La cucina è una delle sezioni fiorite a fianco della letteratura potenziale, quella degli “opifici” dell’Oulipo e dell’Oplepo (Opificio di Letteratura Potenziale – www.oplepo.com); non vi si producono prodotti gastronomici né diverse procedure culinarie, bensì assemblaggi, combinazioni il cui nesso non è necessariamente del gusto e dei sapori, ma anche d’altro genere.
Vengono fuori storie gastronomiche e menu caratterizzati esclusivamente da unicità cromatica, da riferimenti letterari o cinematografici, dal rispetto di regole che non hanno a che fare con la cucina ma con la retorica, non con i fornelli ma con la combinatoria, non con i tempi di cottura ma con la metrica, non grammi ma lipogrammi, non crostacei ma acrostici, non pasticci ma bisticci, non glasse ma glosse, non ossibuchi ma ossimòri.
TRACCE MNESTICHE. 1. Ecco una scrittura à la manière de… che, ossequiando le regole esterne, scompiglia quella interna, aprendola a nuove infinite forme potenziali. In tre parole: Je me souviens. Ne è autore Giulio Bizzarri (in R. Aragona, Sapori della mente, edizioni in riga, Bologna, 2019).
Kitchen Story
È talmente forte la tentazione
di distribuire il mondo intero
secondo un unico codice!
(Georges Perec)
Come fa un giovane precario, che ogni settimana cambia mestiere, a inventare e scrivere il menu per un ristorante senza cancellare dalla memoria le esperienze pregresse?
Cucina i suoi ricordi con gesti letterari acrobatici, traversando i linguaggi settoriali più eterogenei.
Quintilio Loi, un trentenne intraprendente sempre attento a tenere aggiornato il suo curriculum vitae e a cogliere ogni opportunità d’impiego che gli si prospettasse, non fu poi tanto meravigliato quando ricevette la proposta di assunzione a tempo determinato come cuoco in un prestigioso ristorante di Milano. Anche se si trattava di prendere servizio immediatamente, per riempire il buco lasciato da un suo collega collerico che dalla sera prima si trovava agli arresti domiciliari per aver minacciato con un lungo coltello un cliente incontentabile particolarmente irritante, Quintilio disse di sì. Se non si lavora, che vita è? Questa era la sua filosofia. Prese servizio la sera stessa, presentandosi al maître con il sorriso cordiale di un giovane volonteroso e ben educato. Sedette in cucina su uno sgabello, si isolò mentalmente dal viavai di cuochi, sommelier, pasticcieri, sguatteri e camerieri e si concentrò sulla compilazione del menu per l’indomani, con tanto di istruzioni per i suoi aiutanti i quali, come accertò con una rapida indagine, erano dodici e, cosa curiosa, erano nati sotto dodici diversi segni zodiacali. Non riuscì invece altrettanto bene a isolarsi dall’affiorare delle tracce mnestiche delle sue occupazioni precedenti. Nell’Italia 2015, globalizzata del 2015 e regolata dal Job’s Act, nessuno faceva più lo stesso lavoro per tutta la vita e un po’ tutti facevano diversi lavori contemporaneamente. Questo spiega perché Quintilio Loi, quando, dopo aver fatto tutt’altro, finì a lavorare nella cucina di quel ristorante di Milano, si trovò a lasciar scivolare nel menu numerose tracce involontarie delle righe precedenti del proprio curriculum vitae. Seduto su quello sgabello e vittima della tipica distrazione da multitasking, il cuoco creativo si trovò a lavorare anche d’immaginazione linguistica e finì per compilare una fusion o per meglio dire una babele delle sue mille esperienze pregresse: vincitore di premi di poesia, frequentatore di circoli dell’ultradestra, impresario di pompe funebri, Ph.D. in ingegneria gestionale, tour operator, editor di libri per l’infanzia, astrologo.Come si diceva una volta quando si macellava il maiale in casa, non si butta via niente. E come si fa oggi con i rifiuti, basta differenziare e tutto si ricicla, tutto torna utile. La sera seguente, era un piacere vedere come in cucina si lavorava in allegria e come i clienti in sala rimanevano incantati leggendo la carte.
MENU
ANTIPASTO
Seppia all’uso di Recanati
Seppia, rimembri ancora
quel pirex della scottata mortale,
quando l’acqua bollìa
negli occhi tuoi sporgenti e inespressivi,
e tu, sciapa e sugosa, all’aumentar
del fuoco rosolavi?
Cocean le quiete teglie,
e il vin d’intorno, al tuo sughetto denso,
allor ch’in opra culinaria intinta
sudavi, assai bollente
per quel raro boccon ch’esser dovevi.
Era il piatto odoroso: e tu solevi
così lasciare il forno.
Kitchen Story (continua)
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