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Con il pluripremiato giornalista Daniele Bartocci parliamo del presente e del futuro del food Italiano

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Tentare di descrivere Daniele Bartocci in poche righe è davvero un’ardua impresa. Stiamo parlando, infatti, di un giovane e promettente giornalista che con preparazione e curiosità si è fatto strada, con ampi e riconosciuti meriti e premi, in molti campi, l’ultimo in quello del food. Daniele ha vinto pochi giorni fa il prestigioso premio Food&Travel Awards 2022 dedicato alle eccellenze Italiane.

Qui, a Moondo Mangiare, cerchiamo con il suo aiuto, di conoscere in maniera più approfondita quello che è il suo sguardo sul food Italiano presente, ma soprattutto futuro.

Daniele Bartocci Foto by Daniele Bartocci

Chi è Daniele Bartocci? Sul suo sito ho visto che lei si descrive con degli aggettivi, uno per ogni lettera dell’alfabeto, se ne dovesse scegliere tre, quali metterebbe sul podio? Credo la motivazione sia l’elemento che più mi contraddistingue. Motivato è l’aggettivo che meglio mi descrive. Sotto questo aspetto mi sento di dover ringraziare mio zio Alberto Santoni, fratello di mia madre e primo vice-allenatore italiano del grande Julio Velasco (Jesi volley serie A2, stagione sportiva 1983-84), che sin da piccolo mi ha impresso i valori del sacrificio, della caparbietà e il fondamentale concetto di superare se stessi e i propri limiti, pur mantenendo sempre la necessaria umiltà. Al giorno d’oggi in Italia molti giovani credono di essere già arrivati al top, sbagliandosi pienamente. In linea generale credo non si debba mai smettere di imparare, soprattutto da persone più anziane ed esperte di noi…

Ormai siamo sempre portati a passare dal tegame alla cottura con l’azoto, come vede questo connubio, ammesso che si tratti di connubio, tra food e tecnologia?A mio parere l’innovazione e la tecnologia devono e dovranno andare sempre a braccetto con il fattore della Tradizione. Il cosiddetto fattore T che ancora oggi, nei tempi della rivoluzione digitale e in un’era che abbraccia un’audience spesso e volentieri più consapevole grazie all’espansione incontrastata del World Wide Web, può andare a rappresentare un valore aggiunto e in particolar modo un elemento di identificazione rispetto ai competitors per numerose realtà del settore alimentare. Il concetto di Food Tech, molto in voga oggi, intende rendere più efficiente e sostenibile il settore alimentare nelle diverse sfaccettature, a livello di produzione, di consumo, di delivery, marketing e di comunicazione ad esempio. A mio modo di vedere non si deve però mai dimenticare le origini di un prodotto ovvero la tradizione, il proprio territorio, che in un’ottica di storytelling ancora oggi può fare la differenza all’interno del business plan imprenditoriale. Riepilogando: ben accetto lo sviluppo tecnologico, ben accetti anche i modelli innovativi digitali del b2b, ben accetta la tecnologia di processo e di prodotto applicata al panorama del food, ma senza particolari abusi, compromessi e/o strumentalizzazioni. Un po’ come quello che avviene (all’estero ma non solo) per il nostro Made in Italy e per il termine gourmet che potrebbero essere valorizzati, se rispettati determinati vincoli e parametri, ancora e molto di più in giro per il mondo…

In due aggettivi ci illustri il panorama food Italiano e quello Mondiale. Food italiano fa rima con qualità, è il migliore al mondo. E credo sentiremo molto parlare da qui in avanti, col nuovo governo, di sovranità alimentare. Una definizione che potrebbe essere molto interessante, staremo a vedere. Nel mondo non vedo e non ho mai visto finora un cibo più buono del nostro. Il 2022 è stato un anno stratosferico, con cifre da record, per il nostro export alimentare, non dimentichiamolo. Emblema di quanto siamo forti nel food. Parlando di cultura alimentare, siamo i numeri uno. E credo nello stesso tempo che fuori dal nostro paese ci sia un palato medio molto ma molto inferiore rispetto al nostro. So che qualche azienda fa ad esempio due differenti linee di prodotto, una per il mercato italiano e una riservata al mercato estero, proprio per il motivo indicato sopra. Cito infine un aneddoto: sono stato in viaggio di nozze, tre mesi fa, in Costa Azzurra e onestamente mi sono trovato non bene a livello culinario. W il food italiano!

