in una ottima pasticceria di Vetralla: andavamo a pranzo da Alessio e Marianna nella loro azienda agricola tra olivi e nocciole e mi è venuto in mente di portare dei dolci. Sopra pensiero ho chiesto alla commessa una guantiera di paste ma lei è rimasta ferma e mi guardava con aria interrogativa. “Siamo 8, ho detto, ne vorrei 16”. Nulla, dietro di me c’era la fila (distanziata ovviamente) che scalpitava. Mi sono prontamente ripresa “mi scusi vorrei un vassoio”!

Il pranzo della domenica a Napoli si chiude rigorosamente con la guantiera di pastarelle: il numero delle pastarelle è pari al numero degli invitati ma non sta bene portare la guantiera con il numero esatto quindi ci si regola con qualche pastarella in più. Un tempo le pastarelle erano solo grandi oggi si può scegliere tra le grandi e le mignon che di solito si usavano per accompagnare il tè del pomeriggio (anche a Napoli spesso il pomeriggio si prendeva il tè in compagnia delle amiche sul lungomare di via Caracciolo, al Rosso e Nero, per fare quattro chiacchiere). Per colpa della guantiera si arriva sempre tardi perché dal pasticcere di solito c’è la fila e poi la domenica uno se la prende comoda… a danno della padrona di casa che non sa mai per che ora deve essere pronto il pranzo. Mediamente tra le 13,30 e le 14 in modo da finire in tempo per vedere la partita.

La guantiera è spesso chiamata cabaret perché i napoletani alternano la lingua tradizionale al francese. Il Cabaret era un locale caratteristico francese, molto stretto e affollato, nell’800  frequentato da artisti e intellettuali per bere piuttosto che per mangiare. Per questo il vassoio doveva essere piccolo in modo che le cameriere, tenendolo in alto, potessero passare tra i tavoli.  

Come si trova nel vocabolario Treccani guantiera deriva dal sostantivo guanto ed era un vassoio o una scatola, elegante o di cartone, dove si riponevano i guanti che le donne napoletane, espertissime artigiane e molto famose per la qualità e la fantasia, fabbricano ancora oggi nelle case.

Anche Alessandro Manzoni cita la guantiera nei Promessi Sposi “vennero subito gran guantiere colme di dolci che furono presentati prima alla sposina… “. 

Finito il pranzo la tavola si sparecchia prima di portare i dolci o nella guantiera o messi in un vassoio di porcellana o di argento. Insieme ai dolci viene portato in tavola il caffè: non si chiede “chi vuole il caffè?” ma si portano a tavola tante tazzine quanti sono i commensali… e chi rifiuterebbe un buon caffè fatto con la macchinetta napoletana raccontata da Eduardo De Filippo? 

Ricetta Mousse di cioccolato

La mousse di cioccolato è un fine-pasto elegante ma anche una leccornia da stendere su una fetta di pane per smorzare quel languorino che fa capolinea prepotentemente nel pomeriggio. Quando c’è una coppa di cioccolato in casa che magari è avanzata (difficile!) dopo un pranzo o una cena non c’è dieta che tenga e d’altronde non sono proprio i dietologi e i cardiologi che consigliano 20 gr di cioccolato al giorno?

Mousse di cioccolato – Ingredienti

  • Amido in polvere (o Maizena) 80gr
  • Cioccolato amaro 80gr.
  • Zucchero bianco 4 cucchiai
  • Limone 1 buccia intera
  • Scorzette di arancio caramellate 50 gr
  • Latte 1lt
  • Olio Extravergine di oliva Tuscus Grand Cru Re Laris 1 cucchiaino
  • Fantasia per il decoro

Mousse di cioccolato – Preparazione

Gli ingredienti base per la mousse di cioccolato sono, ovviamente, il cioccolato, amido, zucchero, latte. Le aggiunte finali invece sono varie. Il cioccolato dev’essere amaro, in pezzi sbriciolati e ridotti in polvere, ma se non ne ho uso quello in polvere, amaro. Lo stesso procedimento vale per l’amido, che a pezzi non si trova quasi più, e che quindi si può sostituire con la maizena; lo zucchero deve essere bianco. I tre ingredienti vanno mescolati bene, in modo che siano totalmente amalgamati e privi di grumi, perché altrimenti ce li ritroviamo nella mousse ed è più difficile scioglierli. Mentre si amalgama con la cucchiaia, piatta e non di legno, la polvere di cioccolato tende a volare via e quindi la tengo ferma aggiungendo un po’ di latte freddo alla volta, fino a che il tutto diventa una crema consistente. A questo punto la pentola, con sotto una retina per smorzare la fiamma, va sul fuoco, a sobbollire piano piano senza fretta , mentre man mano aggiungo il latte. Ora ci vuole un limone profumato. Lo vado a prendere direttamente nella mia limonaia anche se ogni volta mi dispiace staccarlo dalla pianta, è così bello il limone con i limoni! Lo pelo, facendo attenzione a non rompere la buccia in modo che rimanga come un limone intero svuotato, e lo immergo nella crema sul fuoco.

Il momento topico è prendere la decisione sulla giusta consistenza. Ci vogliono occhio ed esperienza, perché il tutto “indurisce” in un attimo. Prima del momento topico aggiungo un cucchiaio di Tuscus Grand cru re Laris e lo amalgamo bene, aggiungo le scorzette di arancio caramellate di Pansa, l’antica pasticceria che sta sulla meravigliosa piazza del Duomo di Amalfi, tagliate a pezzetti, e giro con forza. La coppa fuma fino a che non si raffredda. Secondo la stagione, la decoro con  fragole, fette di arancio, mandorle, frittelle di mele, insomma con quello che ho sottomano. Il tocco finale è l’aggiunta di un filo di olio extravergine.

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Fabrizia Cusani

Nata a Napoli si è laureata in architettura per trasferirsi a Roma nel 1970 dopo dove ha svolto l'attività di architetto urbanista e di docente di urbanistica all'Università la sapienza. Ha pubblicato saggi e libri tra cui "Roma una capitale in cerca d'autore", editor di film e fiction. Negli anni 80 ha rilevato rilanciato le edizioni del gallo, una casa editrice con forte impegno politico, una nuova esperienza che l'ha portata a cimentarsi anche con il mondo della scrittura. Negli anni 90 ha scelto di cambiare vita dedicandosi all'agricoltura fondando un'azienda agricola L’OLIVAIA specializzata nella produzione di olio extravergine.

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