Le carni processate sono un pericolo vero?
La notizia è esplosa dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito le carni rosse e lavorate fra le possibili cause di cancro, come si legge su The Lancet Oncology. Ma non è una novità per la comunità scientifica. «Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, a proposito di salsicce o affettati, usava già da tempo il verbo to avoid: evitare», dice la nutrizionista Lucilla Titta, coordinatrice del team Smartfood allo Ieo, l’Istituto europeo di oncologia di Milano.
Dopo aver passato in rassegna 800 studi epidemiologici che eseguiti in ogni continente, e incentrati sulla relazione tra carni rosse e insorgenza di cancro, la IARC ha inserito le carni processate tra i cancerogeni certi (il cosiddetto gruppo 1, che comprende anche l’amianto, l’alcol etilico e il fumo, le radiazioni ultraviolette e il Papilloma virus), e le carni rosse tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo (gruppo 2A).
Carni che hanno subito un processo di lavorazione che ne prolunghi la conservazione o ne alteri il gusto, come affumicatura, salatura, stagionatura, aggiunta di conservanti. Sono questi procedimenti, così come alcuni tipi di cottura come quella alla brace, ad aumentarne il rischio cancerogeno. Ecco perché la pericolosità della carne rossa (come quella di manzo, vitello, agnello, maiale) non lavorata e cotta in un certo modo e a certe temperature risulta inferiore.
Il pericolo non sono solo i tumori. Lo studio Epic, su migliaia di europei, aveva fornito prove su un aumento di malattie cardiovascolari in chi consumava bacon o würstel e una meta-analisi, pubblicata nel 2010 dall’Harvard School for Public Health, evidenziava un rischio accresciuto di infarto e diabete. Non sono chiari i meccanismi molecolari che rendano le carni lavorate nocive. «Si ipotizza che i colpevoli siano, oltre che i grassi saturi, i sali e i conservanti», continua Titta. «Proprio i conservanti, nitriti e nitrati, usati in quasi tutti i prodotti, evitano la proliferazione di agenti patogeni, come quello del botulino. Il nostro metabolismo, però, può convertirli in composti cancerogeni, le nitrosammine».
No. La carne rossa ha un importante valore nutrizionale e contiene ferro, zinco e vitamina B12. Ma va consumata in basse quantità, una o due volte alla settimana (nell’ambito di una dieta che preveda altre fonti proteiche come pesce, carni bianche, legumi). Insomma, ancora una volta, servono equilibrio e buon senso: evitare allarmismi e ripensare più a fondo a quello che mettiamo nel piatto (che è diverso dal dire che una fetta di coppa nuoce quanto il fumo).
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Inoltre, l’analisi della IARC non mette in relazione in modo diretto il rischio di cancro in chi segue una dieta che include carne, con quello di chi ha adottato una dieta vegetariana. Stabilire un confronto tra questi due gruppi è difficile perché entrano in gioco altri fattori che esulano dall’alimentazione.
Insomma nessun allarmismo ma scegliamo sempre con molta cura la qualità dei cibi che mettiamo sulle nostre tavole.
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