Alta Marea

Un Invito da Lolita Lobosco

Il grande successo televisivo di Lolita Lobosco, fatto di storie, di vita e di vita di donne, mi ha portato lontano nel tempo in un decoupage barese, i cui protagonisti pur in una lingua che per i puristi del dialetto è ben poco barese, esprimono, a mio avviso, tutto il cinismo e l’icasticità tipici di questo popolo a metà strada tra l’oriente e l’occidente, flemmatico e passionale allo stesso tempo, romantico e levantino come i suoi tramonti.

Quel sole che si adagia oltre l’orizzonte sa molto di rosso Istanbul: il silenzio e il caos, l’allegria e la malinconia e, lontano, un mondo da cui tutto è nato e che molto ha lasciato. I vicoli immacolati della vecchia città, il vocio dei monelli nella strada, i frutti del mare offerti come primizie voluttuose, carnali e succose: tutto parla di una terra a metà strada tra il levante sognante, sognatore e mercantile e la cultura sveva, ricca, abbracciante e unica che il tedesco “puer Apuliae” riuscì a forgiare in questa bellissima e affascinante terra.

“Stupor mundi” fece di tutto il Meridione il centro culturale del mediterraneo. Lui ragazzo di Puglia, usò l’orgoglio della stirpe, l’amor di patria in un tempo in cui le patrie non c’erano, dichiarò il suo amore per questa terra meravigliosa , che amò come una donna e come una madre tanto da dedicarle poesie e la scelse come dimora. Vi costruì 68 castelli, 42 palazzi o case di caccia che chiamò “ loca solaciorum”.

In questa terra arida solo all’apparenza, riscaldata da un sole unico, ricca di regali che la campagna e il mare offrono a piene braccia, stare intorno ad una tavola imbandita, ricca o povera che sia, fa famiglia e la vera regina è la donna che tutto accomoda, che tutti abbraccia attraverso il calore di un’attenzione alle offerte che vengono apparecchiate per i suoi cari.

C’è una sacralità in queste cibarie, in questo “offertorio” che poco somiglia alla necessità di approvvigionamento, ma sempre più a qualcosa di eterno e rituale che merita rispetto e amore.

Ecco perché una preparazione, pur così semplice e povera, acquista in questa terra un valore tutto proprio che diventa rito; la padella non può essere una wok, ma di ferro di quelle tramandate di madre in figlio e i pochi semplici passaggi devono essere quelli e non altri, per non rischiare la blasfemia.

1° regola la padella di ferro
2° gli spaghetti vanno messi crudi e non prolessati
3° il sugo è semplice e diluito un po’ perché serve per portare a cottura la pasta
4° importantissima è la croccantezza degli spaghetti

Perché si chiamano spaghetti all’assassina?

spaghetti all’assassina

Mistero tutto orientale: perché il peperoncino è abbondante o perché la cottura è lenta e gli spaghetti croccanti e bruciati come sulla graticola? La graticola era il posto dove venivano messi gli assassini?

Ingredienti

  • Olio q.b.
  • Aglio 3 spicchi
  • Peperoncino 1
  • Spaghetti
  • Salsa di pomodoro nella stessa proporzione : 100 gr spaghetti = 100 gr salsa
  • Sale q.b.

Io preparo prima la salsa a parte, semplice, con olio, sale, pomodoro passato e un pochino di zucchero per togliere l’acidità.

Poi metto l’olio nella padella di ferro e i 3 spicchi di aglio che metto interi così li posso togliere più facilmente e il peperoncino.

Aspetto che l’aglio si imbiondisca leggermente, lo tolgo e metto gli spaghetti crudi nella quantità desiderata. Aspetto senza girarli, ma evitando che facciano massa, poi li giro nella padella facendo insaporire la parte che era fuori dell’olio. Dopo qualche minuto, mentre la salsa cuoce a fuoco basso, verso un mestolo di salsa nella padella , giro la pasta e la lascio insaporire. Quando la salsa è assorbita, stando bene attenta ad abbrustolire gli spaghetti da ogni parte, continuo la cottura con un altro mestolo e così via-via per il tempo necessario per cuocere al dente lo spaghetto. Quando mancano gli ultimi ¾ minuti per finire la cottura alzo la fiamma e faccio croccanti gli spaghetti girando non spesso ma solo appena mi accorgo che una parte della pasta è croccante.

Un minuto prima di servire se al gusto non è abbastanza saporita o piccante, aggiungo sale e un velo di olio indiavolato (cioè l’olio in cui sono stati messi a macerare alcuni peperoncini piccanti).

P.S.

Il grembiule, e non solo, del cuoco risentirà di questa preparazione, perché la salsa in ebollizione schizzerà da ogni parte e questa non è una cosa da poco.

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Maria Antonietta Gaballo

Maria Antonietta Gaballo, nata a Trani (BT) il 10/09/1948, residente a Civitavecchia e, per i cinque mesi estivi,in Grecia. Laurea in lettere e filosofia conseguita con il massimo dei voti il 18/07/1970 presso l’Università “Sapienza “ di Roma. E’ assistente presso la facoltà di Antropologia Culturale con la Prof.ssa Ida Magli per circa 2 anni, ma, suo malgrado, è costretta ad abbandonare quando entra in ruolo vincitrice di concorso,, presso la scuola secondaria di Primo Grado nell’anno 1972 come docente di materie letterarie. Come vincitrice di concorso ottiene la cattedra di Italiano e Latino presso il Liceo scientifico di Tarquinia e vi rimane fino all’anno scolastico 1996/1997. Nel 1988 da vita alla libreria “Dettagli” in Civitavecchia che diventa punto di riferimento di incontri letterari e culturali nella città. Nei primi anni ‘80 entra nel volontariato come Infermiera volontaria di CRI, è viceispettrice del Comitato di Civitavecchia. Nel 1998, con il Grado di Maggiore, è nominata Responsabile Nazionale delle Infermiere Volontarie di CRI. Nel novembre/dicembre !997 è in prima linea nell’emergenza per il terremoto Marche Umbria e per questo verrà insignita del diploma di benemerenza con medaglia dal Ministero dell’Interno con firma dell’allora Ministro Giorgio Napolitano nel luglio del 1998. Nel giugno del 1999 è Istruttrice DIU e, in seguito, Istruttrice Qualificata DIU nei conflitti armati. Nel 2001 consegue il Diploma di Specialista PSOs come Osservatore e controllore Militare per operazioni di Peace Keeping ovvero operazioni militari diverse dalla guerra. Ama la storia, i viaggi, i popoli. Ama la vita… e la cucina!

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