Sapori della Mente

Jeu de mots/Jeu d’esprit – Menù di San Silvestro

Il jeu de mots è, in generale, un gioco fondato sulla manipolazione delle parole (nelle lettere che le compongono, sul significante, cioè, o nella loro sonorità); in particolare può consistere nel creare due parole o due frasi omofone aventi un diverso significato, con un risultato a volte divertente, o anche nell’equivoca costruzione di una frase. È un divertissement verbal.

Il jeu d’esprit gioca invece sulle idee, sul significato e ha come obiettivo quello di far ridere, non come il jeu de mots che non ha lo stesso intento primario e resta un’attività gratuita, cioè senza funzione.

L’anagramma è il filo conduttore di questo menu di Stefano Bartezzaghi che, però, comprende tanti altri giochi verbali e comprende tanti altri giochi di parola, non soltanto d’àmbito enigmistico.

Menu di San Silvestro1

La prima e più ovvia accortezza per l’esito giocondo di un cenone di fine anno è quella di anagrammare l’intero menu (menu = nume), ed è ciò che appunto faremo di séguito, associando per sovrammercato il giusto giuoco di conversazione a ogni piatto. Ne uscirà un capitolo di bon ton. Nessuno scambio, perché ormai siamo in vacanza, l’anno sabbatico va a finire.

1 Stefano Bartezzaghi, Anno sabbatico, Bompiani, 1995, pagg. 337-340.

D’aperitivo: divori pâté. La suocera di Alberto Savinio chiamava “appetitivo” l’ “aperitivo” (la cognata invece sognava soggiorni alle “Balneari”). Siamo dunque nella zona delle etimologie popolari, o delle false etimologie. L’aperitivo, come qualcuno sa, apre più che appetire e, con appetibili false etimologie, potrete aprire il vostro cenone. Nel 1991, per esempio, la gentile Paolisa Nebbia (Torino) mi scriveva una lettera condita con “mostardua” (= salsa a base di senape, di difficilissima preparazione), di “Mosé” (con accento acuto: “personaggio biblico scandaloso”) e di “Voltaire”: “unità di misura dell’Illuminismo”. I vostri ospiti non saranno da meno, e si appetiranno spalmando nuove etimologie false, shakerando radici e desinenze.

Antipasto, o piatto sano. Ilgioco di parole più prossimo all’universo degli affettati è indubbiamente la sciarada (…). Si tratta di tranciare una parola per ottenerne altre due. Nella “Posta in gioco”1 io ho cercato sciarade che racchiudessero due parole di senso opposto. Fra gli esempi di interesse enogastronomico, c’è un’ apritura, facilmente divisibile in apri e tura (la bottiglia); c’è un fornello (fôr nello: fuori e dentro); c’è un’orgia (or e già). Ma nulla vieta, e tutto consiglia, di giocare alle sciarade prescindendo dalle opposizioni di significato, e riportando il gioco al suo significato originario. I vostri ospiti non mancheranno di notare come nello stesso antipasto convivano spalla a spalla Antipa (nel senso di Erode) e Sto (nel senso di Sergio Tofano).

1 “La Posta in gioco” è la rubrica tenuta da Stefano Bartezzaghi su Tuttolibri de La Stampa (N.d.C.)

Primo: rompi. Abbiamo menzionato Erode Antipa e ricordiamo anche un’attività in cui quell’indimenticabile tetrarca eccelleva: la decapitazione. Una versione meno cruenta della stessa operazione l’hanno data gli enigmisti italiani di fine Ottocento. Ne parliamo al momento dei primi piatti, perché si tratta di mozzare la prima lettera di una parola. Il gioco è attualmente praticato sotto il nome di scarto iniziale, ma allora si chiamava decapitazione (e lo scarto centrale si chiamava sventramento, amputazione lo scarto finale). Per esempio, da primo si passa a rimo (io rimo, tu rimi, egli rima); poi si può proseguire con imo, con mò, e finire con o (vocale, disgiunzione o, a piacere, zero). Con analoghe decapitazioni si passa dai càlici alle alìci, dalle trenette alle mele renette, dai frutti alle prove della digestione. Con il procedimento inverso (“aggiunta iniziale”) si può partire con un arpione e tornare con un carpione.

