Il Cibo Immaginario

Luisa Spagnoli, una storia lunga un Bacio

Di uomini straordinari ne abbiamo già incontrati.
Quando s’incontra una donna straordinaria, però, non ce n’è per nessuno.
Luisa Spagnoli ha lasciato un’impronta che è andata oltre il suo tempo.
Luisa Spagnoli è stata una donna straordinaria.

Luisa Sargentini, questo il suo cognome di famiglia, nasce a Perugia nel 1877, negli anni in cui in Umbria prendono piede le prime importanti realtà industriali come la Fabbrica d’Armi e la Società degli Alti Forni Fonderie e Acciaierie, ma che vedono una regione prevalentemente agricola e le sue cittadine vocate soprattutto al commercio.

Luisa ha una storia comune alla sua generazione.

Di famiglia numerosa e povera, Luisa non mancherà mai di ricordare da dove era partita e non mancherà di ricordare come si cresce senza padre, lei che il padre praticamente non lo ha conosciuto perché Pasquale, il pescivendolo, muore di polmonite quando lei ha appena un anno.

La vita per mamma Maria e i figli Aurelio, Nello e Luisa non sarà facile e nel mezzo ci sarà anche il brutto periodo della convivenza con Paride, uomo profittatore e violento che Maria riuscirà a cacciare da casa solo dopo aver sopportato soprusi e cattiverie, appena prima di scoprire di essere incinta; Paride sparirà, la bambina che nascerà si chiamerà Gemma e Luisa le vorrà un bene dell’anima.

A 13 anni Luisa lascia la scuola, la famiglia ha bisogno anche di lei e inizia a lavorare, va a bottega, ma non una qualunque, è la sartoria Antinori, anzi Casa di Moda Antinori come recitava l’insegna, impara un mestiere, diventa brava, veramente brava, e non impara solo a tagliare, cucire e imbastire, ma vedere le più o meno belle signore della borghesia scegliere tessuti, colori, provare e riprovare vestiti sino ad arrivare alla forma desiderata, la fa sognare.

Sognare è bello, per Luisa sarà anche un destino.

Il matrimonio e il negozio

Nel 1898, complice la banda di Assisi venuta a esibirsi a Perugia, dietro l’ottone del suo bombardino, un paio di occhi incrociano e non si staccano più da quelli di Luisa.

Accade tutto molto in fretta.

L’anno dopo, a 21 anni, Luisa sposa Annibale Spagnoli, nel frattempo richiamato alla leva e destinato a Mantova, città che sembrava essere proprio ai confini del mondo e dove Luisa trascorrerà i primi mesi da sposata in attesa che il servizio militare finisca per poi tornare finalmente a Perugia.

È così che il destino mette a segno un altro colpo.

Gli Spagnoli rilevano un negozio in centro città, una drogheria, come in un italiano bello e oggi dimenticato si chiamavano al tempo i negozi che, tra l’altro, vendevano droghe e spezie, anche questi termini oggi sostanzialmente abbandonati o malamente depredati del loro significato originario.

L’inventiva di Luisa si fa strada da subito; guidata dall’artigiano che aveva ceduto l’attività e che gli insegna il segreto di dosi, lavorazione ed equilibrio del gusto, si dedica alla produzione di confetti.

Il negozio diventa così la Confetteria Spagnoli, riscuote un bel successo e fa arrivare gli Spagnoli al punto di snodo della loro vita.

La Perugina

È il 1907 quando Luisa e Annibale, insieme a Leone Ascoli, Francesco Andreani e Francesco Buitoni con un capitale sociale di 100.000 lire – non poco negli anni in cui un kg di pane costava circa 40 centesimi – fondano la Società Perugina per la Fabbricazione dei Confetti.

Nessuno di loro poteva saperlo, ma questo sarà l’inizio non solo di una delle più belle storie d’impresa italiane, ma anche di una storia che entrerà nel nostro immaginario.

L’impresa inizia sull’onda dell’entusiasmo, la produzione si diversifica presto al cioccolato, ma sono anni difficili, da un punto di vista personale e da un punto di vista economico.

Nel 1903 Luisa aveva perso la quarta figlia, nel 1912 muore la mamma e qualche mese dopo Gemma, che non aveva mai nascosto la sua fragilità, non sopravvive al dolore e si suicida.

In azienda si fatica, i conti non sempre quadrano.