Viste le recenti norme Europee, ad esempio, siamo destinati a perdere la nostra identità Nazionale nel mondo del food? Mi riferisco naturalmente ai formaggi, ai vini, e a tutto quel comparto agro alimentare che subisce anche sofisticazioni e adulterazioni, soprattutto in Europa ma anche nel resto del Mondo. Per mia natura non mi piace concentrarmi troppo sulle questioni politiche e legislative, posso dire che mi vien da ridere quando sento parlare, tanto per fare un esempio, di insetti commestibili. Voglio sperare che onestamente a livello UE non ci siano particolari logiche di business egoistiche che vogliano penalizzare l’eccellenza Made in Italy nel mondo. Tuttavia credo non perderemo mai la nostra identità italiana a livello food. E la stragrande maggioranza degli italiani si dichiara disponibile a pagare qualcosina in più pur di non perdere la garanzia dell’origine Made in Italy. Non credo che ameremo mai cibi sintetici, polveri o similari. E per questo sarebbe dura accettare quella che in Europa talvolta vogliono etichettare, a mio avviso erroneamente, come dieta green a discapito di vini e carni italiane viste ‘stranamente’ come fattori di rischio.  I nostri prodotti, le nostre eccellenze agroalimentari devono essere promosse perché appunto siamo i numeri uno.

Cucina sempre più green e salvaguardia dell’ambiente, meno carne e più attenzione al Pianeta, alla natura e agli animali, quale futuro vede per questo aspetto? Confermo quanto dichiarato sopra, mi spiace pensare a livello Ue a tagli ai fondi ad esempio per carni rosse, vino o birra perché non credo in giusta dose facciano male a nessuno. Sostenibilità ambientale, salvaguardia del benessere animale e cucina green sicuramente sì, sono termini importantissimi ma anche qui senza abusi o incredibili stravolgimenti del termine. Slogan ambientalistici possono fare la differenza nel marketing di un’azienda del settore e proprio per questo numerose realtà alimentari si stanno muovendo in questa direzione.  La produzione alimentare diverrà sempre più efficiente e smart, puntando su packaging plant-based e bio-based (es. da foreste gestite in maniera responsabile), tutelando l’ecosistema inteso nella sua definizione più ampia. Vediamo sempre più spesso offerte di prodotti incentrati su slogan ecologicamente impattanti; ciò non può che aiutare a rafforzare il legame con i propri clienti e stakeholder e il patrimonio relazionale. Oggi occorre agire nelle questioni considerate fondamentali dalla società, come quelle ambientali e salutari. Ciò tramite una virtuosa brand identity legata ad elementi tangibili di ecologia e sostenibilità, inevitabilmente da trasmettere indirettamente o direttamente all’utente finale. Ora come ora credo la questione più complessa sia quella di risolvere, al più presto, i capitoli Crisi climatica, Guerra e volatilità dei prezzi che sta mettendo in enorme difficoltà tantissime famiglie e realtà imprenditoriali”.

Cucina della nonna e delle tradizioni da una parte, farina di insetti e apertura a nuovi cibi dall’altra, c’è possibilità di far collimare le due cose, soprattutto in Italia vista la nostra tradizione culinaria famosa in tutto il Pianeta ancorata appunto ai piatti tipici? Personalmente non ho mai amato i cosiddetti cibi spazzatura o ingredienti per così dire molto caratteristici. Ci sono forti discussioni e accesi dibattiti da questo punto di vista. Senza addentrarmi sulle questioni politiche, penso proprio che agli italiani piace mangiare bene. Siamo amanti del gusto, della buona cucina. Cose buone, salutari, nel rispetto della tradizione e del Made in Italy. Cibi sintetici e farine di insetti lasciamoli mangiare ad altri, almeno io mi inserisco nel filone di pensiero che sposa questa tesi. Ricordiamoci sempre che il sistema agroalimentare del nostro paese vale il 25% del Pil, quasi 540 miliardi di euro, con numeri export indubbiamente emblematici. Non dimentichiamo neppure che vegetale, vegano e biologico stanno facendo registrare un trend molto positivo, a testimonianza che sono sempre più numerose le famiglie in Italia (ormai abbattuta la quota 20 milioni) che acquistano e utilizzano questi prodotti. Un Concept o stile di vita che, senza ombra di dubbio, non ha niente a che fare con prodotti chimici, insetti o alimenti sintetici che qualcuno sembra aver voglia di lanciare a dismisura sul mercato.

