Magro Cappon

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In cucina la maggior parte delle pietanze nasce come cibo del popolo. Povero ma saporito, che piano piano è salito sulle tavole dei signori. Pochi però hanno fatto un salto “sociale” così vistoso come il Cappon Magro, ora piatto da parata della cucina ligure.

Cominciamo col dire che il cappone, inteso come volatile, non c’entra niente. Né ha niente a che vedere neppure con il pesce lampuga, tipico del Mediterraneo, chiamato anche pesce capone, la cui polpa è molto gustosa.  E’ molto probabile che derivi dal francese chapon, ovvero un crostino di pane utilizzato per accompagnare le zuppe, che ricorda in effetti la galletta sulla quale si poggia l’intera preparazione.

Si perché una leggenda popolare narra che fu il cibo dei rematori delle “galere” che conteneva gallette, fave, castagne, olio, funghi secchi (che arrivavano dall’entroterra riccamente boscoso) e baccalà. La galletta veniva ammollata in acqua e aceto – per conservarla  – si aggiungevano anche  pesce salato – tonno e alici – e, se possibile, olive, origano e sempre un po’ d’olio come condimento: in pratica l’equivalente della capponadda –una insalata di pomodori, cetrioli, peperoni, lattuga, uova sode, bottarga e tonno essiccato – in passato assai popolare come preparazione tipicamente marinara. Capponadda a sua volta cugina della caponata siciliana e insieme parente povero del Cappon Magro.  

Magro, cioè senza carne e grassi animali (lardo, strutto, burro), latte o uova, perchè via via diventa il piatto della vigilia sia di Pasqua che di Natale.

Genova nel Rinascimento è una repubblica marinara ricca e potente, le sue navi salpano in ogni mare, è il periodo di massimo splendore anche per la sua cucina, che nel tempo si è fusa con quella provenzale, spagnola, portoghese, siciliana  (o viceversa), arricchendosi di prodotti che sono diventati parte integrante ancora oggi degli usi culinari delle varie nazioni. Nella città si trovavano botteghe di ogni tipo, al porto arrivavano spezie da ogni dove. I suoi cuochi erano famosi in Europa e richiesti dalle varie signorie. Per la repubblica di San Giorgio questo è veramente el siglo de oro.

E’ chiaro dunque che la sua marineria fosse la punta di diamante e , non fosse altro perché i marinai erano tantissimi, il suo cibo diventasse cibo di tutti. Anche dei servi delle famiglie nobili. Infatti un’alta leggenda vuole che fosse il piatto nato dall’insieme degli avanzi dei banchetti degli aristocratici. C’è chi dice anche – appellandosi al termine magro – che fosse il riciclo dei pesci invenduti dai piccoli banchetti del porto, comprato a bassissimo prezzo dai poveri.

La pietanza può essere declinata come si preferisce e infatti di ricette ce ne sono a iosa. La costante deve essere la galletta o il biscotto. Sembra niente, invece la differenza è fondamentale.

Il biscotto è preparato in lunghi filoni che dopo la cottura sono tagliati a fette per essere sottoposti a un secondo passaggio in forno: da qui il nome bis-cotti. La galletta, invece, è preparata con un impasto differente e confezionata in forma di piccola focaccina. Una sola cottura la rende asciutta e conservabile, tanto che chi ne controllava la consistenza prima di accettare i carichi da stivare nelle cambuse delle navi, pretendeva che le gallette fossero “vetrose”, perfettamente asciutte e quindi conservabili a lungo. Spesso il miglior biscotto era preparato con farina di grano duro e grazie a una particolare lavorazione dell’impasto e alla differente resa della farina, il risultato finale era straordinario sia nella consistenza, sia nel sapore. Altra costante è la salsa di prezzemolo, olive – ovviamente taggiasche – e acciughe (molto simile a quella piemontese che accompagna i bolliti). Si mettono le gallette a strati e tra uno strato e l’altro si farcisce di varie componenti.

Come da piatto povero abbia fatto a diventare la super star della cucina ligure non è dato sapere. Gli ingredienti si fecero sempre più raffinati e al pesce si unirono le verdure lessate, il tutto amalgamato dalla salsa verde,  capace di armonizzare i sapori rendendo il tutto una delizia. Nei libri dei conti di alcune famiglie nobili genovesi si trovano riferimenti inequivocabili al cappon magro, sia come piatto dei giorni di magro sia come portata fastosa da ostentare durante i banchetti ufficiali tenuti in giorni di astinenza. C’era chi la chiamava biscotto magro, chi biscotto condito. L’importante era raffigurare la magnificenza della casata. E, in definitiva, così è rimasto.

Un piatto opulento e coreografico:  si può comporre stile tiramisù, in piramidi, in barocche architetture, nelle più visionari composizioni da grand gourmet.

Un piatto da grandi occasioni, anche perché la preparazione è lunga e laboriosa. Come si diceva, si può fare in tanti modi. C’è il cappon magro veloce, quello più economico, quello vegano, ecc.  Si può scegliere di utilizzare la polpa di un solo tipo di pesce e quindi orientarsi su una ricciola o su una gallinella, oppure utilizzare le varie qualità di pesci insieme seguendo le diverse cotture.

Non possono mancare: seppie, cozze, calamari e gamberi.

Le verdure  in genere sono: cavolfiore, zucchine, rapa rossa, carote, carciofi (o asparagi secondo stagione).

Qui vi proponiamo una ricetta.

La prima cosa a cui pensare, possibilmente il giorno prima è la preparazione della salsa verde, se riposa una notte è decisamente più buona. Si prepara frullando insieme (o nel mortaio secondo i puristi)  una grande manciata di prezzemolo, con uno spicchio d’ aglio, un pizzico di sale grosso, 5 acciughe sotto sale , due tuorli d’ uova sode, olio extra vergine d’ oliva, qualche oliva e qualche cappero e una manciata di mollica di pane bagnata nell’ aceto.

Si inizia  pulendo il pesce, si bolle in acqua bollente salata aromatizzata con un tocchetto di carota e di sedano.

Una volta cotto il pesce và pulito e spolpato.

A seguire vanno cotti i crostacei e le verdure. E’ molto importante cuocere ogni qualità di pesce e di verdura separatamente una dall’ altra e una volta cotta condirla con un pochino d’ olio e metterlo in contenitori diversi per non mischiare i sapori ed i colori.

 Una volta che tutti i pesci e tutte le verdure sono state cotte e condite con la salsa verde si può iniziare a comporre il Cappon Magro.

Si inizia con la galletta del marinaio, imbevuta in acqua e aceto che si pone in fondo a un piatto da portata, la sequenza prevede uno strato di pesce seguito da uno strato per ogni tipo di  verdura un po’ di salsa verde e un’ altro strato di pesce e così fino a completare il piatto che si ricopre di salsa verde e si decora con le verdure a striscioline sui lati e i gamberi sulla cima o, per i palati più ricchi e raffinati, con l’aragosta. Quando è completo il cappon  magro deve riposare qualche ora prima di essere gustato.

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