Sapori della Mente

Interferenze

La struttura fa riferimento ad alcuni testi che sono alla base dello svolgimento e sono fatti intersecare automaticamente secondo un’alternanza e una regolarità prestabilite, facendo altresì collimare sintatticamente i punti di interferenza.

Vite di golosi1
di Ermanno Cavazzoni

Il golosissimo Baldi Carlo, detto tra i postini “indicativo imperfetto”, ingurgitava la posta europea come fosse omogeneizzato alla frutta. E diceva ai colleghi: «Spazzate via le vecchie abitudini».

Mario Magnani, detto “bassotto” per la sua statura tarchiata, era particolarmente ingordo di minestra di latte composta. Nella sua dimora di Reggio Emilia ne preparava una dose per 8-10 persone: metteva il burro al fuoco e appena squagliato versava la farina, mescolava e quando cominciava a prender colore, versava il latte poco per volta. Faceva bollire alquanto, poi ritirava il composto dal fuoco e lo condiva aggiungendo le uova per ultime, quando era già diaccio. Cuoceva poi il tutto a bagnomaria come la minestra di semolino. Divorava la minestra senza neppure servire nel piatto di portata. Il cibo era per lui il primo oggetto di sessualità.

Franco Prattico divenne famoso in tutta la Spagna per la sua ingordigia, tanto che per una prodigiosa modificazione genetica si adattò progressivamente agli insetticidi. Un giorno, a Puerto de Santa Maria, inghiottì un annuncio stampa pubblicitario su droghe e piante medicinali ricoperto di sugo di carne. Da quel giorno ripeteva spesso: «Soffri e sii grande».

Mario d’Abadessa detto “il bifolco” per la violenza del suo appetito, ebbe i primi attacchi a una seduta del Parlamento napoletano, dove mangiò uova gratinate alla panna, accompagnate dalla spagnuola. Per preparare la spagnuola prese un petto di pollastra, lo tagliò a pezzettini e lo mise a cuocere nel burro a fuoco lento, aggiunse midolla di pane, due rossi d’uovo e noce moscata; poi gettò tutto nell’olio bollente fino ad ottenere una mistura bastevole per 10-12 persone. Accompagnò il tutto bevendo zuppa di pane all’uovo. Prima di mangiare era evidente nei suoi discorsi un eccesso di concisione che dopo pranzo si trasformò in cistite psicogena.

Hernando de Acruna, poeta di Monaco, è conosciuto tuttora per la sua golosità. Un giorno si trovava a Valladolid su un aliscafo e, mentre si ripassava le piume, fu preso da uno dei suoi attacchi di fame; fu così che tirò fuori l’accendino, lo fece a pezzi con la squadra a battente da tecnico che portava con sé e lo divorò. Alla fine del pasto benché fosse stato di suo gradimento, affermò di sentirsi l’acqua alle gambe. «Capisco – disse – che l’automobile è la mia unica cura».

Alberto Attolini era detto “caciarone” per il rumore che faceva mangiando; cominciò a vedere insetti da quando, all’Opera di Parigi, mangiò per ingordigia brodo di pollo con legumi cotti nel brodo, bevendo due litri scarsi di brodo. L’ingordigia che lo assaliva prima del pranzo, una volta ingerito il brodo diveniva eonismo, ossia tendenza al travestimento. «Scegliete una volta sola ma scegliete bene», era la frase che lo ossessionava durante i pasti.

Grazia Margada era conosciuta in tutta Napoli come “Zampa Burrata” per la sua golosità per tale pietanza. La sua ingordigia la spinse nel gennaio 1950 a preparare per cena un buon pezzo della sua sorellina cara: lo lessò, lo disossò, lo tagliò a pezzettini e lo mise sul fuoco con burro, sale e pepe. Poi aggiunse un po’ di sugo ottenuto da un paio di anfibi. Dopo aver levato il tutto dal fuoco, amalgamò l’impasto con un pizzico di piombo. Dopo cena si sentì però pervadere da uno strano senso di alienità.

Giacomo Savarese aveva l’aria di uno spettro gigantesco. Dopo un anno di vita nel Tibet dove divorava un’alzavola, cioè un’anitra selvatica, al giorno con aglio, carote, sedano e prezzemolo, patì un’essudazione nervosa. Rimase però goloso di brodo di pollo; e si credeva Epicuro, sostenendo che il piacere era lo scopo dell’uomo. Perciò ripeteva: «Chi studia mangia galline e chi non studia mangia lupini». Visse così fino a quarantadue anni.

