Ricetta pane sciapo di Lorena Fiorini da Il grande libro del pane Newton Compton Editori
Iniziammo la preparazione dell’impasto per il pane sciapo. Setacciate 250 g di farina, fate la fontana sulla spianatoia, unite un pizzico di lievito di birra sciolto in 150 ml d’acqua tiepida, fate amalgamare, impastate brevemente, formate una palla, copritela con un panno bianco umido e lasciate riposare in un luogo caldo e asciutto per 24 ore.
Riprendete l’impasto, scioglietelo in 25 ml d’acqua, unite il lievito naturale. Amalgamate lavorando per breve tempo aggiungendo 25 ml d’acqua e 100 g di farina, unite un po’ alla volta. Quando l’impasto ottenuto risulterà omogeneo lasciate nuovamente riposare, coperto da un canovaccio bianco inumidito, per altre 24 ore.
Recuperate il composto, mettetelo al centro della fontana che avrete formato con 150 g di farina, aggiungete il restante lievito di birra sciolto in 100 ml d’acqua, lavoratelo brevemente per ottenere un impasto molle, ma ben amalgamato.
Suddividete il composto in 2 filoni, schiacciateli e poneteli su un panno infarinato a riposare per 1 ora, fino al raddoppio del volume.
Incidete la superficie dei filoni con una croce, poi metteteli in una teglia unta e infarinata e poneteli in forno già caldo a una temperatura di 210°, lasciate cuocere per ¼ d’ora, abbassate la temperatura del forno a 180° e proseguite la cottura per ½ ora. Togliete i pani dalla teglia e poneteli in una griglia per ¼ d’ora fino a terminare la cottura.
Nonna Assunta, zia Maddalena e mamma Ida facevano il pane, in genere, una volta a settimana. La sera precedente prendevano una parte di pasta, conservata nella madia e utilizzata l’ultima volta, e la impastavano con farina, lievito, sale e acqua appena tiepida. Il composto ottenuto veniva lasciato a riposare nella madia. Il mattino, all’alba, riprendevano il composto, aggiungevano farina, acqua e sale e procedevano fino ad amalgamarlo nuovamente. Un compito che impegnava le donne di casa nella trasformazione della massa in filoni, sui quali veniva incisa, con il coltello, una croce. Un panno di lino e una coperta nascondevano e lasciavano lievitare i pani in un luogo caldo per ulteriori tre ore circa. Il forno, scaldato con la legna dei boschi, ospitava i filoni.
Nonno Carlo aveva l’incarico di scaldare il forno. Iniziava con una fascina di sarmenti posata sulla paglia, aggiungeva legni di piccole proporzioni per poi passare a legna più grossa. Il fuoco si considerava acceso nel momento in cui le fiamme lambivano il soffitto del forno. Nonna Assunta raggiungeva il forno, puliva il piano spostando, prima con la scopa di saggina e poi con un panno bagnato rimuoveva e poneva a lato la cenere e i carboni ardenti. I filoni, a quel punto, si trasferivano in forno e iniziava la cottura. Una volta cotto il pane riposava nella madia e in un sacco di lino bianco conservato nella dispensa. Questo dopo essere stato sfornato, spazzolato con una scopa piccola di saggina e sistemato a raffreddare sul tavolo di cucina. La memoria e l’acquolina in bocca ritornano al profumo del pane appena sfornato, profumo che si spandeva per la casa e oltre a ricordarci i tempi andati e i sapori di una volta.
Per chi non possedeva il forno a legna, dopo aver preparato il pane nella madia. le donne lo collocavano sulla spianatoia e lo portavano al forno per essere cotto.
Il pane sciapo, conosciuto anche all’estero, ha la particolarità della mancanza di sale. La ricetta ha origine dalla rivalità tra Pisa e Firenze al tempo in cui il prezzo del cloruro di sodio sale alle stelle e i pisani ne bloccano la contrattazione. In realtà, l’assenza di sale permette di accostare il pane a piatti saporiti esaltandone il sapore. E’ pane toscano e del Centro Italia, viene prodotto in grandi quantità e il più conosciuto è quello di Altopascio.
Din don domani è festa si mangia la minestra, la minestra non mi piace, si mangia pane e brace, la brace è troppo nera, si mangia pane e pera, la pera è troppo bianca, si mangia pane e panca, la panca è troppo dura si va a letto addirittura.
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