Gelato artigianale, ci è o ci fa? Questo è il dilemma.
Per quelli che l’estate è solo gelato artigianale e poco altro. Ai più è noto come gelato sciolto, quello con i gusti da scegliere a seconda dell’umore o del palato, appiccicati alla vetrina d’esposizione come una cozza amabilmente coesa al suo scoglio. Gelato artigianale, gusto frutta o creme per rimanere sui classici. Oppure gelato artigianale gusti improbabili o creativi; quelli da provare almeno una volta nella vita, da abbandonare solo al primo sguardo o da matrimonio da favola “e vissero per sempre felici e contenti”.
È all’estero che la creatività non conosce confini, neanche finanziari. Basta fare una capatina a Dubai, nella Scoopi Cafè per trovare il Black Diamond, gelato al tartufo nero e zafferano iraniano, servito con scaglie di oro commestibile 23 carati e presentato su una deliziosa coppetta di porcellana a firma Versace. Il prezzo? La cifra modica di 817 dollari, per nababbi vecchi e nuovi o per “fuori-di-testa-almeno-una-volta-nella-vita”.
Ma se il vostro portafoglio proprio non ci arriva, mentre il palato è pronto per esperienze stravolgenti, una capatina a New York, al Sundaes and Cones, vi permetterà di assaporare il gelato al gusto wasabi. Verde e piccante, è pericoloso scambiarlo per pistacchio (anche perché il pistacchio non è verde!). O ancora a Los Angeles, dove al Ramekin, una delle migliori gelaterie artigianali della città, fanno furore i gusti nero di seppia o uova di pesce.
Ma nella bella Italia non siamo da meno. E allora si passa dal limone e basilico, specialità ligure vincitrice dell’edizione 2014 di Gelati d’Italia a Orvieto, al gusto Gorgonzola di Abbiategrasso e Zenzero, a firma di Antonio Morgese, noto patron del Rigoletto Gelato e Cioccolato e Ambasciatore della comunicazione del mondo del gelato al recente Sigep di Rimini. Ma ancora gelato artigianale al gusto pizza (a Napoli dove altro sennò?), opera prima della gelateria Casa Infante, a base di fior di latte di Vico Equense, confettura di pomodoro San Marzano DOP e basilico disidratato. Oppure al Parmigiano Reggiano DOP, consigliato con gocce di aceto balsamico di Modena e Prosciutto di Parma; tripudio di orgoglio regionale!
Ma al di là dei gusti il vero dilemma del gelato artigianale è: esiste o non esiste? Ci è o ci fa? Insomma, ai più basta entrare in una gelateria per pensare che quelle vaschette di cremosità infinita siano frutto di mani operose, intente a mescolare uova bio e latte di fattoria o a frullare pistacchi di Bronte e nocciole delle Langhe. Ma occorre sfatare un mito perché tra i 39000 gelatieri d’Italia, nel 65% dei casi non è così. La legge italiana infatti non dà una definizione di gelato artigianale, ma si rifà a quanto sancito per l’impresa artigiana. Per cui se la gelateria è di piccole dimensioni e si occupa in loco di assemblare anche solo i semilavorati di origine industriale, quella gelateria può fregiarsi dell’etichetta di gelato artigianale, indipendentemente dalla qualità degli ingredienti.
Eclatante è stato il caso Grom, la gelateria di fama internazionale creata da Guido Marchetti e Federico Grom. Per loro è famosa la campagna #sappiamodifrutta, con cui Grom promuove la frutta utilizzata per il suo gelato e coltivata direttamente nei terreni aziendali, secondo canoni biologici strettissimi. Oppure il cioccolato Apurimak, uno dei più aromatici al mondo, che i fondatori sono andati a pescare nell’omonima valle del Perù, stando ben attenti a rispettare alti criteri di selezione dei coltivatori e la loro remunerazione. Ora. Pur impiegando prodotti di altissima qualità e materie prime selezionate in tutto il mondo, per la Grom è impossibile utilizzare la dicitura artigianale, a causa delle sue dimensioni aziendali (è una SpA) e perché la lavorazione delle loro miscele avviene in un’unica sede in Italia, che poi distribuisce i prodotti congelati in giro nelle varie succursali nel mondo.
Ora, nessuno afferma che il gelatiere sotto casa, che apre il suo bel secchiello di base industriale al quale deve aggiungere solo latte, magari a lunga conservazione, sia un truffatore. Non lo è. Semplicemente occorre far pace con le parole e assumere come verità rivelata che la qualifica artigianale di per sé non basta a garantire un gelato di ottima qualità. E da qui, occorre fissare dei parametri che ci guidino nel riconoscimento del gelato artigianale di qualità. Ma per questo c’è spazio nel prossimo appuntamento.
Foto di copertina: Luciano Pignataro Blog.
di Tamara Gori