Bicchieri da vino. Come sceglierli. Parte 1: Il Gotto e la Flȗte.
“I bicchieri. Cinque calici sfasati sulla sinistra. Altri cinque sfasati sulla destra. Da quale parte bere?”.
Da Il secondo tragico Fantozzi
Ma quanto era bello il gotto? Semplice, immediato e utile allo scopo. Basso e tozzo si confaceva alla mano che l’avviluppava. Spesso codesta era del contadino, quello vero. Quello che è anche bracciante; quello che la giacca buona la metteva solo la domenica. Quello che all’uomo Del Monte, se gli fosse capitato tra le mani, gli faceva passar la fantasia di dir “sì” a suon di bestemmie. Oppure la mano era quella dell’operaio. Uomini di gotto.
Bicchiere senza confusione, senza dubbi, il gotto è democratico: abbassa tutti i vini, li riporta al proletariato. Anche quelli che pretendevano gli fosse dato del Lei, nel gotto si riappropriano di umili origini, riafferrando il “tu”.
Il gotto contiene il vino di tutti i giorni: annacquato a pranzo, in purezza la sera. Ancora oggi è in uso in alcune famiglie, io l’ho visto. Io ce l’ho!
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Certo, i bicchieri da vino hanno subito l’ineluttabile calamità dell’imborghesimento da calice.
Quello dei wine bar e dei ristoranti. Ora è quello che si tiene in mano per lo stelo. E si gira, si gira, guardandosi intorno e aspettando che qualcuno ci guardi. Attori su un palcoscenico che è una sedia. E intanto si gira e si gira, come se si aspettasse il plauso della folla. Si gira e si gira, aspettando che il vino si monti a neve.
Intendiamoci bene, il calice serve: non è che vai a castrare un Barolo del ’61 per portare avanti la tua spiritualità pauperista. Quindi ne segue, necessario, un prontuario per i bicchieri da tenere a casa. In vetro puro è un’attenuante, una scelta di comodo. Con il mezzo cristallo ci si inizia ad adeguare, a darci un tono. E per gli estremisti della bella mostra, il cristallo!
Il calice è l’ultima veste da esposizione del vino. Permette la valutazione visiva, ne esalta le caratteristiche odorose, lo ossigena e lo accompagna in bocca nella maniera adeguata. Per molti la scelta del calice per il vino ha la stessa importanza che il musicista può ricercare nel suo strumento; o che lo schermitore anela nell’arma; o che Pablo Neruda coglieva tra gli scaffali del fruttivendolo.
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La Flûte. Alta, slanciata, filiforme, è l’esatto opposto del gotto e infatti, è uno dei bicchieri che tengo più lontano da me. Sarà quest’aria da noblesse oblige, con quel suo accento circonflesso. Quell’atteggiamento misterioso, tipico del chi è e chi non è (LA flȗte o IL flȗte?). O forse per questo voler essere “spumeggiante” a tutti i costi. In realtà non lo so e, come diceva il buon Raz, “non so perché. Sono solo fatti miei”.
Di fatto la flȗte è, tra i bicchieri da vino, quella che incontra i vini di maggior rilevanza: gli spumanti secchi. Transitano al suo interno dal più popolare Prosecco ai Cremant di Borgogna o della Loira, al Metodo Classico italiano, senza tralasciare il Cava spagnolo. E poi lui, la quintessenza della spuma: lo Champagne. Anche lui passa per la flûte prima di toccare le vostre labbra. E’ così, le tipologie di vino più costose al mondo, scorrono tra queste pareti.
La forma a flauto (da cui prende il nome), oltre a determinare l’analisi olfattiva, permette di valutarne il perlage. La sua persistenza e finezza varierà in considerazione della lunghezza del tulipano. Più la parte destinata a calice sarà lunga, più la catenella delle bollicine che sale si allungherà, causando un gradevole effetto visivo. Di contro, più la salita itinerante è lunga, più le bollicine fagociteranno la Co2, perdendo in finezza e diventando “grosse”, sgraziate.
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In alcuni casi questi bicchieri da vino sono più panciuti, a tulipano chiuso, adatti a spumanti più complessi, millesimati o con una lunga permanenza sui lieviti. Ma io li uso anche per il prosecco. Quando hanno la bocca più stretta sono detti “spietati”, poiché questa conformazione concentra l’uscita degli aromi.
Scegliete quelli che abbiano una capacità contenitiva di 25 cl e una lunghezza di almeno 10 cm (escluso lo stelo), in cui verserete almeno 15-18 cl di vino, così da mantenere un giusto rapporto con la temperatura e con il gas interno. Un’accortezza questa, che ci salverà dal bere un vino divenuto misteriosamente fermo, pur avendo acquistato un ottimo spumante.
Bella la flȗte! Agile e scattante, sembra un levriero. Ma il gotto ricorda tanto la festosità consolatoria di un bastardino scodinzolante. Volete mettere?!
Per tutti gli altri bicchieri…restate sintonizzati!
*Riferito alle “Odi Elementari” di Neruda: la patata, il pomodoro, la cipolla, il carciofo, la castagna, il miele, l’olio, il limone, la mela, la prugna, il cocomero.
di Raffaele Marini
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