Il Cibo Immaginario

Mario Pavesi, gli autogrill e l’identità italiana

Mario Pavesi attraversa il novecento lasciando un segno profondo nell’immaginario.

Figlio di fornai, è attratto dal commercio, capisce che la produzione artigianale può guardare avanti, può fare un salto di quantità mantenendo la cultura del saper fare cose buone, ma soprattutto capisce che vendere è una strategia.

Novara, dove si trasferisce nel 1934, è la città che segna l’avventura della sua vita.

Rileva una pasticceria in pieno centro, intuisce che alla produzione del pane è possibile abbinare una filiera di prodotti da forno, scopre i biscottini tipici di Novara, li adotta – sembra anche su consiglio di Mario Lazzaroni -, dal 1937 ci costruisce sopra una rete commerciale alimentata dai tre forni che acquisisce già prima dello scoppio della guerra e nel 1939 iscrive alla locale Camera di Commercio la ditta Mario Pavesi.

Gli anni passano, non sono veloci, lasciano ferite e macerie ma passano, la guerra finisce, i forni riprendono le attività a pieno ritmo anche grazie alla farina dono del popolo degli Stati Uniti con il Piano Marshall, il pane riempie le pance e sfama, soprattutto quando si mangia con poco.

Guarda avanti Mario Pavesi, intuisce che anche in Italia il consumo di massa è solo questione di tempo e che una società che cambia è soprattutto una società che si muove.

Il suo mestiere è vendere, il cambiamento non lo coglierà di sorpresa.

Visionario con il coraggio di inseguire le sue visioni, Mario Pavesi impianta un nuovo stabilimento, brevetta un macchinario semiautomatico che implementa la capacità produttiva, introduce confezioni di piccolo taglio innovando l’estetica e funzione del prodotto e, grazie anche a una grande sensibilità alla comunicazione, si appresta a conquistare il mercato nazionale.

Nel 1947 il traffico non doveva essere molto sull’autostrada Milano-Torino, ma per quei pochi, all’altezza del casello di Novara adesso c’è la possibilità di fare una sosta diversa: il punto ristoro Pavesi, non lontano dalla fabbrica dei biscotti, cambia il panorama, precorre i tempi, inaugura l’era delle architetture pubblicitarie in autostrada e annuncia la nuova filosofia di viaggio che accompagnerà gli italiani per gli anni a seguire.

Nell’Italia del dopoguerra, la fantasia diventa spesso virtù e Mario Pavesi non è l’unico visionario; come lui, lo è anche l’architetto milanese Angelo Bianchetti, di solida cultura razionalista e con una forte vocazione alle architetture pubblicitarie maturata negli anni trenta per l’allestimento di padiglioni in occasione di mostre ed esposizioni nazionali e internazionali.

Pavesi e Bianchetti si fiutano, si riconoscono e si legano in un binomio che tutti saranno costretti a inseguire.

Bianchetti mette mano al punto ristoro e, con aggiustamenti progressivi, lo avvicina a quel modello di fruizione che detterà la linea a chiunque vorrà cimentarsi nella ristorazione in autostrada.

Il 1952 è l’anno che per la ditta Mario Pavesi segna la fuga verso il futuro.

Nel 1952 Mario torna dal suo primo viaggio americano con idee cui mette mano da subito: cambia nome al prodotto, non più biscottini di Novara Pavesi ma, semplicemente, Pavesini, incarica Bianchetti di tradurre in maniera funzionale nella realtà italiana le suggestioni raccolte sulle autostrade americane e gli fa completare il punto ristoro al casello di Novara, già ampliato in precedenza, con una vera area ristorante.

Già nel 1951 il 36% delle automobili italiane circolava in Piemonte e Lombardia; Mario Pavesi si carica del suo rischio da imprenditore, ma non sbaglia e indica la strada, sarebbe forse meglio dire l’autostrada, a quelli che saranno i suoi concorrenti diretti: Motta, Alemagna e, seppur con un modello di riferimento parzialmente diverso, l’Agip.

Se il 1952 è l’anno della fuga in avanti per la Pavesi, nel 1954 un evento simbolico segna la fuga in avanti dell’Italia.

Il 3 gennaio iniziano le trasmissioni ufficiali della RAI che, a breve, diventerà il grande driver dell’unificazione del Paese attraverso la comunicazione e il consumo di massa, in un rito che nei primi anni, complice l’alto costo dell’apparecchio, sarà soprattutto collettivo e sociale, condiviso in bar, ristoranti, circoli ricreativi e a volte anche piazze.

La Pavesi cresce; nel 1955 conta 500 dipendenti e fattura 3,5 miliardi di lire, per avere un’idea del volume basti ricordare che nello stesso anno la paga di un operaio era di 43.000 lire al mese, un chilo di carne costava 1.200 lire, un chilo di pane 150,un litro di benzina 138.

Nel 1955 la Fiat presenta al Salone di Ginevra la 600, il fortunato slogan l’auto per tutti trova una rinnovata declinazione, e anche se quella macchina che promette di far viaggiare tutta la famiglia costa 625.000 lire, mediamente un anno di stipendio, ci sono le rate che si firmano con la fiducia reciproca di pagarle e di vederle pagate.

L’Italia è in movimento, Mario Pavesi segue la sua intuizione, acquista delle aree adiacenti ad alcuni snodi della rete autostradale di prima generazione e, sempre con l’impronta visionaria di Bianchetti che disegna forme ardite eppure mai in contrasto con il paesaggio, apre in rapida successione altri punti ristoro: nel 1955 all’altezza di Bergamo sulla Milano-Brescia, nel 1958 a Lainate sulla Milano-Laghi e a Ronco-Scrivia sulla Genova-Serravalle.

