IntervisteIntervista allo chefFabio Di Felice: partire da zero, tanta passione e voglia di sperimentare

Fabio Di Felice: partire da zero, tanta passione e voglia di sperimentare

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Da qualche anno i media hanno regalato un nuovo volto alla figura dello Chef. Ore e ore di trasmissioni televisive e radiofoniche per raccontare storie di professionisti che ce l’hanno fatta, storie di uomini e donne dall’immagine vincente che in pochi minuti preparano piatti incredibilmente belli, a volte permettetemi anche di difficile comprensione ai profani, davanti agli occhi di aspiranti cuochi di grido che in un paio di settimane da impiegati si trasformano in esperti della cucina. In realtà la figura del cuoco, come lo si definiva fino a qualche anno fa, è molto più di questo.

La passione per la cucina è sinonimo di duro lavoro, di un percorso lungo ed estenuante che inizia con la pulizia dei locali, il lavaggio delle stoviglie e il servizio in sala, affiancato da uno studio della chimica degli alimenti e dallo sviluppo della capacità di stare al passo o di rimettersi in gioco ogni volta che i tempi o i clienti lo richiedono. La cucina, intesa in senso professionale, non si limita alla scienza di saper cuocere un alimento o confezionare un piatto, ma è un continuo equilibrio tra la conoscenza della tradizione e il desiderio di innovazione, animato dalla brama di risvegliare un’emozione attraverso un sapore o un ingrediente.

Questa è la vera missione di Fabio Di Felice originario di Terracina, titolare del ristorante “Vizi Capitali” nella zona di Trastevere a Roma, “ho capito molto presto quale era la mia passione. Quando ero piccolo mia madre lavorava nella cucina di una trattoria a Terracina e io e mio fratello, all’epoca ancora bambini, andavamo con lei la sera. Ricordo che stavamo serate intere sulla sedia ad aspettare che mamma finisse di lavorare, spesso a notte fonda. Quando poi una sera la titolare della trattoria ci chiese di aiutare nel servizio, per me è stato un momento emozionante. Appena concluse le scuole medie ho intrapreso gli studi alla scuola alberghiera di Fiuggi, ma sempre con il pensiero di tornare in cucina quanto prima. Appena concluso il triennio ho deciso di iniziare a lavorare.

A questo punto non resisto, la curiosità è femmina “come per l’amore c’è sempre una prima volta, la prima esperienza. E Fabio ha una gran voglia di raccontarsi: “Una storia simpatica tutta da raccontare. Mi sono informato su quale fosse il miglior ristorante di Terracina, l’ “Hostaria del Vicoletto” di Biagio Tarquinio, e nonostante fossi un ragazzino ho preso il coraggio a due mani e mi sono presentato a parlare con il titolare per chiedere lavoro. La prima risposta è stata negativa. Dopo aver pensato a lungo ho attribuito il diniego ad un abbigliamento sbagliato, quindi il giorno successivo mi sono ripresentato vestito elegantemente per fare un’impressione migliore. Purtroppo nemmeno in quell’occasione sono stato accontentato, anzi il ristoratore mi ha portato in cucina per farmi capire che il personale era ormai al completo. Deluso me ne sono andato, ma senza darmi per vinto il giorno ancora successivo sono tornato a chiedere lavoro e, sfinito dalle mie richieste, finalmente Biagio mi ha accontentato. Da quella cucina sono uscito dopo 11 anni di grande formazione e fatica. I primi anni in cui lavoravo è stata dura, vedere i miei coetanei andare al mare, mentre io ero chiuso in cucina a lavare piatti, servire in tavola e imparare un mestiere, ma la passione e la volontà sono stati un richiamo sempre forte. Per me niente era più importante di avere l’occasione di diventare uno chef quindi asciugavo le lacrime e continuavo le mie mansioni. Mi piace pensare che per me diventare Chef sia stata una chiamata, quasi una vocazione. Succede sempre così nella vita, fatta la prima esperienza viene una gran voglia di di fare altre esperienze.

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“Dopo 11 anni, continua Fabbio. ho deciso di confrontarmi con una città più grande e sono andato a Roma. Ho lavorato presso un ristorante della Capitale e posso dire che l’esperienza è stata positiva dal punto di vista della formazione, ma l’ambiente non era il massimo, quindi avendo ricevuto una proposta di lavoro da un ristorante molto rinomato sull’isola di Capri ho preferito trasferirmi e lavorare nelle cucine del ristorante “Villa Verde” dove ho svolto anche attività di consulenza. Il locale annovera tra i suoi clienti alcuni vip di fama internazionale e vanta una clientela molto esigente, quindi un luogo ideale per misurarsi con la cucina di alto livello.  In seguito 11 anni fa ho deciso di mettermi in proprio e aprire il mio ristorante “Vizi Capitali”.

Un lavoro di grande sacrificio, non esistono festività, vita sociale, orari. Dove finisce il lavoro e inizia la vita privata per uno chef è un confine inesistente. “Mi sono sposato 18 anni fa e ho avuto la fortuna di incontrare una donna di grande cultura, laureata in lettere moderne, che mi ha sempre appoggiato e seguito. Per me la cucina è amore e passione e questo sicuramente mi ha portato lontano, ma la sua grande cultura mi ha aiutato sotto molti altri aspetti. Spesso mi rendo conto che il fatto di ricevere suggerimenti da chi ha una visione diversa sulle situazioni è un importante valore. Abbiamo due figli uno di 17 e uno di 9 anni e mia moglie ha sempre lavorato con me, mi auguro per lei non sia stato un sacrifico. Non me lo ha mai dichiarato. Oggi questa vita è la nostra “normalità”, per noi il capodanno inizia dopo aver terminato il servizio, solo dopo aver soddisfatti i nostri ospiti riusciamo a stappare la bottiglia e festeggiare. In famiglia siamo tutti amanti della cucina, mia madre lavorava in una trattoria, mio fratello è imbarcato fa il cuoco su una nave, quando stiamo insieme ci confrontiamo, ci critichiamo e il nostro legame passa sempre attraverso la nostra professione. Siamo legati a doppio filo. L’estate scorsa ho portato mio figlio, il maggiore, a fare la stagione nel ristorante di Biagio a Terracina. Non so cosa vorrà fare una volta terminati gli studi, ma volevo che facesse un’esperienza formativa a tutti i livelli, lavorando in un ambiente diverso da quello famigliare e imparando cosa sia la fatica. C’è da domandarsi se dopo tanti anni la passione per questo speciale lavoro rimane la stessa dei primi anni o se con il passare del tempo si perde. “Il segreto per mantenere viva la passione è cambiare sempre approccio riflette Fabio quasi mi avesse letto nel pensiero, cercare nuovi prodotti, creare nuovi piatti o menù. Spesso mi misuro con le esigenze del cliente, a volte mi richiedono piatti particolari al momento e la sfida a quel punto per me è sorprendere il cliente, ricreando magari un sapore che dà emozione e che già era nella sua testa e nel suo cuore.

Prima di salutarci gli faccio una domanda: Qual’è la lezione che più ti è servita nel tuo lavoro?

Partire da zero, mi risponde senza pensarci nemmeno un momento, avevo uno zio che gestiva due ristoranti in Canada e mia madre quando veniva a trovarci, orgogliosa, gli raccontava che io avevo iniziato a lavorare in cucina. Ricordo che lui mi diceva sempre di lavorare tanto, cercare di diventare veloce nella pulizia dei locali e delle attrezzature, ancor prima di avvicinarmi alla postazione dello chef. Questa è la lezione che mi ha aiutato ad apprezzare l’intero mondo della ristorazione.


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