Massimo Bottura e l’Osteria Francescana sono sul tetto del mondo!
È un’Italia da urlo! No, non mi riferisco alla partita della nazionale agli Europei di calcio, sinceramente anche no. Stavolta si parla dell’Italia vera, quella che fatica, suda, si evolve; quella che si appropria di stereotipi, li accompagna nell’iperbole dell’eccellenza e li fa volare fino al tetto del mondo. È da lì che Massimo Bottura, chef e patron pluristellato dell’Osteria Francescana a Modena, guarda tutti gli altri colleghi del mondo. Stanotte il suo ristorante ha conquistato la vetta del World’s 50 Best Restaurant 2016, i migliori cinquanta ristoranti al mondo, premiati al Cipriani Wall Street di New York.
E in cima a quel tetto Massimo Bottura e tutta la ciurma dell’Osteria Francescana hanno portato tutto il nostro Paese. “Un ristorante è formativo come un museo” ha dichiarato alla Stampa in un’intervista pre-premiazione lo stesso Bottura. E non è difficile essere d’accordo con lui. Il cibo racconta un luogo, una terra, con la sua gente, le sue tradizioni, il suo clima. “Non si può conoscere profondamente un luogo se non si è prima andati al mercato”, diceva Mario Soldati; perché è lì che trasuda il genoma di un Paese. E se i veri creatori sono i contadini, con la loro capacità millenaria di custodire un territorio e salvaguardarlo per il futuro, i grandi cuochi diventano artieri: “Noi elaboriamo quello che i contadini producono, ma solo aggrappandoci alla nostra ossessione per la qualità; in questo modo un cuoco diventa artiere”, ha dichiarato ancora Massimo Bottura.
La sua Osteria Francescana è stata il tempio da cui sono usciti almeno tre chef stellati; è il luogo che ha celebrato la cucina italiana, partendo dalla sua tradizione, ma liberandola una volta per sempre dalla nostalgia del passato e rielaborando un concetto di cucina che è stata la strada maestra per tutto il resto del Paese, almeno ventuno anni fa. E questi risultati non si improvvisano. Le stelle Michelin, i riconoscimenti internazionali, il secondo posto al World’s 50 Best Restaurant 2015, il primo posto in questa edizione, sono risultati che si ottengono con il coraggio, la determinazione, l’umiltà. Ma anche con quella dose di follia pura che ti permette di rompere gli schemi, le sovrastrutture mentali che imprigionano la creatività nella costrizione di strade già percorse da altri. Massimo Bottura è l’orgoglio di essere Italiani, senza retorica alcuna. È la celebrazione di quel made in Italy non riproducibile che il mondo sogna, che il mondo rincorre e anela; è quell’emozione che nasce nelle zolle di terra da cui nascono quei prodotti e quella sapienza che altrove, in qualunque altro altrove, non si potrà mai ripetere.
È per questo che a celebrare Massimo Bottura su quel palco stanotte c’erano tutti i premiati del mondo: i fratelli Roca del El Celler del Can Roca a Girona in Spagna, a cui Bottura ha strappato il titolo; o Daniel Hum dell’Eleven Madison Park di New York, sul terzo gradino del podio; o ancora Davide Scabin, che piazza il suo Comba Zero di Rivoli al 46° posto della classifica, riscattandosi meritatamente da quella stella persa appena sei mesi fa. E la migliore Italia del cibo piazza ad uno straordinario 17° posto anche un’altra conferma della nostra cucina: Enrico Crippa di Piazza Duomo ad Alba; senza dimenticare il 39° posto de Le Calandre a Salmerola di Rubano, Pordenone, inebriante stupore per il cibo e i suoi ingredienti. Questo World’s 50 Best Restaurant è la celebrazione della cucina fatta arte, un’arte che per essere tale si muove dall’anima e dalla passione.
Ma gli allori del passato per il nostro Paese non sono garanzia del futuro, perché il futuro dell’eccellenza porta i nomi di Perù e Argentina, o quelli meno familiari del Nord Europa; per questo su quegli allori è bene non sedersi mai. E Massimo Bottura questo lo sa perfettamente; è consapevole come pochi altri al mondo del suo ruolo e del suo lavoro. Talmente tanto da aver dato vita lo scorso anno al progetto Food For Soul. “Perché chi si trova a rivestire certi ruoli, ad avere la fama che abbiamo facendo il lavoro che amiamo, non può considerarsi affrancato dalla responsabilità sociale di farsi portavoce delle esigenze degli altri”. Dichiarazioni importanti che interrano le loro radici in un’etica di fare cucina e affari che sembra dimenticato altrove, tra i grandi chef dell’apparire.
Food For Soul è un’organizzazione no profit fondata da Massimo Bottura per combattere lo spreco alimentare, presentata all’ultimo MAD Symposium di Sidney in Australia e nata sulla scia di Expo 2015. In quell’occasione lo chef emiliano si tuffò nell’esperienza pilota del Refettorio Ambrosiano, in cui 65 chef italiani furono chiamati a cucinare gli sprechi alimentari di Expo. Furono talmente tante le richieste di portare altrove quell’esperienza, che Massimo Bottura mise in piedi il progetto Food for Soul e lo tradusse in mille altre anime in giro per l’Italia e nel mondo.
Perché “cucinare è un appello ad agire”. E mi auguro che su quel tetto del mondo questo appello di Massimo Bottura possa essere istanza che muova tutto il mondo altisonante della gastronomia d’eccellenza.
di Tamara Gori
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