Pietanza: pazienta. Si cambia il piatto, si cambia una lettera. Volete Risi o Bisi? Carne o carpe, arance o trance, vinelli o vitelli, mangiare la minestra o saltare la finestra? Ogni cambio trovato, un punto a favore: due se entrambe le parole sono di argomento mangereccio.

Contorno: non corto. È il trionfo della lenticchia, e del suo vorace profeta: se ne fate il nome, allora Esaù dite (= “esaudite”). Il gioco è quello del monoverbo a frase, e chiede di trovare in una singola parola non più due parole autonome (come nella sciarada), ma due o più parole sintatticamente collegate in una frase. Esempi:

Sto fermo con la coda: nondimeno (non dimeno)
Dio del cielo: insulare (in sù, lare)
Cattiva all’inferno: ingiuria (in giù, ria)
Che tempo fa?: climax (clima x)
Ciò che mingo: questurino (quest’urino)

Sul piano dei commestibili, restiamo nella zona delle lenticchie di Esaù con il sesamo (“Era Narciso: sé s’amò”); in zona cenone con i vittimisti di Marco Morello (Castiglione, To): (“Menù variati: vitti misti”); in zona fritture con l’immortale timpano di Fulvio Riva (Segrate, Mi): “Sei la mia cotoletta: t’impàno”. Da Capodanno possiamo ricavare qualcosa come: “Faccio matto il re: capo dànno”.

Frutta esotica; atroce, ti stufa. Sulla banana, ci sono abbastanza giochi a Dicembre, sotto il titolo di “Banana split”.

Desserts. Letti al contrario, in inglese e al plurale, dànno stressed. Tutti i giochi che ribaltano le parole vanno ovviamente bene a Capodanno, quando ogni zia augura: “Buona fine e buon inizio”. Il gioco enigmistico più compromesso con l’inizio e la fine delle parole dovrebbe essere l’antipodo. I vostri ospiti si accorgeranno che cenone è un “antipodo palindromo”, poiché si può tenerne fermo l’inizio (c-), leggere il resto a partire dalla fine (-enone) e ritrovare così, intatto, il cenone di partenza. Il trucco è facile per molte parole di due sillabe (cene, mele, pere, vini, rapa, manna, botto, sette belle fette di pollo, lesse). Un po’ meno facile con parole più lunghe.

Infine, anche nell’anno sabbatico, arriva l’ora dello Spumante.Dico l’ora ma dovrei dire il minuto, anzi il secondo. Nel tentativo, nevrotico ma fatale, di far coincidere l’esplosione del tappo con lo scoccare della mezzanotte, vi può aiutare un piccolo schema, di quelli che in enigmistica si chiamano “incastri”. Oltre alla bottiglia si tratta, per così dire, di stappare anche il nome dello sPUMante. Presto, ci siamo. Dal centro della parola parte una detonazione allegra: PUM. A voi resterà in mano l’augurale (à la) santé.

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Raffaele Aragona

Raffaele Aragona (Napoli), ingegnere, ha insegnato Tecnica delle Costruzioni all’Università di Napoli “Federico II”. Giornalista pubblicista, ideatore e promotore dei convegni di caprienigma, è tra i fondatori dell’Oplepo. Per la “Biblioteca Oplepiana” ha scritto La viola del bardo. Piccolo omonimario illustrato (1994) e molti altri lavori in forma collettanea. Autore di Una voce poco fa. Repertorio di vocaboli omonimi della lingua italiana (Zanichelli, 1994), ha curato per le Edizioni Scientifiche Italiane, i volumi: Enigmatica. Per una poietica ludica (1996), Le vertigini del labirinto (2000), La regola è questa (2002), Sillabe di Sibilla (2004), Il doppio (2006), Illusione e seduzione (2010), L’invenzione e la regola (2012). Sono anche a sua cura: Antichi indovinelli napoletani (Tommaso Marotta, 1991, ried. Marotta & Cafiero, 1994), Capri à contrainte (La Conchiglia, 2000), Napoli potenziale (Dante & Descartes, 2007) e il volume Italo Calvino. Percorsi potenziali (Manni, 2008). Ha pubblicato il volumetto Pizza nella collana “Petit Précis de gastronomie italienne” (Éditions du Pétrin, Paris, 2017). È autore di due volumi per le edizioni in riga (2019): Enigmi e dintorni e Sapori della mente. Dizionario di Gastronomia Potenziale. Il suo Oplepiana. Dizionario di letteratura potenziale è pubblicato da Zanichelli (2002).

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