Le polpette… un piatto gustoso della nostra infanzia, che ci porta indietro nel tempo, quando le nonne utilizzavano i resti della carne bollita e, quasi magicamente, li trasformavano in qualcosa di unico e buono che sapeva di famiglia, di unità e di affetti.
E’ un piatto che con diversi nomi troviamo in tutto il mondo , anche se con aromi e spezie che ne caratterizzano i luoghi di provenienza.
Nel 2003 uscì un film di Tassos Boulmetis di produzione greco-turca che in Italia portava il titolo di “Un tocco di zenzero”. E’ un viaggio gradevole e aromatico che prende le mosse dalla vita dello stesso registra, ma il cui titolo originale, “Politiki Kouzina” assume, a seconda di dove è posto l’accento sulla prima parola, il doppio significato, di cucina politica o cucina della Polis, cioè di Istanbul. In questo viaggio affascinante fra le due culture greco-turche in cui si sviluppa tutta la storia fatta di ricordi, di politica, di esilio, la preparazione dei cibi di famiglia è centrale per comprendere meglio lo sviluppo del pensiero socio- politico degli anni 20 del ‘900.
La preparazione di quelle polpette, le famose keftedes greche, è fatta da tutta la famiglia, con religiosa attenzione per ricordarne i piccoli segreti gelosamente trattenuti nello scrigno delle tradizioni, non scalfite ma valorizzate dal tempo. Non un confronto tra abilità, ma occasione per accorpare sguardi e parole, confidenze e piccole rivelazioni, sotto lo sguardo vigile ed attento di una madre o di una nonna. Insomma, parlare insieme delle “cose di famiglia” dietro l’apparente vaghezza di un piatto…
Bene. Per quella realtà greco-turca, il “trade d’union” e, insieme, la diversità tra le due culture era data dal tocco di zenzero che rendeva così speciali quelle polpette.
E le mie? Non so se siano speciali, ma chi le ha mangiate le ha trovate particolarmente buone. Il segreto? Forse alcuni ingredienti, ma sicuramente l’amore con il quale si lavorano che ne fanno un piatto unico, semplice e buonissimo.
Io sono solita comprare 700 gr di macinato misto di vitello, tacchino e maiale, la cui differenza caratterizza il gusto e la morbidezza della carne, per quel piccolo tocco in più.
Bisogna intanto mettere a mollo nel latte la mollica di due panini, che va strizzata e aggiunta al macinato con un uovo o due per amalgamare, 70 gr di parmigiano, uno/due cucchiai di pane grattato, sale q.b., prezzemolo tritato finissimo, sale, pepe e un pizzico di zenzero.
Si incorpora il tutto molto, molto bene e si preparano le polpette.
Io non sono solita soffriggerle, ma le metto in una padella con un po’ d’olio e uno spicchio di aglio che tolgo appena imbiondito e, dopo una leggera rosolatura, aggiungo la passata di pomodoro e il sale.
Lascio cuocere il tutto per una decina di minuti e, quando anche la salsa di pomodoro si è giustamente addensata, spengo.
Se piace, nell’impasto si può mettere una leggera grattata di buccia di limone.
Vi assicuro della particolare attitudine alla convivialità di questa preparazione, dove è permesso pucciare il pane nel sugo, tagliare la carne con la sola forchetta, godere della rotondità del gusto antico, corposo e sensuale di un piatto di tanto, tanto tempo fa.
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