Volcanic Wines? What are they??? Un’antica saggezza popolare in Tuscia recita: “Quando la montagna del Cimino fa cappa, correte che ecco l’acqua”. Ma quello di cui le antiche saggezze popolari non avevano tenuto conto è quando il Vulcano fa Cappello! Forse non serve sottolinearlo, ma questo è il momento dei vini del Vulcano. Ha fatto da testa di ponte l’Etna, che negli ultimi anni è salito alla ribalta con i suoi vini, senza alcuna forzatura paragonati ai rossi di Borgogna – Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio – e ai Riesling più importanti d’Europa per i bianchi, con il Carricante come miglior termine di paragone.
Ad oggi sembra che i risultati, almeno nell’eleganza concessa dai territori vulcanici, siano inarrivabili. Ne sono il chiaro termometro le manifestazioni e le degustazioni che si stanno sviluppando al riguardo e vista la geologia della nostra penisola, non poteva essere altrimenti: il suolo vulcanico è una caratterizzazione territoriale tra le più estese in Europa e solo in Sardegna ne esistono 32 aree diverse, tutte dal grande valore enologico. Tra le manifestazioni di riguardo sull’intero territorio nazionale va annoverata Volcanic Wines, una due giorni di convegni itineranti, di wine tasting e di degustazioni tecniche per addetti ai lavori. Vulcanico per indole e per genesi, si manifesta col cappello invece che con lo sbuffo; la sua forza e il suo limite sono la profonda preparazione e il “caratterino-speriamo-gli-giri-bene”; da quando lo conosco io – ormai 20 anni credo – porta con sé quella naturale propaggine della mano: il calice. E’ Carlo Zucchetti, uno dei fondatori di Arcigola, mica pizza e fichi!
Lui è il regista e lo scenografo che porta in scena con successo Volcanic Wines (e diciamolo: gli viene anche bene!). La kermesse è dislocata su tre territori vulcanici diversi ma adiacenti: Pitigliano, Orvieto e Montefiascone. Oltre 100 le aziende partecipanti ai banchi d’assaggio nella ex Chiesa di San Girolamo Maggiore a Orvieto, nella suggestiva cornice di Piazza del Duomo, sotto il fuoco fragoroso del Volo della Palombella. A Montefiascone invece, la degustazione “I vini dei Vulcani”, un confronto tra territori vulcanici di tutta Italia, uniti dal fil rouge della lava colata dai loro crateri millenari, alcuni ormai spenti, altri attivissimi. E la fresca pioggia di questo nuovo mese, “Maggiovembre”, ci accarezza durante tutto il cammino (governo ladro!) fino al bastione dell’antica Rocca dei Papi.
Appena arrivati incontriamo Armando Castagno, una delle firme più autorevoli del mondo del vino, consacrato nell’Olimpo degli enodivulgatori. Ci piace Armando: ricorda la versione snella di Aldo Fabrizi; è tenace, forbito, adamantino e simpatico, cosa abbastanza rara al suo livello; e ci piace ancor di più quando parla di Borgogna. La degustazione era prevista alle 17:30, ma nessuno fa capolino alle 17:45. Neanche alle 18:00. 18:30? Nada de nada. Finalmente alle 18:39 arrivano i colleghi anglosassoni e quelli tedeschi (rigore ed efficienza nordiche!) e con l’incazzatura di chi come noi (e davvero pochi altri) era lì puntuale, si inizia! Zucchetti fa gli onori di casa. Castagno prende la parola e ti accorgi subito di come Bonito Oliva, ne “L’ideologia del traditore”, avesse ragione quando affermava che il vero artista è il critico d’arte e l’artista è pennello nelle sue mani, inesistente fino a quando il critico non ne delinea i tratti e le caratterizzazioni. Ecco, Castagno ne è l’eno-corrispettivo.
Mantiene la dissertazione vivace, tutt’altro che monotona, con piccole, continue deflagrazioni: “L’Irpinia non è un sottosuolo vulcanico”; “Il Vulture non è territorio completamente vulcanico…”. Non mancano le intersezioni a raso, improvvise e qualcuna fuori luogo: “Il linguaggio è troppo tecnico…”, si sbilancia un giornalista; Castagno: “Questa è una degustazione per gli addetti ai lavori!”; “E’ Malvasia di Candia non Malvasia Toscana, la slide è sbagliata”; Castagno: “L’ho presa proprio dal suo sito!”. Insomma, coma già detto, adamantino. I sommelier Fisar versano nei calici 13 vini frutto di 13 produttori diversi da 13 territori diversi: quella che dovrebbe essere la prova pragmatica che il terroir esiste, entra nel bicchiere e inizia la degustazione.
Insomma, la triade Zucchetti-Vini vulcanici-Castagno è sommo gaudio per l’eno-appassionato. Anche se i vini presenti in degustazione a me non hanno convinto, chiedo venia! Li ho trovati in molti casi più anoressici che eleganti, spesso congestionati da un apporto chimico che poco lascia intravedere il territorio; questo soprattutto per i vini del Lazio, dell’Umbria e di Pitigliano. “Il solito esterofilo!”, si dirà, ma è quello che, nonostante le tante belle parole spese, mi è arrivato dai bicchieri. Ad onor del vero però, va detto che il costo medio in enoteca di questi vini è perlopiù al di sotto dei 10 euro e fare una selezione dall’approccio quasi proletario è spesso effettivamente difficile. A dispetto del nostro forzato abbandono della manifestazione, bisogna ammettere che ce ne fossero di manifestazioni così, soprattutto sul territorio laziale! E occhio, dalle parti della Tuscia c’è un vulcano attivo da ormai mezzo secolo: si chiama Carlo Zucchetti!
Di Raffaele Marini
Aziende partecipanti in ordine di degustazione:
Cantina di Soave- Soave- Lessini Durello Charmat
Bigi -Orvieto- Orvieto classico Vigneto Torricella
Cantina di Pitigliano -Pitigliano- Bianco di Pitigliano Superiore Ildebrando
Trappolini -Castiglione in Teverina- Procanico
Giardini Arimei Muratori -Ischia- Ischia Bianco Pietra brox
Cantine Astroni –Campi Flegrei- Falanghina Vigna Astroni
Menti Vini -Gambellara- Gambellara Classico Riserva Rivalonga
Gini -Soave- Soave Classico La Froscà
Cantina di Mogoro -Sardegna- Semidano di Sardegna Superiore Puisteris
Proietti -Olevano Romano- Cesanese Vignalibus
Tre Cancelli -Cerveteri- Sangiovese Lazio rosso Siborio
Antichi Viai -Etna- Etna Rosso Petralava
Cà Lustra -Colli Euganei- Fior d’Arancio Passito
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