Armando al Pantheon. La cucina romana oltre il tempo.
“Come se fossi appena giunto a Roma,
e trovassi una immensa città sotto la pioggia,
con quartieri sconosciuti e inconoscibili,
di cui si sanno leggende”. (P.P. Pasolini)
E pesco a piene mani tra i versi di chi come me, ancorché di ben altra statura, è forestiero a questa secolare città, per descrivere di Roma ogni bellezza e contraddizione endemica.
Per scoprire tutte le informazioni e le curiosità su Roma clicca qui.
Lasciata alle spalle via del Seminario, nel Rione Pigna, il passo subisce un rallentamento irriflesso. E non si tratta semplicemente di un cambio di calpestio, sconnesso dai sampietrini ormai centenari. Questo è l’ingresso in un crogiolo di idiomi e colori a cui non è mai assente una colonna sonora. Eppure, nonostante la massa popolare, il brusio che ne deriva è sempre dimesso, quasi prostrato. È indotto a muoversi in punta di piedi in una Piazza della Rotonda dominata da quell’antichità che ha osato sfidare le regole della fisica e dell’architettura; ma che non ha subito lo scorrere dei secoli, né il timore di ospitare le religioni che vi si sono succedute.
Roma è spesso luogo conosciuto, ma impenetrabile; come una bella cartolina ridotta a due uniche dimensioni spaziali. La sua anima più vera, la sua terza dimensione, resta celata nei rioni, nella luce che li attraversa, nelle trattorie che custodiscono fedeli le ricette di piatti che furono. In quei templi del bere e del mangiare che tanto raccontano e tanto sono stati raccontati.
È a pochi metri dal Pantheon, in Salita de’ Crescenzi, che una parte di quel racconto si svela: lì c’è Armando al Pantheon.
Claudio Gargioli ne è il cuore pulsante. Cuoco appassionato, scrittore, autore teatrale; studioso e conoscitore della cucina di Apicio, che già nel I secolo a.C. riassumeva ricette di piatti e salse tipiche dell’Antica Roma. Claudio Gargioli, insieme al fratello Fabrizio, sommelier e suo alter ego in cucina, ha saputo raccogliere l’eredità del padre Armando, che fondò l’omonimo ristorante nel 1961. Quell’eredità i due fratelli hanno saputo rinnovarla, come colonne portanti di un Pantheon tutto familiare, capaci di dare voce e spazio ad una nuova generazione Gargioli, rappresentata in sala da Fabiana, sommelier intuitiva e dal sorriso contagioso.
Con 55 anni di storia alle spalle è inevitabile parlare di come è stato Armando al Pantheon, dell’aria che si respirava in quegli anni. Quali sono i suoi ricordi?
C: “Beh, Armando al Pantheon nasce come piccola bottiglieria. La cucina sempre maiuscola; la tradizione romana rispettata in tutte le sue componenti. D’altra parte la famiglia di mio padre sembra risieda a Roma dal 1700. Mia nonna e le mie zie facevano della cucina una piccola arte. In fondo, all’epoca, poche erano le distrazioni e nella tavola, dove la famiglia si ritrovava c’era contenuto tutto l’amore, la storia, la gioia di stare insieme. Ecco, mio padre racchiudeva in lui tutte queste cose e le trasmetteva ai clienti.
Che più che clienti erano amici, compagni, amanti della cucina e del buon vivere. Certo, adesso un posto come era Armando al Pantheon sarebbe anacronistico: segatura in terra, gatto di casa, clienti che fumavano e parlavano ad alta voce come stessero al mercato. Certo non era il posto più tranquillo del mondo. Ma la qualità del cibo. La simpatia. Il sentirsi a casa. Solo da “Armando” lo potevi trovare. Ho scritto “Menù letterario tipico romano” proprio per rivivere certe sensazioni e raccontare i miei ricordi. E’ stato bello. Unico”.
Sono tanti i personaggi che hanno mangiato qui, da Dario Fo a Jean Paul Sartre a Baricco. Chi le ha lasciato i ricordi più importanti?
C: “Questa domanda la passo direttamente al mio libro. In lui sono racchiuse tutte le risposte”.
Fabiana, chi è e come è Claudio Gargioli?
F: “Papà l’ho sempre visto come un personaggio un po’ buffo, un po’ fantasioso, ma anche molto concreto. Un uomo dalle mille anime. Fino a 10 anni credevo che fosse uno scrittore: d’altronde lo vedevo sempre seduto alla sua Olivetti a scrivere. Il ristorante per me era il lavoro di nonno. Papà è un sognatore che ti spinge a sognare, ma ricordandoti di stare con i piedi per terra. Poi ha anche una sua vena insolente; mi ricorda molto una frase del film La Grande Bellezza: “La più consistente scoperta che ho fatto pochi giorni dopo aver compiuto 65 anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”.
E alla stessa domanda cosa risponde Claudio Gargioli? Scrittore, chef, drammaturgo. Chi è davvero?
