Friggere è un’arte, scopriamo dai maestri le regole per una frittura perfetta!
Ma prima di partire alla scoperta della frittura perfetta, un po’ di storia e tradizione culinaria. La frittura è una tradizione che affonda le radici profondamente nella nostra cultura e che deve avere uno spazio ben preciso nel nostro DNA dei sapori. Se in Usa fritto è ormai sinonimo di cibo-spazzatura, da noi il fritto è ancora il cibo della nonna, il sapore dell’infanzia. Ma non è tutto, la frittura è una cucina trasversale: è ben accolta dai carnivori come dai vegetariani, tanto che esistono anche diverse ricette di “fritture vegan”, e ben accolta dai bambini che non possono tirarsi indietro di fronte ad una cotoletta fritta o ad un piatto di patatine dorate!
Frittura perfetta? Ecco i segreti!
- Il fritto deve essere asciutto (non deve lasciare in bocca la tipica e sgradevole sensazione di unto) e croccante: con un involucro cioè ben cotto e dorato e con l’interno morbido e succoso.
- La doratura deve essere uniforme, senza parti bruciacchiate o poco cotte.
- La frittura va servita calda, meglio ancora se appena tolta dalla padella (frienno e magnanno, sintetizzano efficacemente i napoletani).
- Il fritto dovrebbe essere digeribile, evitando così lo strascico di una notte agitata con lo stomaco sottosopra.
- Occorre tenere d’occhio la temperatura di frittura che dovrà essere piuttosto elevata in modo che, a contatto con il calore, la pastella (o comunque il rivestimento) cristallizzi immediatamente, formando una specie di barriera. L’occhio esperto funziona bene, ma è meglio usare un termometro: la temperatura deve essere tra i 160 e i 190 gradi.
- Il grasso più adatto allo scopo, quello che si degrada meno facilmente, è l’olio d’oliva: ha un punto di fumo alto, regge cioè le alte temperatura molto più a lungo di qualunque altro tipo di olio. Al secondo posto viene l’olio di arachidi che è abbastanza stabile ed ha il vantaggio di un costo inferiore. Essendo quasi insapore è ottimo per le fritture dei dolci e per quelle di pesci dal gusto particolarmente delicato. Gli oli di mais, girasole e vinacciolo possono essere usati solo per piccole fritture, cioè se l’olio rimane sul fuoco per pochissimo tempo. Avendo un punto di fumo basso, sono poco indicati per la frittura sia l’olio di semi vari che quello di soia.
Ora che conosciamo le “regole base”, possiamo cimentarci con due ricette, seguendo le indicazioni di due maestri: Ettore Bocchia e Fulvio Pierangelini.
«Zucchina e rapa rossa… Un’idea di tempura»
Ecco un’interpretazione della tempura (normale, non molecolare!) firmata da Ettore Bocchia: per la pastella si sbatte con una frusta farina di grano tenero, acqua, un bianco d’uovo. Quando la pastella è ben amalgamata (deve restare liquida) si mette del ghiaccio che la mantiene fredda. Per tagliare zucchina e rapa si utilizza un’apposita mandolina circolare che fa i fili. Quindi si frigge il filo di verdura su un tubo di acciaio (come per il cannolo) ricoperto però di carta siliconata da forno.
«Una millefoglie di cotoletta»: il classico rivisitato
Riprendiamo una conversazione di Fulvio Pierangelini in cui raccontava così la “sua” frittura, un piatto privatissimo, «perché io non ho mai avuto fritti in carta, anche se adoro mangiare le alici fritte in casa e i fiori che faceva mia madre». «Questa è la “mia” cotoletta milanese – spiega lo chef che ora fa il consulente per diversi locali di alto livello nel mondo – È un gioco moderno, fatto di quattro metodi di frittura e due rimandi. Ma i sapori ci sono tutti. Intanto, uso una carne strepitosa: scamone piemontese della Granda e faccio delle piccole cotolette, battute col batticarne, passate nell’uovo, panate e fritte. Poi taglio alla maniera giapponese una sfoglia di patata: la faccio a fogli e la friggo per fare una millefoglie di patate fritte e cotoletta. Accanto ci metto una montagna di patatine fritte e di verdure fritte: carciofo panato, salvia in pastella, fungo infarinato, fagiolino nature. Il tutto accompagnato con una salsa acida: una crema inglese al limone non dolce, con chicchi di sale grosso, per avere il ricordo del limone (oggi aborrito!) e del cremino fritto, un classico della frittura all’italiana…»