Bruno Barbieri, dalle stelle Michelin a Masterchef: chi è e qual’è il segreto del suo successo.
Masterchef lo ha consacrato come star per il grande pubblico. Nonostante gli otto chili che gli lascia in regalo ad ogni edizione. Ma la fama internazionale nell’Olimpo della cucina l’aveva già toccata con le sue sette (dico 7!) Stelle Michelin. Prima di lui solo Gualtiero Marchesi era stato in grado di arrivare a tanto. E poi televisione, libri, consulenze e formazione, in Italia e all’estero. Signori: Bruno Barbieri!
Accolto tra due ali di fans che manco Bono Vox degli U2, arriva con oltre trenta minuti di ritardo il giudice bolognese di Masterchef. Nell’unica tappa del suo Franke-Tour in terra di Tuscia ospitato nello show room Orsolini, occasione più unica che rara. Un sens of humor come solo l’Emilia sa regalare. Look minimal e occhiale da nerd che fa tendenza. Da vicino è esattamente come appare in tv, solo molto più loquace e divertito, nonostante il guizzo tenace di uno che non molla.
“Fare lo chef in Italia è una medaglia che ha due facce: è sicuramente facile perché in Italia siamo due spanne sopra. Abbiamo i migliori ingredienti e la più bella tradizione gastronomica al mondo. Ma allo stesso tempo è un mestiere molto difficile, perché nelle nostre case tutti sanno cucinare e tutti hanno un minimo di cultura culinaria. Quindi, se vuoi lasciare il segno, devi essere davvero straordinario”.
Ma allora, vale solo la cucina italiana?
“Ma assolutamente no! Io ho sempre fatto una cucina contaminata da altri stili, da altri sapori e non poteva essere altrimenti. La mia storia professionale inizia sulle navi da crociera, in un’epoca in cui il riferimento era la Francia. Uno chef, soprattutto oggi, deve avere lo sguardo rivolto verso mille orizzonti diversi. Deve essere stimolato da mille interessi, perché la cucina è un mondo che corre a mille all’ora e che non perdona chi rimane fermo al palo del suo piccolo orto, per quanto comodo e rassicurante possa essere”.
Quindi per diventare uno chef di successo, rotta obbligata verso l’estero? Solo così viene fuori il vero talento?
“Se dovessi dare un consiglio a chi si avvicina a questo mondo, direi di iniziare la gavetta in Italia. Da Bolzano alla Sicilia, il nostro Paese sa raccontare una storia infinita di ingredienti, di tradizioni, di territori che uno chef ha l’obbligo di conoscere. Dopodiché c’è il salto all’estero.
Certamente però, questo non è di per sé garanzia né di talento, né di successo. Il talento ti appartiene come indole dalla nascita, lo vedi nella manualità, nella capacità di sposare sapori, odori. Puoi esercitarlo, arricchirlo con la conoscenza del mondo, disciplinarlo con l’acquisizione della tecnica. Ma averlo o non averlo è il filo sottile che divide chi sa cucinare da uno chef di successo”.
A proposito di successo, sette Stelle Michelin, ristoranti in Italia e nel mondo, Masterchef, Junior Masterchef Italia, almeno dodici libri di cui l’ultimo, “Cerco sapori in Piazza Grande” appena pubblicato, è già un must have.
Sembra aver scoperto la formula per trasformare in oro tutto ciò che tocca. Può svelarci il segreto del suo successo?
“Partiamo da una regola che è alla base di tutto: il successo non è mai merito di uno solo. In cucina lavora una brigata intera, e il mio successo dipende dal successo della brigata. Dalla sua coesione, dalla sua capacità di ascoltare e saper riprodurre. Ma se guardo indietro verso il filo che ha ricondotto tutta la mia vita professionale, quello che riconosco come il vero segreto del mio successo è uno solo: non ho mai dimenticato le mie origini.
Nonostante tutto io sono rimasto quello che ero. Forse oggi vivo solo un pò più in casa, ma le mie origini sono sempre lì. Sono nei mercati di piazza che frequentavo e che ho voluto riproporre nel mio ultimo libro. Alla ricerca di ingredienti e di suggerimenti, sono nei sapori e negli odori che ho annusato in famiglia e che mi porto dietro come una coperta di Linus. Sono nell’umiltà con cui ho voluto ascoltare tutto quello che mi girava intorno nei primi anni della mia formazione e della mia carriera. Sì, non ho dubbi, il mio successo sono le mie origini… oltre ad una buona dose di fortuna!”
Della cucina sembra si sia ormai raccontato tutto, cosa ci aspetta nel futuro?
Il futuro sta nel ritorno al passato. La riscoperta della tradizione, dei sapori dimenticati: le frattaglie; quelle carni bianche che sono la storia delle famiglie italiane e dei pranzi della domenica. I sapori forti delle animelle, della faraona… Insomma tutto ciò che ha tracciato il filo della gastronomia italiana, perché ogni sperimentazione nasce dalla conoscenza della tradizione. Solo chi conosce la storia può reinterpretarla”.
Grazie Bruno ed in bocca al lupo per il futuro!
di Tamara Gori
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