C. “ A volte ho dei dubbi anche io sulla mia identità. Amo scrivere; molto, moltissimo. Amo cucinare, riscoprire la storia, attualizzare le ricette antiche. Stupire nel ricordare alla gente che è già stato tutto fatto. Ogni piatto, anche quello che sembrerebbe più moderno, ha un’origine, una storia. E’ proprio questa cosa che fa di una ricetta, un mito. Perché nel mito ci muoviamo; nel ricordo archetipo, ancestrale, che ci risveglia a sensazioni provate nella nostra memoria antica, nascosta. È questo che amo nel mio mestiere, nel mio essere. Io sono uno scrittore che per hobby fa lo chef”.
Oggi si parla di cucina ovunque e il cibo è l’attrattiva massima degli stranieri che guardano al bien vivre italiano; ma secondo lei quale è il futuro della cucina italiana?
C. “La cucina italiana è una grande cucina. Credo che il territorio sia il suo segreto. Un territorio variegato, un Paese che si è riunito in Nazione solo poco più di un secolo fa. Tanti staterelli, tante cucine, tante abitudini territoriali. Una natura bellissima da cui attingere a mani basse. Diamine, solo noi in Italia abbiamo la fortuna di usufruire di queste grandi risorse. Poi noi Italiani siamo fantasiosi, intelligenti, allegri. Ecco, io credo che, qualsiasi cosa potrà esserci nel piatto del futuro, sarà condito con la fantasia e l’allegria”.
Cosa pensate di questo momento mediatico in cui essere chef si è ridotto ad essere personaggio televisivo?
C. “Ognuno è quello che si sente di essere. Io sono un cuoco. Qualche volta la mia vanità mi ha fatto apparire anche come chef televisivo, ma io amo essere un cuoco. Un artigiano dentro la mia cucina. Degli altri non posso, né voglio dare giudizi”.
F. “Quando vedo queste trasmissioni mi viene l’ansia: “Con questi quattro ingredienti fammi un piatto in venti minuti”. Mi sembra una politica basata solo sull’estetica. E’ come al mercato, dove la gente compra le mele più rosse, senza chiedersi nient’altro. In realtà questo è un lavoro duro. A monte c’è una selezione decisa e scelte che sono importanti”.
Quindi gli chef televisivi non ti piacciono?
F. “Dipende. Quando va in televisione, starei ore a sentir parlare Massimo Bottura”.
Domanda “difficile”: Gambero Rosso. Quest’anno non c’è stata la riconferma dei tre Gamberi. Vi siete dati una spiegazione?
C: “Posso glissare? Francamente non lo so perché ci hanno tolto un gambero. Avranno avuto le loro ragioni. Speriamo di riguadagnarcelo il prossimo anno”.
F: “Spero solo abbiano tenuto presente la scelta e la tradizione che con fatica portiamo avanti qui dentro. Armando è un trattoria. Sì, ci sono tovagliati e calici da degustazione; ma è una trattoria storica, contraddistinta da sempre da una severa scelta delle materie prime e da una cucina autentica. La tradizione non si ferma ai piatti. Per stare in sala da noi dovresti prima conoscere i film di Magni e di Sordi, come in Nome del Popolo Sovrano… poi viene il resto”.
Fabiana, come è contemplata la carta dei vini in quella che tu definisci una trattoria?
F: “Con oltre 200 etichette. Vorrei dargli una bella limata e virare verso referenze meno conosciute per caratterizzare ancor più la nostra selezione. Oggi a fare il vino sono bravi tutti. Devi essere tu a scegliere e a capire se chi ha fatto quel vino è un imprenditore, un contadino o una famiglia di vignaioli da venti generazioni. I vini non devono essere “appiattiti” in cantina. Se ad oggi avessi la possibilità di visitare tutte le aziende che ho in carta, sono certa che qualcuna la toglierei sicuramente”.
Se ne aveste la possibilità, chi nominereste oggi ministro del cibo?
C. “Il ministro del cibo per eccellenza? Voglio essere un po’ blasfemo: Papa Francesco”.
Perché?
“Non lo so. Mi ispira. E forse lui non cadrebbe nella tentazione del peccato di gola”.
E mentre un Gabriele Bonci sembra cogliere i favori della sala, si esprime in maniera diversa la terza generazione Gargioli. Per Fabiana, Roberto Liberati, della storica bottega romana, potrebbe essere un ottimo moderatore, ma dalla grande sostanza. “Anche perché degli attuali uomini politici non ho molta fiducia”.
Claudio, ultimissima domanda. Dove consiglierebbe di andare a mangiare a Roma, escluso l’Armando ovviamente?
C. “Ho diversi amici in giro. Ma non posso fare torto a nessuno. I nomi? Me li tengo per me”.
di Raffaele Marini
Facilissimo da fare e gustoso da assaporare, il burro aromatizzato è quell'elemento fantasioso da aggiungere alle vostre…
Il mercato online dei vini e dei liquori in Italia si sta dimostrando il protagonista di una…
La combinazione di buon cibo e musica dal vivo è un'esperienza che coinvolge tutti i…
Per poter realizzare una torta di compleanno è fondamentale rispettare due requisiti: creatività e fantasia;…
In questo articolo potrei parlarvi di un posto bellissimo, Tignale sul lago di Garda, di…
Iniziare una dieta non significa privarsi completamente dei piaceri dolci, ma piuttosto scegliere con intelligenza…