Nel 1880 Milano è una città che tocca con mano l’ebbrezza del futuro; al caffè Gnocchi in Galleria Vittorio Emanuele si accende la prima illuminazione elettrica, scompaiono gli omnibus a favore dei tram a cavalli e si affacciano i primi tram – anzi tramway – a vapore, i fratelli Bocconi cambiano in Alle città d’Italia la denominazione al primo grande magazzino inaugurato tre anni prima che sull’esempio francese si chiamava Aux villes d’Italie, e tantissimi sono gli opifici meccanici e industriali che la circondano, intorno ai quali mano a mano la città si andrà a stringere ed espandere.
Ebbene in questa città tesa al moderno, Pietro Sada non è solo un bravo commerciante, ma è anche un artigiano del cibo capace di guardare molto avanti.
Tra le cose che vende nella sua bottega in città c’è il bollito, carne che lavora nel laboratorio di Crescenzago e deve farlo buono questo bollito perché tanti sono i clienti che lo vogliono, al punto da far la fila per acquistarlo, specialmente il sabato in vista del pranzo domenicale.
Insomma, la tendenza al comprare cibo pronto che oggi viene vista come segno di un’evoluzione del costume sempre più distante dal cucinare in casa, non è poi questa grande novità.
Il buon guadagno a Pietro Sada potrebbe bastare, ma non è così.
A Crescenzago mette all’opera i suoi dipendenti per studiare un sistema di lavorazione e conservazione della carne che ne permetta il consumo nel tempo, mantenendola buona e appetibile.
Ovviamente la conservazione del cibo è esigenza antichissima, risolta con sale, olio ed essiccazione, prima della grande l’innovazione che arriva nel 1800.
Nel 1810, dopo anni di sperimentazione, il pasticcere francese Nicolas Appert stabilizza un metodo di sterilizzazione dei barattoli in vetro con chiusura ermetica, quindi estrazione dell’aria, e successiva bollitura in acqua; nello stesso anno, ma dall’altra parte della Manica, l’inglese Pierre Durand ci mette del suo e brevetta un metodo di conservazione che prevede l’uso di contenitori in stagno, più resistenti e maneggevoli di quelli in vetro; nel 1812 saranno poi John Hall e Bryan Donkin, inglesi anche loro, a fare un mix tra le due modalità e ad avviare la produzione di conserve di cibo in contenitori di banda stagnata.
Pietro Sada segue quindi una strada tracciata, ma declina la sua capacità di innovazione nella modalità di lavorazione perché la sua carne, anche in scatola, deve essere buona.
Pietro Sada non è solo un artigiano del cibo di ampie vedute, è anche uomo di marketing anzitempo; le cronache restituiscono la notizia che saputo del tentativo della prima trasvolata delle Alpi in mongolfiera da parte dello svizzero Gondrand, Pietro gli offra il suo bollito in scatola come alimento al seguito.
Difficile trovare notizie precise sull’anno e sull’artefice dell’impresa, anche se a barlume il nesso con i fratelli Gondrand che nel 1866 avevano fondato a Milano una società di spedizioni sembrerebbe più che inerente.
Fatto è che l’impresa aviatoria ha successo e di conseguenza ha successo anche l’impresa alimentare; il bollito in scatola di Pietro Sada si posiziona come una sorta di cibo del futuro che tutti vogliono provare.
La strada commerciale è spianata.
Una strada che è anche generazionale e che vede nel 1923 Gino Alfonso, il figlio di Pietro, fondare la Società Anonima Alfonso Sada; la produzione è artigianale perché le 5.000 scatolette giornaliere sono fatte a mano, ma l’ambizione è industriale e in questa logica si deve leggere la scelta di registrare il marchio Simmenthal, ispirato al nome da una razza bovina svizzera nota per la bontà della carne.
L’azienda persegue con successo la via industriale, negli anni trenta arriverà a produrre 25.000 scatolette al giorno e anche le forniture belliche ne spingeranno molto avanti la produzione.
La Simmenthal entra così nel mercato e nell’immaginario italiano per non uscirne più, complice una grande attenzione alla comunicazione che, da subito, gioca sul sillogismo tra la carne fresca, l’ottima carne fresca, da cui deriva la carne in scatola, l’ottima carne in scatola.
Vale la pena anche notare che questo stilema di comunicazione si sviluppa negli anni in cui il mangiare abitualmente carne, soprattutto carne rossa, era al di fuori della prassi alimentare italiana, con una popolazione che per ragioni prevalentemente economiche e qualche volta culturali, la metteva a tavola con parsimonia, ma continuerà anche quando la carne a tavola sarà alla portata di tutti.
La leva comunicazionale di Simmenthal si propone quindi al pubblico con la cifra estetica di un prodotto che, a costo accessibile, soddisfa non solo un’esigenza alimentare in senso stretto, ma trasforma i bisogni in desideri intercetta una soddisfazione di significato che supera il prodotto stesso.
Di grande interesse è anche la visione di Simmenthal nel proporsi da subito con una oggi attualissima, ma al tempo di grande avanguardia, strategia di cross marketing.
Tante infatti le pubblicità che ne propongono la messa in tavola come gustoso piatto unico in abbinamento con pomodori – anzi pomidori come recita la pubblicità del 1955
e insalata, all’insegna di una freschezza del gusto che almeno fine a gran parte degli anni settanta adotta come altro suo tratto distintivo l’abbinamento estivo.
Pubblicità che tra creatività di Armando Testa, Caroselli con Walter Chiari,
la sponsorizzazione della pallacanestro Olimpia di Milano che dal 1956 al 1973 vincerà con il nome Simmenthal ben 10 scudetti, fa entrare a pieno titolo il brand tra quelli di maggiore influenza non solo nel mercato, ma nel costume italiano.
Geniale poi l’adozione come gadget aziendale della cosiddetta mucca in scatola, barattolo del tutto identico a quello del prodotto vero ma forellato in testa che, girato e rigirato tra le mani muggiva, divertimento al quale nessun baby boomer è sfuggito.
A sottolineare la logica di modernità che ha sempre ispirato l’azienda, è bene ricordare che sulla forza del marchio trainato dal bollito in scatola, vera cifra identitaria dell’azienda, all’alba degli anni sessanta, ma non escluderei anche prima, la Simmenthal porta al mercato altri prodotti in scatola,
sia di gamma, come trippa, goulash, manzo in salmì, brasato e arrosto, e sia complementari, con ravioli, spaghetti e minestrone inscatolati come primi piatti pronti.
Una tradizione, questa, che si rinnoverà negli anni novanta con altri prodotti da consumo pronto e veloce.
Oggi tra i brand di punta di Bolton Group, Simmenthal non ha mai smesso di alimentare appetito e gusto ma, soprattutto, immaginario.
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