Conosci le differenze tra tisane, decotti, infusi o macerati? Sai quali sono le modalità più idonee per esaltare gli effetti dei fitocomplessi? Scopriamolo insieme.
Fa freddo e tanto. Le festività sono ormai ricordi abbastanza lontani, ma alcuni sono fermi immagine sul nostro girovita. Iniziato l’anno nuovo non si pensa che ai buoni propositi. Spesso veri e proprio miraggi nella distesa affollata dei nostri desideri irraggiungibili.
In verità però, la propensione al benessere, fisico e interiore, è il diktat di questo periodo. Insomma è tutto un ribollir di palestre e tisane. E proprio di queste vogliamo occuparci, con un doppio appuntamento ad hoc. Il primo necessario a sgomberare il campo da dubbi ed incertezze. L’altro dedicato a suggerimenti su infusi e decotti tra i più diffusi.
Iniziamo da alcuni punti che riteniamo essere essenziali.
1- L’utilizzo, la preparazione e la somministrazione di fitopreparati non è un hobby da casalinghe disperate. Quando avete la necessità di utilizzare un preparato a base di erbe o di estratti erboristici, recatevi dal vostro erborista di fiducia. E soprattutto ricordate: la conoscenza fitoterapica è profonda e si apre su un mondo immenso. La cui comprensione si acquisisce con anni di studio e pratica. Quindi diffidate da chi si improvvisa.
2- I preparati fitoterapici non sono semplici bevande a base di acqua (posto che l’acqua sia semplice!). La loro azione influisce sul nostro organismo, sia a livello fisico che su dimensioni più sottili e meno percepibili del nostro Io. I principi attivi che li compongono sono in grado di interagire con i medicinali che assumiamo, alterandone gli effetti. È per questo che la consulenza di un erborista è necessaria per guidarvi nell’assunzione del preparato che più si confà alle vostre esigenze.
3- Le tisane da erboristeria sono da considerarsi terapeutiche e salutari. Ma vanno assunte secondo le modalità più idonee ad esaltare gli effetti dei fitocomplessi. Va da sé che la loro assunzione è fortemente legata ad una buona consapevolezza del proprio corpo. Dunque dei sintomi attraverso cui questo comunica con il nostro io razionale. Solo in questo modo possiamo capire se le nostre necessità sono legate alla cattiva digestione, o alla ritenzione idrica, piuttosto che alla necessità di liberarsi da tossine in eccesso.
Ma iniziamo col chiarire cosa è una tisana. Per tisana si intende una preparazione erboristica in cui i principi attivi delle piante essiccate vengono estratti grazie all’azione dell’acqua.
Le erbe utilizzate vengono miscelate seguendo principi ben precisi, elaborati da due studiosi: Shavemberg e Paris. Le erbe che compongono la base estrattiva di una tisana vanno da un minimo di 3-5 piante. Fino ad un massimo di 15. Rimane il fatto che meno elementi concorrono all’estrazione idrolitica dei principi attivi, migliore sarà l’azione degli stessi sul nostro organismo.
La miscela si compone secondo le seguenti proporzioni:
60 % di cosiddetto rimedio cardinale, responsabile dell’effetto per il quale si assume la tisana;
20 % di rimedio adiuvante, ossia quelle erbe che rafforzano l’assorbimento del rimedio base attraverso un’apposita azione sinergica;
10% di rimedio complementare, dato da quelle piante che contribuiscono a rendere la tisana piacevole da un punto di vista esclusivamente visivo;
10% migliorativo del sapore (non sempre necessario).
Di questo composto si utilizzano solitamente intorno ai 5 grammi per tazza di tisana. Quantitativo che è generalmente maggiore rispetto a quanto compone la bustina monodose dei preparati da supermercato. E qui nasce la domanda principe. Quale è la differenza tra tisana, decotto, infuso e macerato? Innanzitutto diciamo che una tisana altro non è se non un composto ottenuto attraverso un processo di idrolisi dei principi attivi delle piante, quindi utilizzando l’azione dell’acqua. Vediamo però quale è il metodo estrattivo migliore a seconda delle piante che vengono utilizzate.
Infuso. È il metodo utilizzato per una miscela composta da fiori, foglie o frutti, quindi dalle parti più delicate della pianta, le cui componenti volatili in ebollizione si dissolverebbero.Con l’infuso invece, l’acqua calda viene versata direttamente sulla miscela di erbe e lasciata in infusione per un periodo variabile, comunque mai superiore ai dieci/quindici minuti. Naturalmente è necessario coprire il tutto per evitare che le sostanze si disperdano nell’aria e per favorire la condensazione del vapore.
Decotto. È generalmente indicato per miscele a base di radici, legni, bacche o cortecce, quindi le componenti più dure delle piante, che necessitano di un’azione più decisa per attivare l’estrazione dei principi attivi. Ma anche per fiori più coriacei come il fico d’India. Con questo metodo la miscela viene aggiunta all’acqua e portata in ebollizione dai tre ai dieci minuti. Dopodiché verrà lasciata ancora in infusione a fuoco spento per altri dieci minuti (sempre coperta) e poi filtrata e bevuta.
Macerato a freddo. In questo caso l’acqua utilizzata sarà fredda e resterà a contatto con la miscela scelta per un periodo variabile dalle 6 alle 8 ore. Dopodiché si procede al filtraggio. Questo processo è particolarmente indicato in caso di assunzione di mucillagini (i semi di lino ne sono un esempio), i cui principi attivi sono altamente suscettibili all’azione del calore.
L’assunzione migliore di una tisana ovviamente è al naturale, senza alcuna aggiunta di elementi dolcificanti, soprattutto perché come abbiamo visto molte di queste miscele contengono già elementi migliorativi del sapore. Ma se proprio ne avete necessità, utilizzate soltanto del buon miele.
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