Tra questi, una menzione stilistica a parte la dobbiamo all’autogrill di Lainate, dove l’impronta modernista di Bianchetti trova una delle sue più alte espressioni e che rimane difficile pensare, guardando le due immagini appaiate, non abbia ispirato il Theme Building dell’aeroporto di Los Angeles, realizzato nel 1961 in pieno stile Googie, linguaggio architettonico modernista figlio dell’atomic age.

Theme Building a Los Angeles

Nel 1956, con la posa della prima pietra del cantiere dell’Autostrada del Sole che unirà Napoli con Milano, l’Italia aveva iniziato a pensarsi più vicina, cosa che effettivamente avverrà in tempo di record, addirittura con tre mesi d’anticipo; l’apertura sarà progressiva e a tratti, ma ci vorranno appena otto anni per completare l’opera e permettere all’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro d’inaugurarla il 4 ottobre del 1964.

Nelle more dell’apertura, la cultura italiana del periodo trova una sintesi efficace la curiosa sfida che voleva sancire la superiorità del trasporto su gomma rispetto a quello ferroviario organizzata dalla rivista Quattroruote, che nell’aprile 1961 vide una Giulietta Spider competere in velocità sul percorso Milano-Roma con il treno di punta delle Ferrovie dello Stato, l’ETR300, e sorprendentemente vincerla con 38 minuti di vantaggio.

Nel 1959 Pavesi e Bianchetti sono ancora protagonisti dell’innovazione autostradale: il sottosegretario all’Interno Oscar Luigi Scalfaro – di Novara come i biscotti Pavesini, già fustigatore di costumi pubblici come responsabile della censura cinematografica e protagonista di un noto episodio che in un ristorante romano lo vide nel 1950 rimproverare aspramente una signora per una schiena troppo scoperta – inaugura a Fiorenzuola d’Arda il primo autogrill a ponte d’Europa.

Nel 1959 Pavesi, mentore del neologismo, registra il nome Autogrill che, entrato nell’uso comune e simbolico, diventa marchio d’azienda, rendendolo protagonista di una di quelle rare operazioni pubblicitarie che per proprietà transitiva identificano il prodotto in senso lato con il nome di un marchio; due esempi per tutti, Yoga – nome di un marchio, ma usato soprattutto tra gli anni sessanta e i novanta per indicare genericamente il succo di frutta – e Creck – anche questo marchio di un prodotto degli anni cinquanta, ma che molti usavano e hanno continuato per lungo tempo a usare per indicare genericamente i crackers -.

L’Autostrada del Sole ovviamente cambia il paradigma del viaggio ma, ancor di più, è la coincidenza astrale tra la motorizzazione di massa, la nuova viabilità che accorcia le distanze, il benessere diffuso che aumenta le occasioni di turismo e di lavoro, il grande flusso migratorio interno che tra il 1955 e il 1970 farà cambiare comune di residenza a 25 milioni di italiani che al paese ci tornano e non sempre in treno, che renderà evidente la necessità di pensare al viaggio in termini di assistenza all’automobilista.

Accade sostanzialmente quello che nel 1963, nell’imminenza dell’apertura completa dell’Autostrada del Sole, Andrea Barbato prefigura dalle pagine de Il Giorno quando immagina ottocento chilometri di città lineare, dove tutti servizi sono a disposizione del viaggiatore moderno, che ovviamente viaggia in automobile, e che nel suo tragitto può dormire, mangiare, fare acquisti, rifornirsi, trovare un meccanico e godere di panorami inaspettati filtrati dalle architetture futuristiche degli autogrill.

È il caso di notare che l’Eni, proprietario de Il Giorno, di quella città lineare è stato da subito un protagonista, con le sue 36 stazioni di servizio nel 1952 diventate 558 nel 1957 e con il suo modello di assistenza che ha visto sorgere i Motel Agip e gli Autobar in collaborazione con Alemagna.

Motta, l’altro grande competitor della ristorazione autostradale, salderà invece un’alleanza con la compagnia inglese BP per i MottaGrill, famoso quello di Cantagallo, all’inizio del tratto appenninico, inaugurato nel 1961.

AUTOGRILL MOTTA

Avveniristico per forme e materiali, opulento nell’offerta commerciale, innovativo per il modello di ristorazione self-service d’importazione americana, baciato dalla fortuna per le tante vincite regalate agli automobilisti dai biglietti delle lotterie nazionali acquistati in una fortunata sosta di viaggio, l’autogrill – nome comune di luogo – entrato nel quotidiano degli italiani negli anni dell’ottimismo, di quegli anni è ancora oggi un simbolo indiscusso.

La via italiana alla modernità ha trovato così nell’autogrill un tratto identitario a tutto tondo, lo ha visto e lo vede essere non solamente un asset valoriale del suo immaginario, riflesso iconico e fedele e del suo cambiamento ma, soprattutto, lo ha reso complice affettivo della familiarità di tutti noi.

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Marco Panella

Nato a Roma nel 1963, laureato in Scienze Politiche con indirizzo internazionale, si occupa di comunicazione dal 1989 come imprenditore e consulente di aziende ed enti pubblici. Curatore di mostre e festival culturali, esperto di storia del costume italiano ed heritage communication, coniuga all’attività professionale interessi personali che spaziano dalla geopolitica all’etica dell’innovazione. Ha esordito nella narrativa con il romanzo nero Tutto in una notte, edito a settembre 2019 da Robin Edizioni.

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