Il Popolo romano ha sempre riservato una particolare predilezione per questo Santo già in epoca antica, infatti molte Chiese sono state erette in suo onore e, fino a pochi anni fa, molti neonati venivano battezzati con il suo nome. Protettore dei falegnami, a Roma e in tutto l’alto Lazio, è venerato anche come San Giuseppe ”frittellaro”. Le celebrazioni del 19 marzo hanno origini antichissime e forse pagane, perché la data corrisponde alla vigilia dell’equinozio di primavera quando appunto si svolgevano gli antichi riti dionisiaci di propiziazione e fertilità.
La festa cattolica ha, però, origini orientali e viene importata in Occidente solo nel XV sec e festeggiato, appunto il 19 marzo, come San Giuseppe patrono della Chiesa Universale per decisione del Papa Pio IX. In seguito sarà il giorno 1 maggio dedicato a San Giuseppe lavoratore da Papa Pio XII. A Roma, nella Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, al Foro, la Confraternita dei Falegnami organizzava, infatti, solenni festeggiamenti e banchetti a base di frittelle e bignè, da cui il detto romano “San Giuseppe frittellaro”. La tradizione nell’800 era talmente radicata nel popolo che molti poeti come il Belli dedicarono poesie, fino alla più recente preghiera, negli anni ‘50 di Checco Durante a “San Giuseppe frittellaro “. Come nasce l’usanza di fare frittelle? La nostra fantasia troverà un’intera letteratura e starà a noi dare credito alla più giusta, leggendaria e curiosa… Tant’è! In tutto l’Alto Lazio e Viterbo, le frittelle in questi giorni fanno da padroni. Ogni casa ha la sua ricetta, con i suoi segreti e ognuno ritiene che le sue frittelle sono le originali e migliori.
Io propongo una ricetta che mi è stata suggerita, come “l’autentica”, da una anziana signora e che mi sembra abbia riportato successo tra i miei amici.
Cerco di dare un dosaggio ai vari ingredienti, perché, essendo un dolce semplice e che ha subito modifiche nel tempo e nel gusto, si è trasmesso più con gli occhi e con l’esperienza di chi ha visto e provato.
Prima fase
Cuocete al dente il riso nel latte fino a che il liquido non sarà del tutto assorbito mescolando spesso per non far attaccare il riso al fondo. Lasciate raffreddare su un piatto mescolando di tanto in tanto.
Seconda fase
Sbattete le uova intere, unite lo zucchero, la ricotta, il rhum, la buccia di un limone grattugiata, l’uva sultanina. Quando il riso si sarà freddato aggiungetelo al composto e amalgamate unendo la farina e il lievito.
Fate scaldare in una padella abbondante olio Extra Vergine d’Oliva della Tuscia (per i più tradizionalisti, è la “conditio sine qua non“) con 2 chiodi di garofano e, aiutandovi con due cucchiai, fate friggete piccole porzioni di impasto. Quando saranno ben dorate, lasciatele asciugare nella carta assorbente e spolveratele con lo zucchero e la cannella. Servitele ancora tiepide.
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