Mi piace condividere certe mie ricette introducendole sempre con il valore e il ruolo che le stesse hanno per quel mondo e in quel luogo. Oggi sono in Grecia, a Mykonos.
Mykonos è la più In, la più trendy, la più chiassosa e la più provocatrice delle isole greche. Il vento che soffia dal nord, il mare meraviglioso e le spiagge incontaminate, l’hanno eletta già dagli anni ’50 l’isola del jet-set internazionale. Ancor prima gli stessi Greci, nell’antichità, l’avevano eletta baricentro intorno al quale tutte le altre isole sono il suo corollario, conferendo alla loro globalità un senso compiuto nel nome: Cicladi.
Ma Mykonos non è solo notti bianche, musica, trasgressione e feste.
C’è anche un’altra Mykonos: è quella dei Mykonioti, degli stanziali e di coloro che durante l’affollamento estivo, scompaiono come fantasmi vivendo una loro vita in una terra che prestano al turismo, ma che essi continuano a vivere alla loro maniera.
Se il turista, riesce a trovare un momento di intimità con se stesso e si guarda intorno, la prima cosa che balza ai suoi occhi sono le 1000 chiesette sparse per l’isola, nei punti più disparati, sui cocuzzoli dei bassi monti, sempre evidenti anche se dietro una roccia.
Perché? cosa rappresentano? Sono le Chiese, piccoli luoghi di preghiera che i Greci dedicano ai loro antenati, ai loro vecchi e al Santo del loro caro.
Così abbiamo: Aghia Sophia, Aghios Nikolaos, Aghia Paraskevi ecc perché nella religione ortodossa l’onomastico è molto più importante del compleanno e allora…
Quando ricorre la festa del Santo in questi luoghi, la cui costruzione è anche un’affermazione di benessere, si celebra con il Papas, i famigliari e i congiunti, una funzione religiosa. Questa “festa” si chiama in lingua greca Paneghiri. La funzione, come tutte le ritualità ortodosse, è lunghissima, può durare 2/3 ore e anche più. Ne segue l’aspetto conviviale, “mondano”, una sorta di ringraziamento solidale che si realizza nel ”kili”, la cena, con ogni ben di Dio.
Prima della recessione era una goduria partecipare (bisognava sempre essere invitati) e ci si ritrovava in mezzo a una folla festante ed allegra, che prendeva posto in questi grandi tavoli con le donne a portare a tavola.
In questa occasione ti sentivi coccolata da un popolo che ha fatto dell’ospitalità la base della vita comunitaria. Non c’è da meravigliarsi se vi sentirete più volte nella giornata augurare: buongiorno, buon mezzogiorno, buon pomeriggio, buona sera, buona notte, buona settimana il lunedì e, buon mese, ogni primo giorno dello stesso…
I Greci sono così: sono allegri, caldi, amano la convivialità e la musica, tanto che i loro pasti non son frugali, mai, e la loro tavola è sempre una tavolozza di un grande pittore culinario.
I mezedes, tipici di tutto l’oriente mediterraneo, sono fatti di tantissimi piccoli assaggini che ti permettono di stare tranquillamente seduto, dalle 11am alle 5/6 pm, chiacchierando e ridendo, e sempre, ovunque ti trovi, guardando il mare: tempus fugit…
Tra i mezedes, troviamo il baccalà fritto con skordalià. Il baccalà fritto e accompagnato da questa salsa è qualcosa di piacevole al gusto e si accompagna bene con i fritti di pesce e vegetali.
Acquistare un filetto di baccalà dissalato è meglio così da evitare l’ammollo per dissalarlo, sciacqua telo, verificate se è rimasta attaccata la pelle, toglietela e dividete il filetto in piccoli tranci di 4 cm.
Asciugate bene i pezzetti di baccalà e cominciate a preparare la pastella che dovete fare semplicemente con farina e acqua ghiacciata. La densità della pastella deve essere più lenta di una crema. E’ importante la sua vischiosità per fare un fritto croccante e leggero. Immergete i vari pezzi di baccalà e friggete.
La bontà di questo piatto e vi assicuro che vale la pena di provare è data dalla salsa skordalià. Questo termine deriva dalla parola skordo che in greco significa aglio.
Si lessano le patate, poi si scolano e si passano al passaverdure come fareste per una purea. Mettetele in una terrina in cui aggiungerete l’aglio (la quantità di spicchi dipende da quanto amate questo bulbo) tritato con il trita aglio e mescolate. Mescolando aggiungete l’olio, l’aceto (o il limone) e un po’ di sale (attenzione perché il baccalà, seppur dissalato, è sempre saporito). Ad ogni modo prima di servirlo, assaggiatelo per aggiustare il sapore.
Per rendere l’aglio meno forte io consiglio di togliere l’anima.
Può creare qualche perplessità questo piatto pensando a qualcosa di forte, ma vi assicuro che se seguite con attenzione quanto vi ho scritto, scoprirete un piatto nuovo, saporito e per giunta antibatterico.
La salsa può essere usata con il pesce fritto, le melanzane e le zucchine fritte. Una vera delizia!
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