Minestra o minestrone? Stabilito finalmente l’assioma di minestra vera, m’avventuro nel mondo dei succedanei e dei vari sottotipi. Parlando, però, di donne. Donne e minestre, un binomio volitivo, sapiente. Le donne moderne sono cresciute con nuove consapevolezze, diverse da quelle avite e, loro malgrado, si trovano coinvolte negli infami ritmi della vita odierna. Effetto della cinica logica capital-consumistica che, oramai, sussume in pieno l’intera giornata e il tempo di vita delle persone, insozzandone le esistenze di effetti negativi. Uno su tutti: lo stress, da mancanza di tempo.
La donna subisce di più gli esiziali effetti dello stress perché, ancor’oggi, ha un maggiore sovraccarico di responsabilità sociali rispetto all’uomo. Spingo il mio pensiero oltre, tra le infinite anse del sapere scientifico, e ritrovo l’irrinunciabile Darwin; lui sosteneva che uomini e donne sono sottoposti a pressioni evolutive diverse, tali da segnare un solco profondo tra i due generi. Mi seduce. E perciò m’adopero allo studio della giornata tipo d’una donna moderna.
La donna, col suo portato ontologico, fatto di istinto, sensibilità ed emozioni interpreta la sua vita in aperto conflitto col ruolo erga omnes che i sistemi sociali avanzati (?) tendono a imporle. La donna erga omnes; ovvero “nei confronti di tutti”, “che va bene per tutti”. E così, la giornata della donna, da quando apre gli occhi a che li richiude, è tutta un maracanà.
Si comincia dalla colazione che, nel migliore dei casi, viene preparata a casa per tutta la famiglia, ma che troppo spesso è sostituita dal solo caffè, o consumata nei bar a cornetti surgelati e caffè purga. A seguire, si sale di giri ed ecco traffico, scuole, lavoro, attività sportive, attività culturali, spesa, mestieri di casa, pranzi, merende, compleanni, cene e, a trovarne l’ispirazione, l’agognata intimità dei piaceri di coppia.
Il tutto sincopato da continue digitazioni compulsive su tastiere di telefonini pc ed altro e scandito nel tempo da una clessidra ad ampio orifizio. Frenesia esistenziale, difficilmente elidibile. La nostra (in)civiltà avanzata ha destinato ruoli precisi alla donna: quello di donna, moglie, madre, figlia, amante, amica, badante, infermiera. Naturalmente, affermata e bella.
Lo stress (termine anglosassone diffusamente utilizzato ad intendere affaticamento, ma che in verità significa forza, sforzo) è servito. E qui nasce il teorema. Ovvero: la donna moderna non può prescindere dal minestrone, la donna moderna ha bisogno del minestrone. Più dell’uomo, che nella sua mediocre razionalità rinuncia troppo spesso al suo femminile, e si reclude tristemente nel concetto di autorità e di regola.
La scienza, del resto, ha diffusamente dimostrato che lo stress provoca una netta compromissione delle funzioni intestinali; imperituro conflitto tra ragione ed istinto, tra indugio ed abbandono, insomma tra il trattenimento ed il rilascio (meglio noto come liberazione).
Questo è l’eterno dilemma. Possesso o donazione? Sciarada. Ebbene, l’eziologia del fenomeno ci dice che nella donna, storicamente dotata di alto senso del dovere, verzica e poi matura il malefico senso di colpa per quei dieci minuti passati al bagno, atti al completamento del ciclo vitale; come fosse un tempo tolto agli impegni, al dovere e quindi una colpa da espiare, spremuta com’è tra figli, mariti, genitori, casa e lavoro.
E allora? Allora le donne reagiscono e, pur di emanciparsi dall’ingrata oppilazione fisiologica, esperiscono ogni pozione liberatoria disponibile in commercio; sperimentano tutto, ma proprio tutto e di queste pratiche empiriche s’istituisce un gran passaparola tra di loro. Ma poi inesorabilmente il tempo sconfessa i mirabolanti effetti di questi preparati: alchimie dell’ingegneria pubblicitaria, diffuse in modo fallace dietro le facce di personaggi noti che esibiscono addomi bonificati e convincenti.
A questo punto, nessuna donna potrà fare rinuncia all’unica vera soluzione naturale, ultra collaudata, che più d’ogni altra coccola psiche e corpo: il minestrone. Col minestrone si aprono nuovi scenari. Si sblocca lo stallo, si riapre il mondo. E’ liberazione. Io devo dare un personale e sentito ringraziamento alle donne, poiché è solo merito loro se sulle nostre tavole periodicamente si materializza un buon piatto di minestrone.
Se fosse per gli uomini, questa pietanza difficilmente troverebbe spazio nei nostri pasti. E’ una pietanza antica della cucina povera italiana, di tradizione contadina, da mangiare come piatto unico o come primo piatto. Esportato sulle tavole di tutto il mondo. La preparazione del minestrone richiede tempo, come ogni pietanza.
Anche se oggi ci si può avvalere di macchine infernali, che consentono di cucinare senza stare in cucina. Pura antinomia. Io che provengo dal pleistocene avanzato, intendo invece il mangiare, come idea, progetto, preparazione, consumo, socializzazione e piacere del palato; e questo è un atto che a qualsiasi latitudine lo si voglia osservare, non può slegarsi dal concetto di tempo. Per cucinare occorre tempo.
Il minestrone è un piatto pop. Buono per tutto l’anno, da servire caldo d’inverno e freddo d’estate e da cucinare utilizzando verdure fresche di stagione. Il minestrone surgelato? Mi astengo dal commento. Consumate in modo sano il vostro tempo, fate la spesa col portafoglio e con la testa e disponetevi in cucina nell’emozionante preparazione del minestrone, dalla mondatura delle verdure all’impiattamento.
Inondatevi dei suoi profumi, non rinunciate mai al soffritto ed al cavolo nero (vero lassativo naturale), utilizzando il maggior numero possibile di verdure in foglia. Eccellente in purezza con olio extra vergine d’oliva e qualche crosta di parmigiano o, per chi non sa rinunciare agli amidi, con l’aggiunta di pasta (in alternativa pane tostato).
L’effetto visivo finale deve essere caleidoscopico, un trionfo cromatico di vegetali ove lo sguardo posa e si discioglie in quell’unicità multi colore, impossibile da trovare in altri piatti. Da ultimo, il minestrone è il piatto più indicato per le giornate che sono andate storte, quando torniamo a casa incazzati col mondo intero, ma troviamo l’accogliente sorriso degli affetti ed il conforto di questo piatto straordinario. Più distensivo di una lezione di yoga. Il minestrone è il piatto della riscossione sociale, della decrescita d’avanguardia, è l’antidoto all’azione dello stress da capitalismo avanzato. Grazie alle donne, tutte. Grazie a oltranza.
di Cibaria
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