Un cuore dal colore rosso violaceo intenso che scalda e rallegra le fredde giornate invernali, accompagnandoci fino alle prime tiepide settimane primaverili con il suo delicato sapore, il radicchio è ormai conosciuto e apprezzato per il suo eclettico utilizzo in cucina.
Numerose le varietà, molte delle quali hanno già visto riconosciuto il marchio IGP, che portano in tavola toni di colore vivace a partire dal rosso intenso al verde-giallo fino al maculato. Radicchio di Castelfranco IGP, radicchio rosso di Chioggia IGP, Radicchio rosso di Treviso IGP, radicchio di Verona IGP, radicchio variegato Fior di Maserà o di Lusia sono le varietà più conosciute e utilizzate sul territorio nazionale.
Non è difficile dedurre che l’humus in cui questo ortaggio affonda le sue radici, sia vitali che storiche e culturali, sia quello della regione Veneto. E’ sufficiente infatti seguire la “Strada del Radicchio” che da Chioggia (VE), passando per Treviso, arriva a Castelfranco Veneto (TV) per capire che questo prodotto più che un semplice volano per l’economia, o prodotto tipico che dir si voglia, è ormai diventato un vero e proprio “cult”. E’ all’agronomo Giuseppe Benzi che si deve in parte l’upgrade del “Radicchio rosso di Treviso”, protagonista dell’approfondimento di oggi nella qualità di “tardivo”, diventato oggetto nel 1900 addirittura di una mostra monotematica organizzata appunto da Benzi.
Sarà forse il colore caldo e intenso, decisamente raro in una stagione di letargo vegetale come l’inverno, o per il suo aspetto assimilabile ad un fiore, ma il “Radicchio rosso di Treviso tardivo” presenta un’identità forte in contrasto ad un sapore delicato che ben si presta a tutti i tipi di preparazione. Molto interessante è sapere che ciò che arriva sulla sulle nostre tavole in questo periodo non è pura opera della natura, ma il risultato di una lunga tradizione contadina che ha saputo trarre il meglio da un piccolo pulsante cuore vegetale. Il “Radicchio di Treviso tardivo”, definito il re dei radicchi, viene raccolto in campo tra la fine di gennaio e febbraio, quando però non risulta ancora pronto al consumo, ma anzi è chiuso in una sorta di letargo attivato dalle prime brinate della stagione autunnale.
In seguito alla raccolta, sulla base della famosa tecnica dell’imbianchimento, l’ortaggio viene ripulito dalle foglie e ciò che ne rimane, quindi solo la radice e poco altro, viene legato in grossi mazzi e immerso per circa 20 giorni in grandi vasche nell’acqua di risorgiva. L’acqua utilizzata per “risvegliare” la pianta in letargo difensivo presenta ovviamente caratteristiche chimico-fisiche ben precise e una temperatura costante tra i 12 e i 15 gradi circa. La famiglia del “Tardivo” impegna i produttori dalla fine di ottobre, in cui si raccoglie il “Tardivo precoce”, per poi lasciare spazio al “Tardivo medio”, chiamato anche Natalino, perché raccolto a fine novembre e pronto nel periodo che precede il Natale.
La stagione della raccolta si chiude poi appunto con il “Tardivo tardivo” raccolto tra gennaio e febbraio. Questa necessità dell’imbianchimento ha consentito alle aziende, in particolare all’Azienda Agricola Nonno Andrea impegnata nella produzione e trasformazione del “Radicchio rosso di Treviso biologico IGP” oltre che di molte altre qualità, di sviluppare la tecnica della frigoconservazione attivata al momento della raccolta della radice dal campo per allungare la cheflife del prodotto.
La radice viene conservata in celle frigorifere a temperature adeguate per qualche tempo, prima di essere immersa nell’acqua di risorgiva e questo consente di portare sul mercato un prodotto sempre fresco per un periodo più lungo. Il mondo del radicchio è però interessante anche sotto il punto di vista economico: infatti negli ultimi 15 anni la produzione si è sviluppata ed è decuplicata, anche grazie alla collaborazione nata tra i 50 comuni veneti in cui viene coltivato. A fronte delle 2 mila tonnellate prodotte annualmente nei primi anni del 2000, oggi dalla stessa zona arrivano sui mercati circa 20 mila tonnellate di radicchio, un business redditizio anche per le aziende produttrici che hanno saputo consorziarsi, creare e promuovere al meglio un’eccellenza agricola attribuendo un valore aggiunto al loro lavoro.
In un limbo tra la cura di una tradizione secolare, oltre che di famiglia, e una particolare attenzione all’innovazione, senza mai trascurare l’integrità e la qualità del prodotto, si pone obbiettivi molto importanti l’Azienda Agricola Nonno Andrea di Villorba (TV). Una realtà che coltiva circa 40 ettari di terreno a radicchio e tra questi 25 sono dedicati alla coltura del “Radicchio rosso tardivo IGP”, quindi una produzione stimata intorno ai 70-80 quintali annui di radicchio per ogni ettaro di terreno, che diventano quasi 140 quintali nel caso del radicchio di Castelfranco.
L’azienda però non si limita alla produzione del fresco, già di per sé molto impegnativa, ma quello che la contraddistingue come realtà di grande interesse del settore sono sicuramente le politiche messe in campo e le idee. Una scelta di principio sulla produzione, interamente biologica, che conferisce un valore aggiunto all’eccellenza dei prodotti e che va di pari passo con l’incredibile audacia, accompagnata da un costante studio e un grande savoir faire nella trasformazione dell’ortaggio.
Il “Farm made”, fiore all’occhiello di Paolo Manzan titolare dell’impresa “Nonno Andrea”, è un vero e proprio laboratorio di idee in cui il radicchio va a nozze con clementine calabresi, rafano, cipolle, olive taggiasche, birra e molti altri prodotti, per dare vita a deliziose preparazioni in vaso da gustare veramente in ogni stagione.
La ricetta dello chef Moschiano con il radicchio rosso di Treviso IGP tardivo è “Scrigno di riso dal cuore rosso“.
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