Sapori della MenteLo stufato e la sestina

Lo stufato e la sestina

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Inventata nel Duecento da Arnaut Daniel, la «sestina» è una forma poetica largamente diffusasi in Europa, specialmente grazie a Dante e a Petrarca, tanto da far concorrenza al sonetto.

Caduta più o meno in disuso intorno al Cinquecento, essa ha poi conosciuto un ritorno nel secolo scorso. Per creare una «sestina» nella sua forma più semplice, vengono scelte sei parole disponendole in fine di sei versi che saranno composti a partire da esse: nasce così la prima strofa.

Per le cinque strofe successive si ripete l’operazione ponendo le sei parole-rima in un ordine sempre diverso, strofa per strofa e così può essere fatto per una strofa successiva (settima) utilizzando la stessa disposizione delle sei “rime” della prima strofa. Lo stesso meccanismo può essere applicato anche in forma di prosa.

Nel suo romanzo Il rapimento di Ortensia, secondo della trilogia di Ortensia, Jacques Roubaud fornisce la ricetta della daube, lo stufato. Preparazione ben particolare poiché, se si ha l’accortezza di sistemare in versi (come suggerito dagli spazi bianchi) il brano a fine del cap. 35, si ha un componimento che osserva la regola della sestina.

De La daube di séguito è riportata la traduzione di Laura Brignoli Pusterla e non quella di Stefano Benni poiché la prima meglio rispetta la contrainte della sestina.

Lo stufato

Per sei persone un chilo e mezzo di carne
di manzo, mezzo codone, mezza spalla, parecchie cotenne
Di porco, pancetta, punta di petto fresca, piedino
Di vitello, olio d’oliva, cipolla, due litri di vino,
Una carota, una testa d’aglio, una fine scorza
Di arancio, sale, pepe, alloro e un rametto di timo
In una terrina mettete il rametto di timo
La carota a fettine, l’alloro, la carne
A gran pezzi salata e pepata. Sulla scorza
d’arancio che corona il tutto versate un po’ d’olio (Cotenne,
Pancetta, petto si tengano in fresco). Coprite col vino
Tenete in cantina per sette, otto ore. Ed ecco il piedino
avviato. Tagliate ora con cura il piedino
Di vitello in due, apritelo. L’alloro e il timo
Galleggiano sulla marinata. Togliete il vino
E sgocciolate ben bene tutti i pezzi di carne
Punta di petto e pancetta si taglino a dadi. Le cotenne
in strisce uguali. Saran sotto il coltello, come una scorza
grassa e soffice. Però strana scorza!
Rosolate il manzo in pentola di ghisa (piedino
a parte). Soffriggete la cipolla. Poi mettete le cotenne,
la pancetta, la marinata riscaldata (timo
Pepe e carota fresca). Il tutto versato sulla carne.
Immergete una bella testa d’aglio nel vino
Profumato (Per coprir bene aggiungete del vino
appena scaldato). Nella nera ghisa la scorza
d’arancio a fuoco lento infonde ormai alle carni
il suo aroma. Entro cinque o sei ore il piedino
Di vitello si amalgama con la testa d’aglio e il timo
Profuma la pancetta, la punta di petto, le cotenne
tenere come mai sarà stata una cotenna.
In una terrina versate allora il vino
Insieme ai pezzi ormai cotti a puntino (Togliete il timo!)
Come fosse un bel nastro stendete in cima la scorza
d’arancio. Lasciate raffreddare. La gelatina di piedino
di vitello si formerà, brillante, intorno alla carne.
Carne
che si mangia fredda accompagnata da cotenne,
dal piedino
sciolto con tutti i sapori! Oh, il vino,
gelée d’aglio e la scorza
d’arancio, il timo.






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