Mi chiamo Gianni Galadini e sono vegano. Ma non odio chi mangia gli animali, sia chiaro! Ci tengo a precisarlo perché mi è capitato di sentire vegani “imbestialiti” imprecare contro chi mangia carne. A differenza di come può sembrare, non siamo una setta di modaioli fatti con lo stampino. Io ad esempio non ho nulla contro chi mangia gli animali… Beh forse anch’io ho passato un periodo astioso, ma era un problema mio.
In questo sesto articolo voglio metterti davanti allo specchio della coscienza. Mi divertirò a farlo, perché sono sicuro di ciò che vedrai: una persona compassionevole.
Visto che ogni giorno fungi da mandante per l’uccisione cruenta di animali, ora che te lo faccio notare, potresti guardarti qualche video on-line sugli allevamenti intensivi. Oppure, se preferisci, non guardare come ha vissuto l’animale che ti stai mangiando.
Un caso emblematico delle sevizie subite dagli animali, negli allevamenti intensivi, è quello del pollo. Rinchiuso in un capannone senza finestre, in cui ogni elemento dell’ambiente è organizzato per farlo crescere il più possibile e nel minor tempo, riceve l’acqua e il cibo automaticamente. Si è visto che i polli reagiscono strappandosi le penne e attaccando i propri simili sino a divorarli. La soluzione più diffusa è lo sbeccamento, questa tecnica causa spesso agli animali ustioni alle narici, gravi mutilazioni che provocano un dolore acuto e cronico.
Vivono la loro breve vita in mezzo ai propri escrementi, i quali essendo acidi gli corrodono le zampe fino a mutilarle.
Non conducono vita migliore neanche le galline ovaiole, le cui sofferenze iniziano dalla nascita. I pulcini maschi, inutili nella produzione di uova, sono così scartati e, il più delle volte, macinati, ancora vivi, per produrre mangime per le proprie sorelle e madri. La vita delle femmine è più lunga, ma non può essere definito un vantaggio. Esse vengono tenute in gabbie, dove non hanno lo spazio per allargare le ali. Le gabbie stanno in pendenza per permettere di far rotolare le uova.
Quello del pollo e della gallina è uno dei tanti casi di allevamento che rasenta la tortura. Suini, bovini e ovini vivono in condizioni di prigionia e sofferenza molto simili, a volte persino peggiori.
Da sottolineare è la quasi totale segretezza che circonda le tecniche usate. Gli allevamenti sono tenuti lontano dallo sguardo del grande pubblico allo stesso modo dei laboratori di vivisezione.
I maialini sono allontanati dalla madre a 3-4 settimane di vita, mentre l’età naturale di svezzamento è di circa 3-4 mesi. Sono quindi inseriti in gruppi destinati all’ingrasso.
Stress, malattie e lotte tra gli animali si verificano spesso quando i maialini svezzati vengono mescolati con altri a loro non familiari.
Nella loro prima settimana di vita, i maialini subiscono (senza anestesia):
Le scrofe vivono in gabbie così strette che quando partoriscono non possono fare a meno di schiacciare alcuni piccoli col proprio peso.
I vitelli al terzo-quarto giorno di vita, strappati alle madri inseminate artificialmente, vengono collocati ognuno in un box largo 40 cm e lungo un metro e mezzo. I vitelli sono legati con una catena al collo per impedire ogni movimento (la catena potrà esser tolta quando saranno cresciuti tanto da occupare tutto il ristretto spazio del box).
Nutriti con budini semiliquidi iperproteici che causano un’inestinguibile arsura (l’acqua è loro assolutamente negata, per indurli a ipernutrirsi, mangiando più budino e più velocemente) e un’inarrestabile dissenteria per spingerli all’anemia al fine di sbiancare le carni. Sottoposti a cicli costanti di trattamenti antibiotici. Dopo tredici-quindici settimane si portano al macello.
Se le galline si beccano tra loro fino a morire, se nei conigli sono frequenti i fenomeni di cannibalismo della madre verso i piccoli, se i suini si divorano la coda, se molti animali arrivano nelle loro nevrosi ad autolesionarsi è conseguente che, per quanto ignari della condizione di benessere, tuttavia soffrano frustrazioni, alterazioni del comportamento, patologie organiche.
Le epidemie a carico delle popolazioni zootecniche quasi non si contano, e molte di esse non sono affatto malattie specie-specifiche, come la sindrome della “mucca pazza” ci ha drammaticamente insegnato.
Si sostiene che per nutrirci sia lecito uccidere. Ma non essendo necessario nutrirsi di carne per avere una salute ottimale non appare neanche lecito uccidere (in quanto perfettamente evitabile). In ogni caso dovremmo chiederci, se per nutrirci sia lecito non soltanto uccidere, ma anche torturare degli animali condannati a una morte atroce. (fonte: italica.it)
Ma significa evitare di far soffrire chi è senziente (prova sensazioni e sentimenti) e non ha fatto nulla di male. Con la conseguenza di contribuire a un mondo migliore sotto ogni punto di vista.
Scegliere di diventare vegani, eliminando dalla propria dieta carne, uova e latticini è il modo più semplice di aiutare gli animali.
Mettendo su un piatto della bilancia la propria abitudine di mangiare prodotti animali e sull’altro l’immensa quantità di sofferenza e morte che questa abitudine comporta per altri esseri, da che parte penderà l’ago della bilancia?
Noi crediamo che la risposta possa essere una sola: l’olocausto di infinite vite coscienti nei macelli e negli allevamenti pesi incommensurabilmente di più della nostra abitudine alimentare che causa questo olocausto. Senza contare tutti gli altri vantaggi legati a questa scelta, a partire dalla nostra salute.
Tutte le persone che si rifiutano di diventare vegan dovrebbero vedere con i propri occhi quello che il loro rifiuto comporta per moltissimi esseri coscienti. Non bisogna lasciare che chi abusa degli animali riesca nell’intento di nascondere le sue azioni alla gente.
Ti ricordo i miei precedenti articoli:
Diario di un vegano: i vegani non possono entrare!
Non è giusto mangiare gli animali. E chi lo dice?!
Vegan ci si nasce, onnivoro ti ci fanno diventare.
Vegan per rispettare me stesso prima degli animali.
Fare beneficenza mangiando i l tofu.
Gianni Galadini
Naturopata – Counselor – Mental Coach
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