Siamo artigiani e facciamo l’olio artigianale! C’è voluto un po’ di tempo, tanta pazienza, molto lavoro e qualche idea ma alla fine siamo giunti al traguardo: il Congresso dell’Associazione Frantoiani (AIFO), che si terrà il prossimo 20/21 maggio a Montefiascone (VT) definisce, con le sue Tesi, l’identità delle imprese di trasformazione e soprattutto l’identità dell’olio dalle olive che queste producono.
Adesso il problema è come far riconoscere l’olio artigianale extravergine d’oliva al consumatore sullo scaffale del supermercato. La GDO è disponibile a lavorare con noi produttori con questo obiettivo? L’olio artigianale vale il 26% del mercato.
E’ ora che i frantoiani ci mettano la faccia e un po’ di orgoglio. E’ ora che ci prendiamo quello che è nostro. Siamo gli unici produttori di olio dalle olive, siamo artigiani ed allora è giusto che sul mercato ci sia il nostro olio artigianale.
Abbiamo una legge che riconosce l’impresa olearia artigiana, riconosce il mastro oleario e a Roma c’è Superelite, la prima insegna di supermercati che ha due scaffali per l’olio d’oliva: quello derivante dalle miscele industriali e lo scaffale degli oli artigianali. E abbiamo anche un consorzio che tutela e promuove la nostra identità ed il nostro olio.
L’AIFO rivendica con orgoglio di essere la prima associazione delle imprese olearie del nostro Paese. E consapevoli della nostra forza abbiamo stretto una salda alleanza con gli agricoltori ed i consumatori. E siamo convinti che la grande distribuzione ci offrirà i suoi scaffali perché il nostro è un prodotto unico e irripetibile: è l’olio artigianale di eccellenza, un prodotto garantito per la sua qualità e per il suo processo di produzione.
Davanti a noi abbiamo ora un nuovo obbiettivo: la nuova impresa olearia non è soltanto produttrice di olio buono, sano e nutriente, ma è anche produttrice di materie prime per l’energia. La sansa e l’acqua di vegetazione non sono rifiuti, nè sottoprodotti, sono una risorsa energetica. Proponiamo che si finanzi l’ammodernamento tecnologico dei frantoi con fondi nazionali e/o comunitari destinati alla salvaguardia dell’ambiente.
Guardiamo avanti.
Dobbiamo aprirci a idee nuove per lo sviluppo: l’impresa artigiana del cibo, che costituisce il tessuto produttivo del mondo agroalimentare italiano, si è sempre trovata di fronte ostacoli che hanno impedito il successo pieno del suo prodotto. Infatti il problema principale è il valore del prodotto, perché non è sufficiente mettere a punto “prodotti specialità”, ma è necessario far nascere “mercati specialità”.
Pensare ancora che basti fare il prodotto tipico e inserirlo all’interno di mercati competitivi per avere distintività e successo è assolutamente velleitario. L’esperienza di migliaia di piccole aziende sta lì a dimostrare che l’operazione “nicchia” non solo non funziona, ma crea un indebito vantaggio ai prodotti speculativi dell’industria che, sfruttando le virtù e le qualità dei prodotti artigianali, ne hanno capitalizzato gli aspetti qualitativi – assumendone spesso i connotati – e vincendo la partita sul piano economico.
“Guadagnare con le nicchie non è affatto facile: di solito i cibi particolari vengono lavorati da piccole imprese, che fanno fatica a produrre grandi quantità di merce, a distribuirla”, ha scritto il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, “è questa la sfida futura del settore agroalimentare italiano: continuare a puntare sulle diversità, riuscendo allo stesso tempo ad accrescere il volume della produzione e delle vendite”.
Questa è la sfida dei frantoiani, degli artigiani del cibo, che si può vincere alla condizione di fare sistema. Poi la parola passa al consumatore.
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