Francesco Buitoni destina Giovanni, il figlio appena diciottenne, a curare l’amministrazione e poi, proprio quando la Perugina si lancia in avanti e apre un nuovo stabilimento a Fontivegge, appena fuori città ma strategicamente vicino alla stazione per dare l’assalto al ricco mercato del nord, scoppia la Grande Guerra; all’assalto bisogna andarci per davvero e ci vanno tutti gli uomini della Perugina, compreso Giovanni Buitoni.

È così che Luisa si trova a prendere in mano l’azienda, assume operaie e, memore della vita che aveva vissuto, fa diventare la Perugina un esempio di quella che avremmo chiamato impresa sociale, un’azienda figlia del capitalismo familiare che traguarda l’Italia dall’ottocento al novecento e che trova uno straordinario equilibrio tra profitto e rispetto del lavoro e delle persone.

Luisa apre un asilo nido aziendale, uno spaccio interno, finanzia soggiorni in colonia e radica un rapporto profondissimo con il territorio.

L’economia di guerra

Perugina – cartolina

La guerra rallenta i consumi, ma è in questi anni che per far fronte al divieto di produrre i voluttuari dolciumi a base di zucchero, che Luisa diversifica la produzione dai confetti al cioccolato, ne inizia a produrre tavolette a basso costo alla portata di tutti, apre il filone delle forniture militari e anche il cioccolato, energetico, rassicurante e confortevole persino in trincea, fa la sua parte.

Gli anni passano, la guerra finisce, gli uomini tornano, non tutti perché tanti le trincee se li terranno stretti tra fango, gas e acciaio, ma tra loro torna Giovanni Buitoni e sì, anche questo è un gioco del destino.

La Perugina cresce, il cioccolato fondente Luisa va benissimo e con Giovanni Luisa parla di azienda e di mercato, ma sempre più spesso anche di sogni e di futuro e i quattordici anni di età che li separano si fanno sempre più vicini.

I sogni qualche volta li puoi toccare.

I Baci

1922 – Baci Perugina – Manifesto

Il sogno di Luisa è qualcosa che ancora non c’è, ma lei di quel sogno trova gli ingredienti tra quelli che ha a portata di mano, li amalgama, li prepara, gli dà una forma e quando lo assaggia scopre che quel cioccolatino dalla forma strana è buonissimo e dato che quella forma somiglia tanto a un cazzotto, lei il cioccolatino lo chiama proprio così, cazzotto, ma Giovanni dice no, è troppo buono, deve ricordare una cosa bella non solo buona, bella e buona come un bacio.

Ecco come si chiamerà questo cioccolatino, Bacio, e tra i due, tra Luisa e Giovanni, sarà solo il primo.

È il 1922, i Baci Perugina nascono così, avranno un successo immediato tanto che già nel 1924 le Regie Poste gli dedicano un francobollo pubblicitario.

1924 – Baci Perugina – Francobollo

Da allora i Baci Perugina continueranno a raccontare di cose belle e buone e lo faranno con il tratto e lo stile di un grande artista che dal mercato li porterà nell’immaginario.

Federico Seneca, Tigiù e l’immaginario Perugina

Tra il 1919 e il 1920, appena dopo il rientro dalla guerra che lo ha visto prima negli alpini e poi pioniere nel corpo piloti, Federico Seneca è assunto come responsabile dell’ufficio pubblicità della Perugina.

Federico Seneca è un talento, un artista che trova nell’illustrazione pubblicitaria e nella grande tradizione della réclame l’ispirazione per un tratto unico, identitario, futurista e inconfondibile.

Francesco Hayez ha dipinto Il bacio nel 1859, l’ambientazione è medievale ma quel bacio è eterno, carico di significati patriottici ed è considerato il simbolo pittorico dell’Italia risorgimentale, Seneca lo sa e antesignano di qualche decennio inventa una vera operazione di contaminazione culturale, nel suo stile certo, ma con un allora imprevedibile spirito da pop art.

Seneca attinge alla scena del bacio di Hayez, ma gli cambia panorama e mette i due amanti, che non è il termine riduttivo di un amore clandestino ma il significato stretto di due persone che si amano, su uno sfondo di stelle, lo sfondo che ogni amore meriterebbe, ma che sono anche le stelle futuriste verso le quali Filippo Tommaso Marinetti aveva lanciato la sfida perché, in fondo, ogni amore è una sfida.

