di Fabrizio Mangoni
Mettete dei piccoli polli in una pentola con un buon brodo. Salate e aromatizzate con un Paquet (è composto da un sacchetto filtrante contenente una striscia di lardo, erba cipollina, un po’ di timo, due chiodi di garofano, cerfoglio, prezzemolo). Fate cuocere una parte del melone e passatelo alla stamina. Col succo di carne (una salsa ottenuta direttamente dal taglio di coscia di vitello e ossa ridotta nell’acqua a fuoco lentissimo), fatelo cuocere in un pentolino con sale con un Paquet, e quando il vostro potage di pollo è pronto, mettete questo succo passato sopra il potage e guarnite con fette di melone fritte, (si ottengono mettendo le fette di melone sbucciate ad ammorbidirsi col sale, poi si mettono in una pastella di farina con 2/3 rossi d’uovo, e si friggono), alla fine servite con zucchero). Come salsa di condimento utilizzate salsa di montone e di limone.
Lo chef si avvicina al tavolo dei clienti e inizia la sua inevitabile presentazione: “Vi serviamo una tagliata di pollo, glassata nel suo sugo, aromatizzata alle erbe fini, con una riduzione di salsa di melone profumate alle erbe, con semilune di melone fritte. Se gradite, a parte trovate una salsa acidula di montone. In pratica abbiamo una salsa che veicola un profumo di melone”.
È certo uno chef che ha praticato la Nouvelle Cuisine, con l’attenzione alla semi-cottura del melone fritto, ma che conosce anche la sincerità essenziale dei sapori nel rispetto delle materie prime di un Gualtiero Marchesi. Niente grassi eccessivi, sapori essenzializzati dentro l’infusione delle erbe, alla fine, un impiattamento suggestivo.
Solo che la scena non si svolge in un ristorante di oggi, ma nella sala da pranzo del palazzo del Duca di Rhoan intorno al 1665. Il cuoco che aveva ideato quel piatto aveva un nome assolutamente suggestivo: Pierre de Lune.
In quegli anni, si andava affermando nel mondo la superiorità della Cucina Francese, che sostituì rapidamente quella rinascimentale italiana, portata in Francia un secolo prima da Maria dei Medici, sposa di Enrico IV. Re Sole illuminava del suo dominio assoluto ogni aspetto della vita, dall’architettura, all’arte, dalla musica ai giardini, fino alla cucina. Ogni famiglia nobile faceva inventare ai loro cuochi un piatto o una salsa che portasse il loro nome. Si diffondevano i manuali di cucina, intenti a dichiarare continuamente la superiorità della nuova cucina rispetto a quella passata. La tecnologia aiutava il rinnovamento, nuovi forni e nuove cucine a fuochi regolabili, consentivano preparazioni raffinate. Denis Papin, un medico appassionato di fisica, aveva inventato, anche se un po’ guardata con sospetto, la Pentola che digerisce, praticamente la nostra Pentola a pressione. Era l’epoca dei Bouillon, brodi che venivano ridotti in creme utili per ogni genere di salse.
Pierre de Lune partecipava pienamente di questo movimento. Da alcune notizie storiche sappiamo che il Duca di Rohan, benché molto vicino al Re, fosse alquanto parsimonioso. E infatti, come scopriamo dal suo libro, Pierre de Lune utilizzava ancora uno strumentario medievale- rinascimentale: camino con pentolone e spiedi, forno per il pane, e padelle sulla brace. Per questo ne apprezziamo ancora di più la genialità innovativa.
La ricetta del Potage di melone contiene il Paquet, una delle sue grandi invenzioni. Mettere in infusione nei brodi e nelle salse un insieme di aromi, senza lasciarvi fastidiosi residui è certo una novità per l’epoca. Ma quello che dobbiamo notare è che l’uso delle spezie esotiche si limita a due chiodi di garofano, mentre gli odori utilizzati sono erbette di campo che si potevano trovare dovunque e, meglio ancora, negli orti che, da Versailles in giù, si installavano nei palazzi delle grandi casate. Scavalcata l’intermediazione degli arabi, grazie alle Compagnie delle Indie, il prezzo delle spezie era crollato e quindi il loro uso non era più strumento per ostentare ricchezza. Le spezie si usavano per quel che servivano.
Poi ha inventato quella che definisce farina fritta. Già si utilizzavano i Roux, addensanti a base di burro e farina, ma Pierre de Lune propone la farina cotta nel lardo.
Assolutamente innovativi erano il la Carne a la mode, fantastici Polpettoni e il Potage di melone. Ma la sua vera specialità doveva essere l’adattamento di una grande varietà di sughi e salse a un numero enorme di preparazioni a base di carne o di pesce. Descriverà nel suo libro di ricette ben trentasei ricette a base di tartaruga.
È illuminante in merito la dedica del suo libro. Si definisce cuoco e scudiero del Duca di Rohan, ma dedica il libro al Marchese Jaques Amelot, Giudice della camera degli Aiuti. Era questo un tribunale che giudicava le spese di stato e le tasse, e non di rado era entrato in conflitto col potere reale per far levare tasse individuali per il sollievo del popolo.
Pierre de Lune era stato chiamato dal Marchese per preparare, in un suo banchetto, una grande quantità di salse di condimento delle carni. Evidentemente un lavoro così specialistico era stato apprezzato dal Marchese, tanto da meritare una particolare gratitudine da parte del cuoco e la speciale dedica del suo libro di ricette “Le Cuisinier”.
Pierre de Lune doveva sentirsi un genio della cucina del suo tempo e lo lascia intravedere nella dedica al lettore che apre il suo volume. È un testo dove l’enfasi negata si associa ad una minimizzazione bugiarda.
Amico lettore io ti dono questa piccola opera (si fa per dire, il libro contiene circa mille ricette) scritta a modo mio, non per soddisfare la vanità (figuriamoci!) o per altra utilità diversa dalla tua, nel caso che tu vi ci troverai qualche soddisfazione; nonostante sia stato comandato da persone che hanno potere sul mio spirito (sono stimato da persone importanti!), io non avrei mai preso la libertà di darlo alla luce, anche se la diversità di tante belle cose (che solo io so fare) poteva giustamente rendermi inviso a quelli che non sono così avanzati quanto me in questo campo (bella stoccata ai colleghi!). Rifletti, se ti va, su tanti giovani che corrono di città in città, per imparare questa bella scienza così richiesta e pomposa nel nostro secolo, (qui Pierre de Lune ci offre una fotografia dell’importanza di un mestiere ricercato e ambito) dove tanti celebri personaggi hanno lavorato e lavorano ancora per perfezionarla, io non mi voglio definire uno di loro (mi sento ben superiore a loro), ma mi definirò solo tuo servitore.
Oggi Pierre de Lune starebbe sempre in televisione. A me piace immaginarlo mentre cerca di realizzare una nuova salsa, armeggiando intorno ad una povera marmitta, sulla brace del grande camino della cucina del Duca di Rohan.
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