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Lotta al caporalato, l’Italia alla prova della Dignità e la responsabilità dei consumatori

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Nel corso della XVII legislatura il Parlamento ha approvato la legge 29 ottobre 2016, n. 199, disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo.

Entrata in vigore il 4 novembre 2016, la legge mira a garantire una maggiore efficacia all’azione di contrasto del c.d. caporalato, introducendo significative modifiche al quadro normativo penale e prevedendo specifiche misure di supporto dei lavoratori stagionali in agricoltura.

Con l’espressione “caporalato” s’intende l’intermediazione illegale e lo sfruttamento lavorativo, prevalentemente in agricoltura.

Secondo la Relazione introduttiva del DDL, poi divenuto legge, il complesso ed allarmante fenomeno del caporalato coinvolge, secondo stime sindacali e delle associazioni di volontariato, circa 400.000 lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri, ed è diffuso in tutte le aree del Paese e in settori dell’agricoltura molto diversi dal punto di vista della redditività.

Al fenomeno del caporalato è strettamente e intrinsecamente connesso il fenomeno della c.d. SCHIAVITU’ DEL TERZO MILLENNIO, a sua volta intrecciato con i fenomeni di migrazione clandestina e sfruttamento della mano d’opera (anche) da parte della criminalità organizzata: sfruttamento dello stato di bisogno, della povertà, applicazioni di condizioni di lavoro rigidissime, al di fuori di qualsiasi parametro (prima umano e poi prettamente legale).

Tanto importante sentito il fenomeno, da comportare l’introduzione, con la legge 199/2016, di un nuovo articolo 603-bis c.p. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) secondo cui:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:

1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;

2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1),

sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

[…]

Ai fi ni del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:

1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque, sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;

2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;

3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;

4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

Norma che altro non è che una specificazione e dettaglio di quanto previsto prima dalla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, e dalla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, Roma, 4.11.1950, nonché dai nostri precetti Costituzionali

A quasi 4 anni dalla entrata in vigore della legge, si registrano opinioni discordanti sugli effetti della legge.

La fase di repressione sembra aver dato e dare una risposta al fenomeno, di cui però non si conoscono esattamente i numeri assoluti, né (soprattutto) gli effetti determinati dalla presenza e dal controllo da parte della criminalità organizzata.

I numeri dei controlli, comunque, sono allarmanti quanto meno per comprenderne l’estensione.

Secondo l’ultimo rapporto dell’attività di vigilanza INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro), Relazione del 02/04/2020 nel corso dell’anno 2019 Sono stati intensificati i controlli in materia di intermediazione illecita della manodopera e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.) e riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.).

Benché il fenomeno tenda a manifestarsi trasversalmente in diversi settori economici (ed in particolare in edilizia, nell’industria e nel comparto manifatturiero) prevalente attenzione si è continuato a rivolgere al settore agricolo, anche con iniziative straordinarie di vigilanza a livello interregionale condotte, soprattutto nel periodo estivo, con la costituzione di apposite task forces di ispettori in ambito interprovinciale e con il più ampio coinvolgimento di altri organi di vigilanza, a partire dai reparti territoriali dell’Arma dei Carabinieri, in attuazione del “Protocollo di cooperazione per il contrasto al caporalato ed al lavoro sommerso e irregolare in agricoltura” siglato il 12 luglio 2016. In tale contesto, particolarmente incisiva è stata l’attività di contrasto posta in essere sul piano infoinvestigativo dal Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, artefice delle 263 operazioni di polizia giudiziaria che hanno portato al deferimento all’Autorità Giudiziaria di 570 persone (+190% rispetto alle 299 del 2018), 154 delle quali in stato di arresto.

Dei 3.247 lavoratori interessati alle operazioni “anti caporalato” (888 dei quali di nazionalità italiana) 1.266 (circa il 39%) sono risultati totalmente “in nero”. I lavoratori agricoli coinvolti nelle anzidette operazioni sono stati complessivamente 1.488, 751 dei quali occupati “in nero”. Tra questi ultimi si sono contati 533 stranieri, 205 clandestini e solamente 13 cittadini italiani. All’esito di controlli effettuati nei confronti di 44 aziende, gli ispettori civili dell’INL hanno altresì emesso 93 notizie di reato per intermediazione illecita di manodopera con sfruttamento del lavoro e tutelato 65 lavoratori.

