“L’esperienza nel piatto”, potrebbe essere il titolo di un documentario o di un libro, mentre è semplicemente il riassunto di una vita professionale passata in cucina, ma non in una cucina qualunque, in quella di molti ristoranti in giro per il mondo. L’esperienza, di cui oggi raccontiamo, è quella di Marco Coppola, chef e ristoratore, titolare del rinomato ristorante “Casa Coppola” a Trevignano Romano (RM). Una storia come tante, quella del cuoco, iniziata davanti a un lavello a pulire centinaia di stoviglie in giovane età, una di quelle attività sfinenti e stancanti che farebbero perdere entusiasmo a chiunque, tranne a chi della cucina vuole fare la sua missione di vita.
Nato a Sorrento nel ‘74 in una famiglia di ristoratori, Marco Coppola è il terzo di cinque figli, diventati poi tutti a loro volta imprenditori nel settore ristorazione. Mentre mi racconta con grande nostalgia e dolcezza della sua famiglia d’origine, provo a capire in che modo lui abbia mosso i primi passi tra pentole e fornelli. “L’amore per la cucina l’ho imparato tra le mura domestiche, grazie alle mie nonne che vivevano con noi. Ricordo perfettamente con quanto amore cucinavano per tutta la famiglia e noi attendevamo che si sedessero anche loro a tavola per mangiare, in un clima di grande condivisione. Loro mi hanno insegnato a cucinare e a mangiare.
La mia prima esperienza lavorativa è stata nel ristorante di mio padre in giovanissima età. Non ho mai trascurato nulla, lavoravo già sia in cucina che in sala, perché per me era interessante apprendere il lavoro a tutto tondo. Intorno ai 18 anni ho lasciato Sorrento e ho iniziato a fare il mio lungo viaggio esperienziale per il mondo. Sono partito per la Francia, per poi passare da Germania, Svizzera, Inghilterra e Spagna. Ad un certo punto ho deciso di imbarcarmi e ho attraversato il mare dei Caraibi e tutto il Mediterraneo. In ogni singolo locale in cui ho lavorato ho imparato qualcosa”. A questo punto, immaginando la risposta, chiedo cosa abbia messo fine a questa impavida sete di esperienza. “Ho incontrato mia moglie. Ci siamo conosciuti lavorando insieme in un locale a Londra, in cui io ero responsabile della cucina, ci siamo innamorati e abbiamo messo al mondo Federica.
A quel punto abbiamo sentito il desiderio di rientrare in Italia e siamo partiti per Roma”. Rientrare e riuscire a rimettersi sul mercato in uno dei Paesi con il più alto tasso di disoccupazione, dietro solo a Grecia e Spagna, credo sia una scommessa a dir poco coraggiosa e a questo pensiero mi porta obbligatoriamente a chiedere che accoglienza abbia trovato nella Capitale. “E’ stata veramente durissima. Lavoravo in uno dei migliori ristoranti di Londra, parlo 4 lingue, ma ho dovuto ricominciare tutto da capo. Mi ero ormai abituato ad un approccio meritocratico, invece tornando in Italia mi sono nuovamente scontrato con la mentalità retrograda che da sempre regola il mondo del lavoro. Ho ricominciato facendo il lavapiatti e ho ripreso in mano la mia vita.
Dopo poco, deluso, sono ripartito verso Sorrento, in seguito ad una proposta lavorativa interessante, per lavorare alla nuova apertura di un albergo, ma avendo lasciato moglie e figlia a Roma sono poi rientrato nella città eterna. Ho quindi ripreso a lavorare nella cucina di un ristorante, ma contemporaneamente ho scritto tre libri di cucina e ho partecipato a ‘La prova del cuoco’ programma tv in onda su Rai 1 per parecchio tempo”. Finalmente lo chef fa gli onori di casa e ci racconta della nascita di Casa Coppola. “In seguito alle esperienze fatte ho poi deciso di investire su me stesso e aprire un mio ristorante a Roma, ‘Casa Coppola’ appunto. Di lì a poco però, a causa delle difficoltà e della lontananza tra casa e ristorante, ho deciso di trasferire l’attività sul Lago di Bracciano a Trevignano Romano”. Sulla considerazione della sua disponibilità ad aprire una finestra sulla sua travagliata e per niente noiosa vita, voglio anche capire quale sia la sua filosofia culinaria.
“Il mio approccio all’arte culinaria è senz’altro molto legato al territorio. Nel mio locale si mangiano piatti a base di materie prime trovate la mattina al mercato. Solo prodotti freschi, stagionali e altissima qualità, senza forzature. Serviamo le migliori ostriche al mondo, dando quindi la possibilità alla clientela di non dovere fare centinaia di chilometri per cercare una cucina diversa dall’offerta che si trova in zona. La professionalità si esplica innanzitutto nella scelta della materia prima e poi anche nel saperla trattare e cucinare nel totale rispetto della stessa. Girando il mondo ho capito una cosa: la varietà di prodotti che abbiamo in Italia non esiste in altre zone, siamo forse secondi solo al Brasile. Abbiamo quindi la fortuna di poter creare una vasta gamma di abbinamenti e infiniti sapori”.
Essendo un’amante dell’enogastronomia, ma non certo una cuoca professionista, cerco di carpire qualche segreto sul superpotere di saper abbinare sapori improbabili con risultati a dir poco eccellenti. “Riconoscere i profumi è assolutamente fondamentale. Testa, naso e occhi sono sapienti guide nella nostra professione. L’odore dà un impulso al cervello, suggerendo una certa alchimia, che porta lo chef ad elaborare un’idea fino poi a concretizzarla nel piatto. L’esperienza fa il resto. Ovviamente chi conosce i sapori sa quale imput daranno al palato. In realtà la grande cucina, senza raccontare favole, è solo ed esclusivamente quello che ci piace mangiare. Non esiste un concetto di buona cucina universale secondo me. La bontà di un piatto è il risultato delle nostre aspettative e dell’emozione che il sapore riesce a rievocare al palato”. A questo punto mi ritengo decisamente soddisfatta, avendo anche risolto un dubbio sulla mia eventuale inadeguatezza ad apprezzare certi esperimenti culinari, lascio quindi Marco Coppola al suo lavoro e inizio a cercare il prossimo chef a cui rubare qualche altro segreto per poi raccontarvelo.