Di anfora, di mode e di vino.
“Vanno, vengono,
ogni tanto si fermano…
Vengono, vanno, ritornano…”
A. M.
Volevo parlare di mode.
Di mode che vengono e di mode che se ne vanno. E anche di quelle che a volte ritornano. Come i treni nelle stazioni. Come la terra piatta.
O come…
O come gli occhiali da nerd: grossi, spessi, squadrati e con quelle lenti oversize che gli conferiscono un peso che si aggira sui due chili e mezzo, sono stati domicilio obbligatorio su volti come Woody Allen e Bill Gates. Oggetto di scherno per eccellenza. Attrazione compulsiva per bulli e violenti d’ogni sorta. Tra l’altro dei veri e propri “scacciafica”. Almeno fino a 15 anni fa, più o meno. Oggi invece sono diventati delle vere esche sessuali. Conferiscono in un sol tempo intellettualità, mistero e fragilità. Insomma con gli occhiali da nerd (anche senza lenti) s’acchiappa di più. Certo, un po’ del tuo deve esserci.
Insomma, dicevamo di mode, quelle che vanno e vengono e che a volte, come le nuvole di Alda Merini, “magari si fermano tanti giorni che non vedi più il sole e le stelle”. E così… Io che vi parlo di mode. Praticamente come un maniscalco del 1212, docente di cattedra ad un corso per sommelier dell’acqua. Basterebbe gettare un occhio al mio guardaroba per capire che, in fatto di estetica, faccio acquisti come un clown daltonico dopo essersi ubriacato.
Però volevo parlarvi di mode.
Glissando pietosamente su di me, torniamo all’oggetto del nostro dissertare. Un punto essenziale è che le mode fanno. E si sappia in giro: “fanno quel che vogliono”. Se ne strafregano del pensiero individuale, del vostro essere al di là dei tempi e dei luoghi. Se ci si adegua bene, sennò si finisce tra gli emarginati, gli sfigati e i disadattati. Questa è la moda. Essa è simbolo. È marchio. È dittatura. Non chiede licenza e manco bussa. Come la Primavera di De Andrè “lei entra sicura”. E io, che sono sempre “fuori tempo, fuori moda, insomma sempre fuori dai” (giuro che è l’ultima canzone che cito nel pezzo!), ho sempre legato poco con chi non chiede permesso prima di entrare.
Però volevo parlarvi di moda e di vino.
Le mode e il vino.
Due mondi vicinissimi, non come il vino e l’arte, ma più o meno come Venere e Giove. Me ne sono accorto ad una delle ultime fiere nelle quali solitamente non mi (ri)conosce nessuno. Questo mio vivere nascostamente va di certo a vantaggio della mia ansia. Ma altresì consolida il fatto che sono poco trend. D’altronde anche l’ansia è fuori moda. La differenza la vedo nel confronto col tizio goliardico davanti a me. Saluta tutti, sbracciando come se stesse annegando in alto mare. Si destreggia con padronanza da viveur nel continuo scambio di melliflui convenevoli, spinto avanti quasi per inerzia da solide pacche sulle spalle.
Ma lui, si vede, è uno che ci sta dentro. Perché nonostante i quasi sessant’anni e incurante degli ottanta centimetri di giro vita di troppo, dichiara palesemente la sua propensione al “far tendenza”. La scritta Calvin Klein in oro su sfondo rosso delle mutande che gli strabordano abbondantemente dai pantaloni, dentro le quali è stata rimpinzata a forza la camicia bianco perla, è l’epitome che il brand è tutto su tutto!
L’anfora is the new barrique
Tornando al vino. Per la barrique sembra ormai giunta l’ultima mezzanotte (più o meno): di fatto non passa banco d’assaggio di qualunque fiera in cui non ci sia produttore che ti proponga il suo vino passato in anfora. Insomma, “anfora is the new barrique” (l’anfora è la nuova barrique, per capirci anche dal Galles in giù). Tutti o quasi ce l’hanno. Mentre ti versano il loro oro liquido, cambiano radicalmente postura rispetto ai precedenti diciotto vini: gonfiano il petto di estrema fierezza, limano lo sguardo, ammiccando al miglior manifesto di James Dean, senza sigaretta e appena tornato dalla sagra della porchetta di Vallerano ( o Arriccia, dipende da come siete geolocalizzati). E ti sparano un: “Questo è il nostro anfora”; che manco dicano “Bond… James Bond”.
Oh, sia chiaro: io non ho nulla contro l’anfora e nemmeno contro la barrique! Magari però, nel vino, un po’ con le mode ce l’ho. Se l’anfora diventa il nuovo veicolo di vendita perché fa trend, poco cambia dalla tanto demonizzata barrique.
Mode che fanno capolino.
Forse non si sostituiranno i trucioli, da inoculare nel vino, con i cocci d’anfora. Forse (anche se sarebbe più facile reperirli, i cocci!).
Forse l’anfora non sarà in grado di “contaminare” in maniera così definitiva il vino come il legno. Ma anche se con effetti diversi, ci troveremo con tutta probabilità nuovamente a premiare il contenitore e non il contenuto. Un po’ come l’indigenza d’arte negli anni del miracolo economico italiano, quando si poteva confezionare come composizione artistica anche della “Merda D’Autore”.
P. S. A proposito di mode: autorevoli e credibili penne enologiche, mica io, scrivono da tempo che la moda dei vini grassi, grossi e potenti sta sempre più lasciando spazio a quella dei vini slanciati, freschi e beverini. Io questo ancora -purtroppo- non lo noto. Spero in verità che quest’ultimi arrivino presto e che non sia invece un’attesa vacua come quella per la famosa promessa, mai consolidata, del tanto atteso e mai arrivato “Baffone”.
di Raffaele Marini