Il conio di nuovi termini, passa attraverso un lungo lavoro di assorbimento, di calco, di prestito che la linguistica cerca di chiarire.
Il termine “spinuzzato” è di origine dubbia, a volte la “u” viene sostituita dalla “o” e si trasforma in“spinozzato” anch’esso inesistente nella lingua italiana, ma che nel gergo popolare , quando il baccalà non aveva raggiunto i costi elevati di oggi, forse voleva realizzare con le parole il risultato che si otteneva dal pesce essiccato e, dopo, spinato e ridotto ai minimi termini e, perciò, “sminuzzato”.
Civitavecchia e il suo porto, tra il 1920 e il 1940, erano conosciute per la flottiglia peschereccia che non solo riforniva l’entroterra, ma anche e soprattutto un grande stabilimento (ricordato come la fabbrica del baccalà), adibito alla lavorazione del pesce . Fu così importane che ebbe nel 1929 la visita di Benito Mussolini e nel 1937 quella del Re Vittorio Emanuele III.
Era il periodo a cavallo tra le due guerre, quello in cui nella città portuale si registra la nascita di una vera e propria “industria della pesca” grazie alle importanti innovazioni tecnologiche e all’emergere di una nuova classe imprenditoriale. Si trattava di un edificio a più piani, ubicato tra la darsena romana e via Nino Bixio, gestito dalla società a partecipazione francese S.A.I.M. (Società Anonima Italiana Merluzzo), facente capo al Commendator Giuseppe Tisi, fondatore dello storico stabilimento civitavecchiese.
Le operazioni di scarico del pesce avvenivano per mezzo di una gru che trasportava una grossa cesta direttamente dall’imbarcazione allo stabilimento. Il piano terra era riservato al pesce, in gran parte di taglia grande (generalmente dentici) che qui veniva lavato, pulito, coperto di ghiaccio e messo in cassetta, mentre nei piani superiori, oltre all’inscatolamento in latta del pesce, avveniva la ben più complessa lavorazione (vedi la stagionatura) del merluzzo pescato nelle fredde acque dell’Atlantico settentrionale. In realtà, la S.A.I.M. si riforniva di merluzzo fresco anche presso produttori specializzati essendo titolare di concessioni per la pesca anche in Albania e sulle coste della Mauritania.
Il processo di stagionatura si effettuava tramite macchinari che pulivano il pesce dal sale presente ed eliminavano l’eccessiva presenza d’acqua. Successivamente il pesce veniva collocato in telai e trasportato in locali ventilati ad aria calda per essere essiccato artificialmente. Quest’ultima operazione, se la stagione lo consentiva, poteva concludersi anche esponendo il pesce all’aperto, sul terrazzo dell’edificio.
Il prodotto, così finito, era pronto per essere spedito e venduto sotto diverse forme (baccalà e stoccafisso, interi o in filetti di baccalà confezionati accuratamente in scatole da mezzo chilo) nei mercati di tutta Italia, e, in particolare, a Civitavecchia, nel mercato coperto di Piazza Regina Margherita. Negli anni in cui dalle trasmissioni radiofoniche riecheggiavano le note di una celebre canzone che recitava “se potessi avere mille lire al mese”, un listino dei prezzi, datato 1940, ci informa che il merluzzo fresco era considerato “specie pregiata” (15 Lire al Kg.), mentre il pesce conservato, fatta eccezione per i prodotti sott’olio, era decisamente più economico.
Tra le diverse tipologie di pesce conservato troviamo il baccalà (da 3,70 a 5,40 Lire al Kg.), lo stoccafisso (da 5,50 a circa 7 Lire al Kg.), il tonno (circa 18-21 Lire al Kg.) e gli sgombri sott’olio (14,50 Lire al Kg.). In particolare, tra le varietà di baccalà troviamo il nazionale (tipo Islanda), lo style, il S. Giovanni e il Salinato gran banco, mentre tra quelle di stoccafisso vengono annoverate il Finmarken, l’Italiano e olandese, il Bergen Westre LofoenWestre e il bagnato. Il baccalà rappresenta ancora oggi un piatto “cult” nella cucina tradizionale marinara.
Quel prezzario, in marmo, è l’unico retaggio visivo di quanto sopra minutamente descritto, rimasto indenne nonostante i bombardamenti che hanno letteralmente raso al suolo la città assimilandola, nell’amaro ricordo del male, a Dresda.
L’insalata di baccalà, molto semplice nella preparazione, ha appunto come ingrediente principale il baccalà (sulla qualità del baccalà si privilegia quello che è più carnoso) che deve essere ridotto in piccoli pezzi sfilacciati e poi tenuto a bagno per circa ½ ora.
Trascorso il tempo di ammollo, i pezzetti vanno strizzati ben bene e messi in una insalatiera dove verranno aggiunti, tutti ridotti in piccoli pezzi, pomodori , patate lesse, coste bianche di sedano,ravanelli , carote, olive taggiasche e cetrioli. L’insalata di baccalà sarà condita poi con pochissimo sale, olio e un pochino di pepe. La semplicità della pietanza non toglie nulla al sapore semplice e gustoso che sarà apprezzato al meglio nelle serate estive dove anche la velocità di preparazione aggiunge valore al risultato.
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