di Fabrizio Mangoni
Le ricette di cucina sono vere e proprie opere letterarie. Come in un racconto, la ricetta ci porta ad immaginare paesaggi, sapori, a confrontarli con i nostri ricordi, o ci trascina nell’ignoto di cose mai assaggiate.
A volte il potere evocativo della ricetta parte dal suo nome. Come in questo caso:
“Prendi la carne di maiale, né troppo grassa, né troppo magra, e tagliala in strisce; macina e pesta le strisce in un mortaio e aggiungi un filo di tuorlo d’uovo. Prepara un brodo e portarlo ad ebollizione e mettici la carne; poi prendi il bianco di un uovo e strofinatelo sulle mani. Poi tira fuori la carne dal brodo e fanne delle palline. Prendi poi due piatti; in uno metti il bianco di un uovo, in un altro il tuorlo e ricopri le “arance” così arrotolate e disponile sugli spiedi in modo che non si tocchino e mettile ad arrostire sul fuoco; prendi lo zucchero e cospargile quando vengono rimosse dallo spiedo e poi servi.”
Il nome di queste polpette, è “Pomi d’arancia”. Fin qui niente di strano, una polpetta dorata dall’uovo può evocare forma e colore dell’agrume mediterraneo, tanto da dargli quel nome. Ma il fatto sorprendente è che questa ricetta si trova in un manoscritto che risale al XIII secolo e si riferisce alla corte d’Inghilterra del periodo normanno. Ora è certo che nel medioevo le arance lì forse non le avevano mai viste. Il manoscritto in questione, come ha notato la linguista medievalista Anna Martellotti, porta altre ricette i cui sapori, modalità di preparazione e nomi, ci accompagnano nel pieno di un’altra cultura gastronomica: quella dei Normanni di Sicilia.
Il Grande Ruggero II aveva improntato il suo regno alla tolleranza verso i vinti. Arabi, ebrei, avevano conservato le loro cariche e le loro culture si mescolavano con quella dei dominatori normanni. Anche nelle cucine. Così gli arrosti normanni si scioglievano in preziosi intingoli arabi. È quindi probabile che i Normanni di Sicilia esportassero verso i lontani cugini inglesi i loro sapori. Basti ricordare che i Normanni del Sud raccontavano spesso ai loro parenti rimasti in Normandia le meraviglie delle terre meridionali. Sempre restando nel campo delle polpette, nel manuale della grande cucina araba medievale di Baghdad, che ha sicuramente influenzato la cucina arabo-siciliana, troviamo un piatto dal nome “Arance”. E si tratta, anche in questo caso, di polpette.
“Tagliate la carne grassa a piccoli pezzi: sciogliete la coda (è il grasso della coda del montone) e mettetela in una padella aggiungendo un dirham (3 gr.) di sale e coriandolo secco e mescolate, finché non sia imbrunita. Quindi coprire con acqua, portate a bollore e schiumate. Gettate pepe macinato fine, lentisco, corteccia di cannella e zenzero. Tagliate la cipolla e la carota sbucciata, tritatele e gettatele in padella. Prendete carne rossa, tritatela finemente, aggiungete un po’ di grasso e le solite spezie, e trasformatele in polpette delle dimensioni di un’arancia, poi le fate cadere nella padella. Quando sono solide, prendete i tuorli delle uova con un po’ di zafferano e battete bene: quindi rimuovete le polpette e, mentre sono ancora calde, immergetele nell’uovo e copritele con esso e rimettetele nella padella per un’ora. Trascorso questo tempo, tiratele fuori e immergetele nell’uovo di nuovo: fate questo tre volte. A cottura quasi ultimata, prendete un po’ di succo d’arancia e succo di limone e cospargete le polpette nella padella. Sbucciate e tritate dieci dirham (30 gr.) di mandorle dolci, immergetele in acqua, e buttatele nella pentola. Strofinate sulla padella alcuni rametti di menta secca. Pulite i bordi con un panno pulito e lasciate a fuoco lento un’ora per consolidarsi: quindi spruzzate con acqua di rose e rimuovete le polpette.”
La ricetta ribadisce il richiamo tra polpetta e arance, addirittura nella dimensione. Ma qui l’arancia entra anche, col suo succo, nel sapore della polpetta. Ci troviamo davanti ad una ricetta a dir poco suntuosa. Le polpette sono più volte cotte in un soffritto speziato con carote e cipolla, dopo essere state più volte rivestite di rosso d’uovo, per consolidarne la forma e la tenuta. Poi il mix di spezie entra nel gusto della polpetta che trascinano sulla superficie la presenza croccante delle mandorle, il profumo della menta e dell’acqua di rose. C’è da chiedersi se una polpetta meriti tanto e una così lunga preparazione. Bisogna in proposito ricordare che, nella cucina araba di Baghdad, la carne non si presenta mai nella sua natura essenziale, ma viene pestata, macinata, stracotta fino alla dissoluzione. Per questo camuffamento della materia prima, sono necessari procedimenti che immergono la carne in sapori, brodi, con vegetali cotti insieme, fin quasi alla sua “mascheratura”. E sia nei ricettari arabi che in quelli arabo- andalusi, che hanno influenzato la cucina siciliana al tempo dei Normanni, le polpette si presentano in una grande varietà di preparazioni. Per tornare alla ricetta inglese con cui abbiamo iniziato, il fatto che nell’Inghilterra del XIII secolo accanto ai robusti arrosti del nord si infilassero allo spiedo polpette, è un’ulteriore testimonianza dell’influenza araba sulla cucina Europea.
Ovviamente gli arabi non avrebbero fatto mai polpette di maiale, ancorché chiamate “pomi d’arancia”.
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