Vignarola alla Romana, piatto romano primaverile per eccellenza. Ecco la ricetta di un piatto che esalta le verdure primaverili e la loro grande varietà.
Fate soffriggere, in una padella e a fuoco basso, olio con i cipollotti freschi tritati finemente. Quando i cipollotti diventano di colore dorato, aggiungete e lasciate dorare la pancetta tagliata a pezzetti. Sgranate piselli e fave, pulite i carciofi, eliminate le parti esterne, tagliate a spicchi la parte tenera, rimuovete l’eventuale fieno, e unite la parte tenera dei gambi, che immergerete in acqua e limone per non farli annerire.
Lavate e tagliate a listarelle gli asparagi, la lattuga romana e i gambi dei carciofi. Preparate il brodo con parte delle verdure, aggiungete il sale. Una volta pronto il brodo dividetelo dalle verdure. Unite, a seconda dei tempi di cottura, i carciofi per primi, che farete imbiondire per 5 minuti, seguiti da fave, piselli, asparagi selvatici, che farete cuocere per ¼ d’ora, versando brodo all’occorrenza. In ultimo unite la lattuga romana e aggiungete le verdure prelevate dal brodo.
Lasciate cuocere ancora le verdure per un ¼ d’ora, a fuoco dolce, versando, di tanto in tanto, un po’ di brodo vegetale nella misura in cui si desidera ottenere un piatto più o meno liquido. Aggiustate di sale e aggiungete una spolverata di pepe. La vignarola sarà pronta quando tutte le verdure risulteranno cotte in modo uniforme. Servite la vignarola accompagnata da fette di pane abbrustolito e con il pecorino romano a scaglie. Aggiungete, per ultimo un pizzico di mentuccia tagliata a strisce sottili
Nonna Assunta si recava nell’orto con il suo paniere e raccoglieva le verdure necessarie a preparare il piatto riservato alle primizie. Intanto, tra sé e sé, si chiedeva da dove nasceva il nome vignarola e provava a darsi da sola la risposta. Ricordava le verdure provenienti, in anni passati, da una parte della vigna, quella piantata lungo la strada maestra, verdure che si trasformavano nel piatto preparato, con amore e dedizione, durante il lavoro nelle vigne.
Nonno Carlo, un bel giorno, al tempo della semina e della coltivazione, decide di fare un regalo alla sua signora, come era solito chiamarla nei momenti di tenerezza, e trovò sistemazione nell’orto, proprio vicino casa, alle verdure che avrebbero reso la tavola appetitosa e ricca di una novità in cucina, riservata alla bella stagione. In bell’ordine e in bella mostra le piantine crescevano e piano piano mostravano i loro preziosi frutti pronti a spostarsi in casa, per il piacere di una pietanza delicata da servire, in tempi passati, come primo piatto. Oggi può essere considerato un antipasto, un contorno o una squisita base per condire pasta o risotti.
Nonna Assunta non si fermava alla prima risposta, ma ne scovava, nei ricordi e nel sentito dire. La Vignarola le riportava alla mente la parola Vignarolo, nome proveniente dal dialetto romanesco. Si trattava dell’ortolano che si spostava in città portando frutta e verdura proveniente dalle vigne di Velletri e destinate ai mercati romani. Comunque sia, la tavola contadina, a primavera, si arricchiva di un piatto delicato preparato e gustato con prodotti di stagione provenienti dalle loro terre, dall’orto o dalla vigna. Ai tempi di nonna, il piatto era decisamente vegetariano, la pancetta era in genere esclusa.
La passione in cucina per la vignarola si rinnovava e si rinnova ancora oggi a ogni primavera, quando si risveglia la natura e la tradizione fa la sua parte. Le verdure si possono cucinare separatamente oppure in successione. Ma non finisce qui. Nei miei ricordi di bambina ritorna la magia della natura, di anno in anno riappare il ricordo, dalla semina al raccolto, al “viaggio” delle verdure verso casa, fino a giungere ai profumi, che si spandono nell’aria, e finiscono per allietare un mangiare sano e goloso al tempo stesso, conservando sapori e aromi di ortaggi provenienti da un orto miracoloso.
Sono le cose più semplici a darmi delle idee. Un piatto in cui un contadino mangia la
sua minestra, l’amo molto più dei piatti ridicolmente preziosi dei ricchi
Juan Mirò
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