Giuseppe Gianninoto, nato a Milano il 15 settembre 1864, era un signore piuttosto grasso, piccolo e privo di forme ben delineate, infatti era soprannominato “cuboide”. Nonostante avesse un’indole da budino, debole, sprovveduto e molliccio, pensavano di lui che fosse un adulatore. Giuseppe Gianninoto faceva l’allevatore, addestrava cani e altri animali, e la sua iperfagia talvolta lo portava a cibarsi proprio degli animali da lui allevati. «…la mia unica spina nel fianco», era infatti solito ripetere.

Giuseppe Gianninoto, grasso, piccolo e cuboide, una volta, in preda alla fame, andò fino in Sicilia per mangiare agnello alla scottadito. In riva al fiume Belice, nei pressi di Selinunte, incontrò Casoli Valerio che cominciò a rincorrerlo. In preda al panico Giuseppe Gianninoto si buttò nel fiume per inspirare acqua dal naso ed emettere preghiere dallo stomaco. Ma il Casoli riuscì a colpirlo ripetutamente sul cranio con un lungo ramo di lavanda. Giuseppe continuava a ripetere: «Còlto in castagna».

Ideo Tamagnini, goloso in conseguenza di una mutazione genetica, fu afflitto dal pesante nomignolo di “asino”. Recatosi in un ospizio del Gran San Bernardo per sfuggire a occhi maliziosi, cominciò a mangiare pasticcio di vitello e pernice con arrosto, e a bere un battericida all’eucalipto. Soffrì in un primo momento di enuresi; dopo alcuni pranzi il male scomparì e fu sostituito dall’anoressia. A riguardo Tamagnini ripeteva spesso: «Durerà ancora cinque anni».

Emore Cottafava, nato il 2 agosto 1915 a Trieste in via Asseverati 28, si dice che fosse un edonista; infatti era soprannominato “salmone bollito” perché riceveva ogni genere di piacere facile e immediato, ad esempio i cannelloni alla laziale. Amava inoltre inalare le ondate di caldo provenienti dal pollo fritto, e ripeteva: «Arriva ad ondate». Morì il giorno di Pentecoste.

1 Ermanno Cavazzoni, “Vite di golosi”, in Le leggi della tavola. Regole per tutti i gusti (“Biblioteca Oplepiana” n° 29, 2009, pp. 36-39).

Testi utilizzati per le interferenze automatiche:

  • G. Oberosler, Il Tesoretto della cucina italiana, Hoepli, Milano,1947;
  • Elenco telefonico di Reggio Emilia (2000);
  • Capire l’antifona, (a cura di Giovanna Turrini, Claudia Alberti, Maria Luisa Santullo e Giampiero Zanchi, Zanichelli, Bologna, 1995);
  • Manuale di Anatomia (1905);
  • Enciclopedia Garzantina Universale (Garzanti, Milano);
  • Trattato di psicopatologia sessuale.

Si ringraziano gli studenti dell’«Università del Progetto» per la collaborazione.

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Jeu de mots/Jeu d’esprit – Menù di San Silvestro
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Raffaele Aragona

Raffaele Aragona (Napoli), ingegnere, ha insegnato Tecnica delle Costruzioni all’Università di Napoli “Federico II”. Giornalista pubblicista, ideatore e promotore dei convegni di caprienigma, è tra i fondatori dell’Oplepo. Per la “Biblioteca Oplepiana” ha scritto La viola del bardo. Piccolo omonimario illustrato (1994) e molti altri lavori in forma collettanea. Autore di Una voce poco fa. Repertorio di vocaboli omonimi della lingua italiana (Zanichelli, 1994), ha curato per le Edizioni Scientifiche Italiane, i volumi: Enigmatica. Per una poietica ludica (1996), Le vertigini del labirinto (2000), La regola è questa (2002), Sillabe di Sibilla (2004), Il doppio (2006), Illusione e seduzione (2010), L’invenzione e la regola (2012). Sono anche a sua cura: Antichi indovinelli napoletani (Tommaso Marotta, 1991, ried. Marotta & Cafiero, 1994), Capri à contrainte (La Conchiglia, 2000), Napoli potenziale (Dante & Descartes, 2007) e il volume Italo Calvino. Percorsi potenziali (Manni, 2008). Ha pubblicato il volumetto Pizza nella collana “Petit Précis de gastronomie italienne” (Éditions du Pétrin, Paris, 2017). È autore di due volumi per le edizioni in riga (2019): Enigmi e dintorni e Sapori della mente. Dizionario di Gastronomia Potenziale. Il suo Oplepiana. Dizionario di letteratura potenziale è pubblicato da Zanichelli (2002).

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