Ben lungi la situazione dall’essere sotto controllo, basti segnalare, ad esempio le operazioni rilevate nell’ultimo mese, e destinate ad aggravarsi nel periodo della vendemmia o della raccolta olivicola:

Se la fase di repressione del fenomeno non eccelle, la prevenzione dello stesso è stata gravemente carente.

La legge 199/2016, infatti, si basa su due pilastri, apparentemente ovvi: da una parte la repressione del fenomeno (come rilevato, con una nuova formulazione penale e introduzione di nuovi reati, sanzioni a carico del datore di lavoro, confisca e riassorbimento dei lavoratori della economia legale); dall’altra la prevenzione del fenomeno stesso attraverso il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura e il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.

La fase di prevenzione, peraltro caratterizzata da una pesante burocrazia e dalla difficoltà di coordinamento dei vari enti preposti al controllo, non è ancora realizzata, se non con alcune iniziative sporadiche.

Sicuramente assume una grande rilevanza e pregio la recente sottoscrizione del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020 – 2022 (20/02/2020), che prevede un piano di lotta e prevenzione del fenomeno sulla base di 10 azioni, considerate prioritarie:

1. Un sistema informativo con calendario delle colture, dei fabbisogni di manodopera e altri dati e informazioni sviluppato e utilizzato per la pianificazione, gestione e monitoraggio del mercato del lavoro agricolo.

2. Gli interventi strutturali, investimenti in innovazione e valorizzazione dei prodotti migliorano il funzionamento e l’efficienza del mercato dei prodotti agricoli.

3. Il rafforzamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, l’espansione del numero delle imprese aderenti e l’introduzione di misure per la certificazione dei prodotti migliorano la trasparenza e le condizioni di lavoro del mercato del lavoro agricolo.

4. La pianificazione dei flussi di manodopera e il miglioramento dell’efficacia e della gamma dei servizi per l’incontro tra la domanda e l’offerta (CPI) di lavoro agricolo prevengono il ricorso al caporalato e ad altre forme d’intermediazione illecita.

5. Pianificazione e attuazione di soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo in alternativa a insediamenti spontanei e altri alloggi degradanti.

6. Pianificazione e attuazione di soluzioni di trasporto per migliorare l’offerta di servizi adeguati ai bisogni dei lavoratori agricoli.

7. Campagna di comunicazione istituzionale e sociale per la prevenzione e sensibilizzazione sullo sfruttamento lavorativo e la promozione del lavoro dignitoso.

8. Rafforzamento delle attività di vigilanza e contrasto allo sfruttamento lavorativo.

9. Pianificazione e attuazione di un sistema di servizi integrati (referral) per la protezione e prima assistenza delle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura e rafforzamento degli interventi per la loro reintegrazione socio-lavorativa.

10.  Realizzazione di un sistema nazionale per il reinserimento socio-lavorativo delle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura.

Oltre a quello dei vari apparati statali e regionali e degli entri di controllo, i consumatori assumono un ruolo fondamentale in grado di orientare le scelte del mercato, una volta che sia stata realizzata una filiera produttiva agro-alimentare certificata (in base alle azioni nn. 3 e 7 del Piano Triennale).

Le scelte dei consumatori, non basate sul solo elemento prezzo, sono pertanto in grado di determinare l’esclusione dal mercato di quelle imprese che persevereranno nello sfruttamento della mano d’opera abusiva.

A ben vedere, i consumatori non sono chiamati solo ad una scelta di mercato, ma soprattutto ad una scelta etica di rispetto del lavoro e della Dignità umana.

Così come lo Stato Italiano è chiamato alla difficile prova di trovare l’equilibrio tra flussi e presenza migratoria irregolare e il fabbisogno della mano d’opera agricola, con l’assoluta necessità di evitare che laddove non arrivi lo Stato, arrivi la criminalità organizzata; necessità che si è trasformata oggi in una vera e propria emergenza a causa delle forti limitazioni ai flussi migratori regolari determinate dalla normativa per il contenimento del contagio da COVID-19.


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