Sport e alimentazione. Parlando del futuro, quale potrebbe essere secondo lei l’idea vincente da usare nelle scuole per “sponsorizzare” che un buon risultato sportivo passa anche per una sana alimentazione? Al giorno d’oggi si parla tanto di nativi digitali ma poi in realtà dilaga l’analfabetismo funzionale. Due visioni totalmente contrapposte che, per come la vedo io, vanno a rafforzare sempre di più la tesi che bisogna investire sull’istruzione e sulla formazione in linea generale. In un’era in cui non sempre le famiglie trasmettono i sani valori etici e sociali ai propri figli, sport e food ovvero attività agonistica e sana alimentazione a mio parere va a rappresentare un connubio vincente che può aiutare a molti giovani di oggi, protagonisti del domani, ad assumere maggior responsabilità e a compiere scelte in maniera progressivamente più responsabile non solo durante la disciplina sportiva ma soprattutto nelle diverse realtà della vita quotidiana. Chi non fa la vita da atleta… prima o poi i limiti in tal senso verranno a galla. Ecco perché il ruolo delle famiglie, e la trasmissione dei principi salutari e delle sane abitudini di vita, anche da parte dei docenti e dei vari istruttori, dovrebbe essere messo oggi più al centro del dibattito nello scenario nazionale ai fini di una crescita a 360 gradi.

Premiazione Daniele Bartocci. Foto by Daniele Bartocci

Visto il suo ruolo di giudice nella trasmissione Sky “The King of Pizza”, cosa ne pensa delle trasmissioni tv sulla cucina ma soprattutto delle “gare culinarie”? Possono aprire la possibilità a nuovi stimoli o a nuovi campi da sperimentare? Sicuramente sì, condivido questa posizione. Sono a favore delle trasmissioni televisive in ambito food, sono molto utili anche per favorire un’audience più consapevole nel campo. Da un lato i format tv fanno rima con nuovi stimoli e motivazioni da parte di chi ambisce un giorno a palcoscenici di rilievo. Dall’altro mi risulta anche che questi programmi food tv possano favorire l’iscrizione a università, master, studi e corsi specializzati nel settore. Ovviamente questo non vuol dire che le gare culinarie in tv ricalchino esattamente ciò che avviene ogni giorno ad es. nelle cucine dei ristoranti italiani. Nel senso che la tv il più delle volte è spettacolo e divertimento. La vita di tutti i giorni, fatta di sacrifici, fatiche, passioni e delusioni, credo sia abbastanza diversa da quello che spesso vediamo in tv. Dal mio canto sono davvero molto felice di aver vinto pochi giorni fa il prestigioso premio Food&Travel Awards dedicato alle eccellenze italiane. Sono altrettanto contento di essere giudice del programma King of Pizza su Sky/Canale Italia, l’unico format tv interamente dedicato alla pizza gourmet, ideato da Dovilio Nardi, Presidente Nazionale Italiana Pizzaioli e detentore di 8 Guinness World Record. Ho notato, nelle circa 20 puntate, un livello davvero molto alto: ciò a testimonianza che ancora una volta i pizzaioli italiani così come i cuochi italiani, e personalmente non avevo dubbi, sono i migliori al mondo”.

Ringraziando Daniele per questa interessante chiacchierata, non ci resta, quindi, come sempre, che fare sempre più il tifo per il nostro food!






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