La situazione in italia: il PIANO D’AZIONE della Commissione Europea, “FARM TO FORK”, UNA STRATEGIA “DAL PRODUTTORE AL CONSUMATORE” PER UN SISTEMA ALIMENTARE EQUO, SANO E RISPETTOSO DELL’AMBIENTE, approvato lo scorso 20 maggio 2020, offre lo spunto per alcuni approfondimenti che fanno da corollario al piano stesso. Il Piano di Azione Farm to Fork, Economia circolare e, incidentalmente, la lotta agli sprechi alimentari fanno infatti parte delle politiche di sostenibilità promosse dall’Unione Europea negli ultimi anni.
Nel dicembre 2015 la Commissione ha pubblicato la Comunicazione COM(2015) 614 final, “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione Europea per l’economia circolare”, prevedendo impegni relativi all’intero ciclo di produzione di prodotti e servizi (progettazione, produzione, dinamiche di consumo, gestione dei rifiuti) identificando i settori considerati prioritari su cui intervenire, tra cui i rifiuti alimentari e identificando pertanto le azioni di supporto, tra cui la spinta per l’innovazione e gli investimenti, e la verifica dei progressi compiuti (entro il 2023, i dati forniti dagli stati membri in base a tale metodologia saranno esaminati dalla Commissione al fine di valutare l’inserimento di un target sullo spreco alimentare al 2030)
Sul lato consumo, il Piano d’azione, riconosce un ruolo fondamentale alla consapevolezza dei cittadini rispetto agli impatti dei prodotti che consumano.
Le linee d’azione previste in questa direzione riguardano prevalentemente le informazioni sui prodotti, tra cui: la verifica dell’attendibilità delle diverse etichette ambientali (o etichette verdi) a oggi utilizzate dalle imprese; la revisione dello schema di etichettatura volontaria ECO-LABEL, con l’aggiunta di informazioni relative al contributo all’economia circolare; il sostegno allo sviluppo di uno standard metodologico di misura delle prestazioni ambientali di prodotto attraverso l’impronta ambientale.
Nel contesto delineato, assume pertanto una centralità strategica la lotta ai rifiuti alimentari e più in generale, allo spreco alimentare.
Si tratta, infatti, di una problematica d’importanza globale che comporta, allo stesso tempo, importanti implicazioni di natura sociale, ambientale ed economica.
Secondo uno studio condotto dalla FAO (Global food losses and food waste, 2011), circa un terzo della produzione mondiale di cibo destinato al consumo umano viene sprecato o buttato.
In termini ambientali, gli alimenti che, successivamente al raccolto, vengono persi o sprecati lungo la filiera consumano circa un quarto di tutta l’acqua impiegata dall’agricoltura ogni anno e necessitano di una superficie coltivata della grandezza della Cina (FAO 2013. Food Wastage Footprint & Climate Change).
La Commissione EU ha pertanto inserito i rifiuti alimentari tra i flussi prioritari del Piano d’Azione sull’economia circolare, sollecitando l’attuazione di azioni a sostegno della lotta contro lo spreco alimentare e del conseguimento dell’obiettivo 12.3 di sviluppo sostenibile al 2030 dell’ONU, teso a dimezzare gli sprechi alimentari pro-capite, dettando le azioni che possono essere intraprese a sostegno della riduzione dei rifiuti alimentari: la prevenzione, la donazione e la trasformazione in mangimi per animali.
Gli stati membri devono pertanto definire programmi specifici di prevenzione dei rifiuti alimentari nell’ambito dei programmi nazionali di prevenzione dei rifiuti, devono essere inoltre incoraggiate le donazioni di cibo e altre tipologie di ridistribuzione alimentare dando priorità all’utilizzo umano rispetto ai mangimi e alla trasformazione in prodotti non alimentari.
Nel 2015 è stato infatti emanato il Piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare (PINPAS) che si pone l’obiettivo di individuare le azioni prioritarie per la lotta allo spreco alimentare;
Nel 2016 è stata approvata la legge n. 166/2016 recante “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale per la limitazione degli sprechi”, al fine di agevolare:
Tra le novità introdotte dalla legge, anche alcune definizioni che puntano a garantire la sicurezza e la consumabilità dei cibi, chiarendo in modo definitivo le caratteristiche degli alimenti e il modo in cui devono essere mantenuti prima di venire redistribuiti: i cibi freschi o cotti devono infatti soddisfare determinati criteri di conservazione (ad esempio attraverso l’utilizzo dei frigoriferi), mentre i prodotti con Tmc (Tempo minimo di conservazione), riconoscibili dalla dicitura ‘da consumare preferibilmente entro…’ possono essere consumati e donati subito perché le loro caratteristiche non subiscono alterazioni dopo la data indicata sull’etichetta.
Dall’analisi della legge sorgono anche questioni sulla correttezza della conservazione che riguarda tutta la filiera, risultando necessario recuperare in modo più professionale rispetto a prima.
A distanza di quattro anni dall’approvazione, si possono effettivamente riscontrare i primi risultati: in base ad una recente ricerca condotta dall’Associazione CODICI (Associazione maggiormente rappresentativa degli utenti e dei consumatori ex art. 137 Codice del Consumo), per conto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (nell’ambito dei progetti MISE per la promozione e tutela degli interessi e diritti degli utenti e dei consumatori) sono stati verificati gli effetti della legge 166/2016.
Nel corso degli ultimi anni, le eccedenze donate dalla grande distribuzione hanno registrato un incremento del 20%. Non poco, se si considera che i calcoli vanno fatti su migliaia di tonnellate di alimenti.
Per avere un’idea della mole di cibo recuperato a fini sociali, basti pensare che la sola Coop Italia ha donato per 26 milioni di euro equivalenti a sette milioni di pasti-. Al dato della grande distribuzione va poi aggiunto il +65% delle donazioni di altre realtà più piccole.
E’ chiaro la legge 166/2016 ha messo in moto un meccanismo virtuoso che incentiva il recupero degli alimenti ancora buoni da parte delle associazioni di volontariato, promuovendo un uso consapevole delle risorse, anche grazie alla semplificazione delle pratiche burocratiche per il recupero del cibo e alle agevolazioni fiscali destinate ai donatori.
Parimenti, è anche necessario formare i cittadini che non sempre sanno come si conservano correttamente i cibi in frigorifero, col rischio di buttare ciò che, se ben mantenuto, non viene sprecato.
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