07In questi giorni alla regione Puglia si susseguono gli incontri con i rappresentanti dei frantoi oleari per la piena attuazione della legge n.9 sui mastri oleari che sembra finalmente in dirittura di arrivo. Inoltre l’Aifo (associazione dei produttori di olio) si prepara ad una rinnovata iniziativa sull’olio artigianale denunciando lo Stato italiano per non essersi attenuto alla sentenza della Corte Europea del 1977 a proposito della distinzione tra l’attività agricola e quella di trasformazione dei prodotti agricoli.
Il mastro oleario è come l’atleta che deve migliorare le sue prestazioni potendo contare solo sulle sue energie, che aumentano con l’allenamento e non con il doping. Il mastro oleario può contare sulla sua competenza e sulla qualità tecnica e tecnologica del suo frantoio artigiano. Il mastro oleario, grazie alla sua competenza, può ottenere olio extra vergine di oliva partendo da olive selezionate per varietà, qualità, grado di maturazione e stato sanitario. Il mastro oleario, se rispetta le norme di buona tecnica, può ottenere un olio di qualità superiore estratto dalle olive con l’uso esclusivo di mezzi meccanici, come richiede la legge. Il mastro oleario non può e non deve ricorrere alla chimica, o a metodi e mezzi fraudolenti, per far rientrare l’olio di bassa qualità in una categoria superiore, come quella dell’extra vergine: non può usare il doping nè ha interesse a farlo, per le sue piccole dimensioni produttive. Meglio lavorare bene per poter vendere il proprio olio di qualità a 15 -20 euro al litro che spacciare olio di oliva da 3 euro al litro per extra vergine. Solo se si commercializzano migliaia di tonnellate di olio d’oliva si può avere interesse a farlo.
Per dare il giusto valore al proprio olio bisogna informare il cliente sulle caratteristiche e sui pregi del proprio olio. Il presupposto è che ci sia una corretta informazione. Entrando nei locali dove si vendono oli d’oliva, e leggendo le etichette, si nota subito una grande differenza tra le semplicità descrittiva delle etichette degli oli extra vergine di oliva della grande industria, con denominazioni sintetiche ed accattivanti, e la ridondante abbondanza di informazioni delle etichette dei Produttori tra cui mancano però informazioni salutistiche e sensoriali necessarie ai Consumatori. Credo che ciò avvenga per carenza della normativa europea.
Nel caso dell’olio extravergine di oliva (ad link) gli aspetti salutisti e nutrizionali sono quelli di origine naturale, dovuti alla presenza di: antiossidanti (principalmente polifenoli e tocoferoli/vitamina E); di acidi grassi mono-insaturi (acido oleico=omega 9) e poli-insaturi (ac.linoleico=omega 6 e linolenico=omega 3) che aiutano a mantenere normale il livello di colesterolo LDL nel sangue.50
Leggendo le etichette di alcuni oli di semi e di grassi alimentari si nota che gli effetti salutistici sono spesso dovuti all’aggiunta di composti tra cui la vitamina E e non alla sua presenza naturale. I miracoli della chimica raggiungono vette di eccellenza nel caso di condimenti, simili al burro, che vengono definiti “burro light” solo perché non contengono grasso, oltre l’80% come il burro, bensì acqua sino a quasi il 60% in peso!!! Grazie ad una sapiente formulazione a base di emulsionanti, tra cui una categoria imputata di causare reazioni allergiche (E 476). Il tutto reso gustoso e aggiustato con sale, conservanti, coloranti e aromatizzanti: si tratta, in sintesi, di una spugnetta sintetica imbevuta di acqua, con un po’ di grasso, da consumare preferibilmente a crudo (a caldo si disfa?). Con il risultato che il poco grasso contenuto (da cui il termine “light”) viene venduto a 20 euro al chilo! Molto più caro quindi di un ottimo olio extra vergine di oliva prodotto in un frantoio artigiano.
Nel caso di oli, da usare anche per frittura, notiamo che in nessuna etichetta viene indicato il punto di fumo, che è la temperatura alla quale l’olio si decompone in composti volatili, tra cui alcuni altamente tossici come l’acroleina. Se si vuole friggere a 170- 180°, come viene raccomandato per avere un fritto croccante ed asciutto, l’olio più stabile, a parte l’olio di palma, è l’olio extra vergine di oliva che ha un punto di fumo di 210°C (girasole <130°C – soia=130°C – mais=160°C – arachide=180°C, variabile in funzione della percentuale di acidi grassi poli-insaturi).
Le etichette, e l’accorto utilizzo della normativa, consentono a chi ha mezzi e competenze di trasmettere messaggi accattivanti a consumatori disattenti. La normativa comunitaria (Reg. CE 640/2008) obbliga ad usare per le etichette solo alcuni termini per descrivere le caratteristiche sensoriali dell’olio extravergine di oliva, che quindi può essere definito solo con i termini di: fruttato (sensazione olfattiva), verde o maturo, leggero – medio – intenso; amaro (sensazione gustativa); piccante (sensazione tattile); equilibrato; olio dolce (Sic! Significherebbe non amaro, in quanto l’olio non contiene né zuccheri né dolcificanti).
Guardando gli scaffali degli oli, si notano etichette di brand famosi che riportano definizioni e qualifiche degli oli extra vergini, sintetiche e accattivanti, ma non previste dal Reg. CE 640/2008, che quindi sarebbero proibite, e che difatti i Produttori artigiani non usano: chissà quali accorgimenti usano confezionatori e commercianti di olio per poterlo fare?
Infine la mancata indicazione delle tecniche di produzione e degli additivi utilizzati mette sullo stesso piano l’olio extravergine di oliva prodotto nei frantoi artigiani, con competenza e impegno, con le miscele di oli commercializzate da grandi organizzazioni, dotate di attrezzature, strumenti e mezzi per presentare nel modo più efficace le loro offerte commerciali, proposte con i nomi più accattivanti.
Purtroppo si rischia che non ci sia competitività per il mastro oleario che produce olio extravergine di oliva solo con i mezzi, pochi ma buoni, dei frantoi artigiani, a cui facciamo i nostri auguri di successo nell’interesse dei Consumatori.
di Lamberto Baccioni (ex direttore generale Alfa Laval)
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