Ma Seneca fa anche un’altra cosa che renderà unici e inconfondibili i Baci Perugina, inventa il cartiglio, il velino che li avvolge sotto l’incarto e sul quale si trovano scritte citazioni d’amore, spezzoni di grandi classici o inventate da chissà chi nella misteriosa firma dell’Anonimo.

È un successo senza eguali.

Un successo al quale contribuisce un’altra artista spesso dimenticata dalle cronache, Emma Bonazzi in arte Tigiù, bolognese eclettica che lavorerà per la Perugina dal 1924 agli anni quaranta disegnando le scatole delle confezioni di lusso e curando l’allestimento dei negozi, i monomarca che con lungimiranza imprenditoriale l’azienda aveva quasi da subito iniziato ad aprire.

Per Emma, purtroppo, il successo sarà fugace e la sua vita andrà incontro a mille difficoltà, ma anche lei ha dato il suo per il successo della Perugina e continuare a ignorarla sarebbe ingiusto e ingeneroso.

La Perugina e le intuizioni pubblicitarie

1926 – Coppa Perugina – Manifesto

L’azienda funziona e farà della pubblicità un’arma preziosa.

Dal 1924 al 1927, complice la presidenza di Giovanni Buitoni dell’Auto Moto Club locale, viene lanciata la Coppa della Perugina, gara di velocità su circuito quando la velocità in macchina era ancora qualcosa di simile all’eroico e per la quale sarà sempre Seneca a disegnare l’immagine enfatizzando come non mai l’aspirazione futurista allo automobile, declinato al maschile nel Manifesto di Marinetti, e alla velocità.

1927 – Coppa Perugina

Negli anni trenta, grazie alla felice intuizione di Aldo Spagnoli, la Perugina sarà protagonista di un altro grande successo pubblicitario.

Sono gli anni della radio e Aldo idea il programma I Quattro Moschettieri, parodia e adattamento radiofonico del romanzo di Alexandre Dumas, accompagnato dall’inserimento nelle confezioni Perugina delle figurine dei protagonisti, incluso il celeberrimo e introvabile Feroce Saladino, da subito vero oggetto di culto per appassionati e collezionisti.

Una sorta di vocazione al product placement che ritroveremo, per esempio, sulle copertine di Grand Hotel in occasione della Festa di San Valentino del 1967 e del 1968.

1936 – Perugina, Album I Quattro Moschettieri

Luisa

Come spesso accade, le storie di successo sono storie di trasformazioni.

I Buitoni intervengono sempre più direttamente nella gestione, liquidano i soci, Annibale Spagnoli esce dall’azienda dove invece Luisa rimane nel consiglio di amministrazione e dove continuano a lavorare anche i tre figli.

Non è un caso.

Anche la vita di Annibale e Luisa cambia, il matrimonio finisce e ognuno continuerà per la propria strada. Quella di Luisa sarà accanto a Giovanni Buitoni, probabilmente l’amore consapevole della sua vita.

E così, mentre la Perugina cresce, Luisa coltiva l’altro suo sogno, quello della sartoria e dell’intuizione di allevare conigli d’angora e di filarne la lana fino a farla diventare morbidissima; anche questo sarà un successo che andrà oltre il tempo e la Luisa Spagnoli vestirà dive del cinema e signore italiane.

Il successo a volte è una storia di riscatto.

Luisa la sua storia non l’ha mai dimenticata, per questo finanzia l’orfanotrofio di Perugia e si prodiga in attività assistenziali per gli operai della sua azienda e non solo.

Anche così si travalica il tempo e anche per questo la sua storia, oggi, continua a insegnare tanto a tutti.

Luisa andrà via giovane, dopo 58 anni di vita intensa, vissuta di slancio, con passione e con amore.

Una vita che è stata il tempo di un Bacio lasciato a tutti noi.

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Marco Panella

Nato a Roma nel 1963, laureato in Scienze Politiche con indirizzo internazionale, si occupa di comunicazione dal 1989 come imprenditore e consulente di aziende ed enti pubblici. Curatore di mostre e festival culturali, esperto di storia del costume italiano ed heritage communication, coniuga all’attività professionale interessi personali che spaziano dalla geopolitica all’etica dell’innovazione. Ha esordito nella narrativa con il romanzo nero Tutto in una notte, edito a settembre 2019 da Robin Edizioni.

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