Il prossimo week end sarà Festival in nome dello street food, e Palermo sarà il luogo deputato ad accogliere questa prima kermesse dedicata al cibo da strada. D’altronde non è un caso se la rivista Forbes ha inserito proprio Palermo al quinto posto tra le città nel mondo per lo street food e al primo posto in Europa. Dal pane e panelle alle rinomate arancine, passando attraverso le stigghiole e lo sfincione, Palermo da sempre è culla dello street food italiano.
Non solo, ma il patrocinio dell’Expo all’evento è indice di quanto Palermo stia puntando su questo cibo low cost tanto da farne il suo biglietto da visita alla prossima Esposizione Universale di Milano. Storia, cultura gastronomica, e sempre più spesso qualità del mangiar bene dell’italian food: questo e molto altro racconta questa eccellenza che attrae turisti e gastronomi da tutto il mondo. E il fatto che più di quattromila coupon degustazione siano stati scaricati dal sito ufficiale del Festival panormvsstreetfoodfestival.it, la contano lunga su quanto sia attesa la kermesse del prossimo 17 e 18 aprile nella storica piazza San Domenico del capoluogo sicano.
Ma se ormai è uno spopolare di cannoli siciliani e di arancine in ogni parte d’Italia (perché l’arancina è fimmina!), il really typical lo trovi solo nelle strade più popolari di Palermo, venduto dagli apini che sul loro tre ruote si spostano da un rione all’altro della città. E se l’iconografia dei sapori siciliani da strada è ormai inflazionata, il vero dogma dello street food palermitano è Pane e Panelle, eredità della florida dominazione araba, che usava la farina di ceci per formare queste deliziose schiacciate fritte nell’olio e accompagnate dalla mafalda, pane anch’esso di araba rievocazione. E se vogliamo navigare sull’ortodossia, allora il panino è pane, panelle e cazzilli, fumanti polpette di patate, per molti fuori da Palermo, crocchè o crocchette.
Sicuramente i puritani dell’equilibrio alimentare storceranno il naso di fronte a tanta abbondanza di carboidrato, ma la storia racconta di un pasto che a volte era l’unico che la classe più povera della popolazione poteva permettersi, come d’uopo accade per il cibo da strada, che nasce povero e spesso diventa trend. Così è per u pani câ meusa (il pane con la milza), fumante panino di origine medievale, la vastella, spolverato di sesamo e farcito di milza e polmone di vitello, bolliti e poi fritti nel saimi, lo strutto di ispanica memoria. Tradizione ebraica, già presente nei ghetti prima del 1492, veniva servito schettu o maritatu, semplice o maritato, se si sceglieva di accompagnarlo da caciocavallo grattugiato e un pò di limone.
Stessa origine per altri due testimoni dello street food palermitano: le stigghiole e il caldume. Le prime sono una sorta di spiedino cotto direttamente sulla brace e costituito da budella di agnello o capretto lavate in acqua e sale, condite con prezzemolo, infilzate in uno spiedino o arrotolate attorno a un porro, e mangiate calde, con sale e limone. Il caldume invece, piatto caldo da cui eredita il nome, è una composta di viscere di vitello bollite nella quarara, insieme a cipolla, sedano, carote e prezzemolo e servita calda per strada con sale, pepe e limone. Lo sfincione è l’antesignano della pizza italica, simbolo e archetipo del cibo da strada di Palermo; deve il nome al latino spongia o al greco spòngos (in entrambi i casi spugna) per la lievitazione alta del pane pizza, completato con salsa di pomodoro, cipolla, acciughe, origano e pezzetti di caciocavallo ragusano, altra prelibatezza isolana.
Ma questa rapida e di certo non esaustiva carrellata, non può dimenticare le mele caramellate, prelibatezza natalizia aromatizzata alla cannella, né tantomeno i cannoli siciliani o le iris, ciambelle senza buco, lievitate e fritte e poi farcite di morbida ricotta o di crema, arricchite, qualora ce ne fosse bisogno, di croccanti pezzetti di cioccolato.
E che Street Food Festival sia!
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