Si scrive street food, perché la fonetica anglofona fa tanto cool, ma si legge CIBO DA STRADA. E anche cibo DI strada. Perché più di ogni altro è in grado di raccontare la storia della gente che ha popolato quelle vie, che le ha vissute e in molti casi le ha rese grandi. Iniziamo così un viaggio straordinario attraverso l’antropologia del “porto via e lo mangio per strada” e la prima tappa è, doverosamente, la città che ha dato i natali alla nostra lingua, al Rinascimento, alla magia dell’Arte: Firenze. E a Firenze, se dici cibo da strada, dici Lampredotto.
I banchini dei trippai sono un’istituzione in città, e non certo per i turisti. Il lampredotto appartiene alla gente di Firenze, al tessuto sociale e storico del giglio viola. Li trovi agli angoli delle strade, con i loro banchi a quattro ruote, a respirare il Rinascimento di ogni mattone che hanno visto passare davanti; ad osservare il melting pot che negli anni ha popolato le strade selciate; ad ascoltare i racconti della gente che si affaccia al banco intorno a mezzogiorno, quando i mercati sono ancora vivaci e gli uffici non hanno ancora rigettato in strada i loro impiegati affamati nell’ora di pranzo.
La tradizione del quinto quarto a Firenze è davvero antica: già nel 1400 il Lungarno era affollato di botteghe offuscate dai vapori e dal lavorio intenso della macellazione dei bovini. Alle famiglie nobili era destinata la pezzatura migliore, quella bistecca alla fiorentina che da allora avrebbe segnato la fama della Toscana nel mondo conosciuto. Il popolo che affollava il fiume e vivacizzava i mercati rionali, doveva accontentarsi degli scarti, delle parti meno pregiate, cotte e talvolta stracotte al vapore, che poteva accaparrarsi con pochi fiorini e che riuscivano a sfamare la pancia di una famiglia intera. Di solito erano le trippe, ovvero i tre stomaci del bovino, ripuliti e lavorati; solo il quarto stomaco, l’abomaso, era destinato al Lampredotto, dal colore scuro, quasi violaceo e dalla forma che ricordava tanto la lampreda, quell’anguilla una volta così popolosa in Arno, da cui ha mutuato il nome. Da allora il Lampredotto ne ha fatta di strada, arricchendosi di salse a base di erbe aromatiche o al peperoncino; di un brodo di cottura che lo ospita per ore nel calderone fumante nei banchini dei trippai; ma soprattutto ha trovato la semella, una sorta di rosetta che lo contiene, caldo e succulento, pronto per poter essere addentato. Ma attenzione! Se il trippaio vi rivolge la fatidica domanda: “Come lo vòle?”, la risposta è solo una: bagnato sopra! E allora le mani sapienti prenderanno la calotta della semella e la inzupperanno nel brodo di cottura: questo gesto antico agevola il morso, ma regala anche il giusto equilibrio tra il croccante del pane, la succulenza della carne e la morbidezza della calotta.
E non c’è niente di meglio che sedersi sugli sgabelli, ai lati del banco, insieme agli operai, agli impiegati, ai turisti curiosi, per poter meglio assaggiare i sapori nascosti dentro quel panino che sa di storia, magari accompagnato da un bicchiere di Chianti bòno; e intanto osservare. Perché le postazioni storiche dei trippai di Firenze sono ancora quelle dei secoli scorsi: strategicamente vicini ai mercati, dove si raffigura la vita popolare.
E allora vale la pena un salto a quello di San Lorenzo, o forse, ancor di più, a Sant’Ambrogio: il rapporto sembra essere lo stesso che passa tra il Gran Bazar e il Mercato delle Spezie a Istanbul, con quest’ultimo quasi relegato in second’ordine, ma ricco e vivace almeno quanto il primo.
Sant’Ambrogio è un po’ così: antico, colorato, più piccolo e fatto per la gente di Firenze. La sua piazza, a ridosso del bellissimo Tempio Israelitico, si incrocia con Via de’ Macci e su quell’angolo, quasi stanziamento privato del famoso Cibreo di Fabio Picchi e del suo Teatro del Sale, si trova il Pollini: Sergio il babbo e Pierpaolo il figliolo, sono forse i più famosi trippai fiorentini e tutto l’anno, tranne la domenica, accolgono chiunque decida di avvicinarsi ai sapori antichi di Firenze. Senza illudersi troppo sulla modernità del cibo da strada!
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