Il pomodoro arrivò in Italia trasportato dagli esploratori, di ritorno dalle Americhe, ma non per essere utilizzato in cucina bensì come pianta ornamentale, insieme a peperone e patata, che andarono ad abbellire i giardini reali.
Solo dopo molti decenni se ne considerò l’utilizzo in tavola e da quel momento sono nati accostamenti culinari senza cui, oggi, non si potrebbe vivere.
Si chiama Pomodoro da Pomo d’Oro, ovvero il caratteristico colore giallo bruciato di quelle prime varietà di pianta arrivate in Italia, via mare. Un colore che poi si è modificato nel tempo assumendo il connotato rosso con cui oggi è riconosciuto in tutto il mondo.
L’Odore di questo orticolo rimanda al sapore in bocca della poesia, quelle note semplici a cui si può accostare una pasta o un crostino, un bicchiere di vino, o anche solo un filo d’olio e un pizzico di sale. E della musica di sottofondo.
“Il pomodoro invade le cucine,
entra per i pranzi,
si siede, riposato, nelle credenze,
tra i bicchieri,
e le saliere azzurre.
Emana
una luce propria
maestà benigna”
Pablo Neruda canta così i cibi: ha avuto un pensiero genuino per il pane, la cipolla, il limone, la mela e anche per il pomodoro. Anzi, quel rustico del pomodoro.
E ne fa un protagonista assoluto prima ancora che questo prenda corpo, sprigioni da sé il gusto.
Innanzitutto, perché arrivi sulle tavole, è bene che a Marzo ci si concentri sulla semina. Quindi se vuoi mangiare i prodotti del tuo orto, questo è il momento giusto per piantare i semi di pomodoro.
Da giugno a settembre ti ritroverai tra le mani diverse qualità di prodotto, dai Pachino ai Datterini, ai San Marzano, e proprio questa diversità ti darà la possibilità di creare piatti freschi e sempre gustosi, mai scontati.
La mia ricetta, visto che siamo ancora nella stagione in cui dobbiamo accontentarci dei pomodori di serra, è quella dello Spaghetto che incontra il Pachino.
In un tegame metti a soffriggere in olio di oliva: 3-4 slice di cipolla dolce, uno o mezzo peperoncino, come preferisci al palato, un trito di basilico, un dado, mezzo bicchierino di vino bianco.
Una volta dorata la cipolla e appassito il basilico, aggiungi due vaschette di pomodorini che lascerai andare a fuoco lento.
Copri per i primi dieci minuti poi togli il coperchio per la restante parte di cottura, in modo che se c’è dell’acqua in eccesso questa evapori permettendo al sugo di restringersi.
Scodella la pasta, preferibilmente spaghetti n.5 e preferibilmente al dente, e mettila nel tegame dove i Pachino attendono l’incontro. Riservati sempre una tazzina di acqua di cottura, da versare all’occorrenza, per favorire l’aderenza del sugo alla pasta.
Lascia per due minuti sul fuoco, quindi aggiungi, prima di impiattare, un bel mazzo di basilico fresco (se non ne hai, vista la stagione, dovrai utilizzare quello in confezione, ma ti consiglio, in agosto, di congelarne sempre dei mazzetti in modo da avere una scorta anche invernale) che darà un profumo ancora più forte al sugo di Pachino.
Parmigiano et voilà…. Bevici un buon Sagrantino
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