Memorie marocchine

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di Fabrizio Mangoni

Leo quella mattina aveva ripreso in mano il quaderno delle ricette dei viaggi. Era speciale quel quaderno, a metà tra un album di fotografie e un raccoglitore di cartine geografiche, biglietti da visita di ristoranti e alberghi e ricette trascritte sui luoghi. Da giorni aveva seccato le prugne dell’albero che avevano piantato nel vialetto d’ingresso. Piantato dopo un viaggio in Marocco per preparare la carne con le prugne. Che senso ha comprare le prugne della California per un piatto marocchino? Meglio quelle proprie.

La ricetta gliela aveva dettata il proprietario del Malik- Jali, ristorante terrazza di Fez. Teneva aperto il quaderno vicino ai fornelli per non dimenticare qualcosa. Da due anni Angela l’aveva lasciato solo e ogni tanto ne riaccendeva il ricordo nelle padelle di quando cucinavano spesso insieme. Quanti ricordi possono esser accarezzati non solo nel sapore di un piatto, ma anche nella sua stessa preparazione! Certo sullo sfondo della sua cucina c’era il cielo azzurro del Marocco di quella lontana terrazza. Era stato un viaggio indimenticabile in un posto raro e antico.

TAJINE DI CARNE E PRUGNE

In una pentola, mettete i pezzi di carne, le cipolle tritate, l’aglio, l’olio e tutte le spezie (zenzero, curcuma e pistilli di zafferano). Fate rosolare a fuoco basso e coprite la casseruola. Girate spesso con un cucchiaio di legno.

Quando preparava con Angela quella Tajine, questo era un suo compito. È un passaggio decisivo per la buona riuscita del piatto; le spezie devono essere assorbite dalla carne, che non deve bruciarsi. Pensò di accompagnarsi con i suoni registrati durante una passeggiata con Angela per le stradine di Fez. Si sentivano i loro passi, gli zoccoli di un mulo col padrone che chiede strada, voci di bambini, poi il chiavistello del portone del Riad dove dormivano, lo scorrere dell’acqua della fontana del paradiso nel cortile della casa, poi il fruscio della tenda della loro stanza, generosamente alta.

Quindi aggiungete acqua bollente a coprire appena la carne. Coprite la pentola e fate cuocere per circa un’ora; il tempo di cottura dipende dalla tenerezza della carne. Quando la carne sarà̀ cotta, fate ridurre la salsa di cipolla, scoperta. Lasciate quanto basta della salsa per servire.

tajine

Con Angela commentavano sempre il gusto della salsa che diventa un concentrato di sapori. E qui entrava in scena lei per preparare le prugne.

Verso la fine della cottura preparate il ripieno per il piatto di carne. Lessate le prugne in una casseruola, ricoprendole d’acqua. Aggiungete la stecca di cannella. Una volta cotte, morbide, ma ancora intere, interrompete la cottura non appena si saranno gonfiate e ammorbidite. Scolatele, lasciandole nella casseruola. Tenete l’equivalente di un cucchiaio d’acqua sul fondo della pentola. Spolverate con lo zucchero, un po’ di cannella a piacere e aggiungete una noce di burro. Lasciate caramellare le prugne per una decina di minuti, a fuoco bassissimo, rigirandole delicatamente e spesso con un cucchiaio. Mettete da parte.

Era perfetta nei suoi movimenti e, nel ripeterli, lui li rivedeva e si accentuava la mancanza. Il seguito da sempre era sua cura: la tostatura dei semi.

Nel frattempo lessate le mandorle in acqua bollente per pochi minuti. Sbucciatele, sciacquatele e asciugatele. Friggetele in una piccola padella con un filo d’olio. Attenzione a non bruciarle! Mescolate spesso per girarle in modo che si dorino uniformemente. Adagiatele su carta assorbente. Infine tostate i semi di sesamo abbastanza velocemente in una padella asciutta, mescolando spesso. Metteteli da parte per la decorazione delle prugne. Servite questa deliziosa Tajine di carne con prugne e mandorle disponendo prima la carne nel piatto, poi la salsa di cipolle tutt’intorno e guarnendo con le prugne, i semi di sesamo e le mandorle.

La preparazione era finita, l’avrebbe mangiata per cena, per addormentarsi con quei ricordi, e poi ne avanzava anche per i giorni dopo. Non si può̀ adattare una ricetta per sei persone ad una soltanto! Ora doveva portare fuori il sacchetto con l’umido e si sarebbe steso in poltrona a vedere la televisione.

Eccomi di nuovo qui davanti al vialetto che porta alla casa. La nostra casa. Sono andata via due anni fa, e non so come, ora ho l’occasione di ritornarci. Lo so bene che i ritorni a sorpresa sono pericolosi, che Leo potrebbe avere un’altra compagna, che posso trovarmi in una situazione scabrosa e provocare imbarazzo. Ma ho troppo bisogno di sapere come se la cava senza di me. L’albero di prugne che avevo piantato, è ancora ben curato, anche se lui ha sempre detto di non avere un pollice verde. Sento il profumo dei frutti viola già̀ maturi, tocco la loro superfice liscia. In due anni è anche cresciuto e fa più̀ frutti di prima. Ora devo riuscire ad entrare di nascosto, senza farmi vedere. Leo è in casa, lo intuisco dalla macchina dentro il garage. Provo a vedere di entrare da dietro, dalla cucina; la porta è aperta ma c’è la zanzariera. Mannaggia! Le avevo fatte mettere io le zanzarieea perché avevo fastidio degli insetti, e in campagna se ne trovano. Ecco appare la sua ombra col sacchetto della spazzatura in mano, apre la zanzariera e la richiude velocemente dietro di sé. Ma faccio in tempo ad infilarmi. Sono dentro casa.

Come è entrata questa maledetta mosca? Pensò Leo rientrando in casa. Basta aprire un secondo la zanzariera e te le trovi dentro. Poi con le mosche non funziona “l’allarme insetto”, il sistema inventato con Angela per liberarsi degli insetti senza ucciderli. C’è tutta una serie di bicchieri e coppe di varie dimensioni, con cui bloccare l’insetto su un muro; poi, piano piano si infila un cartone tra muro e coppa, che chiude l’insetto dentro, e così viene liberato all’aperto. Funziona persino con le zanzare, ma non con le mosche. Mentre avvicini la coppa sono già̀ volate altrove. Una volta abbiamo rotto un bicchiere.

una mosca a cena
Se voleste invitare una mosca a cena, ecco un ottimo piatto. Carne al sangue, prugna marcita à point, soluzione di acqua e zucchero profumata alla cannella, dove sciogliere una goccia di sangue della carne. Sarà felice!

Sono tranquilla. Ho imparato che non mi può̀ acchiappare. Ho scoperto che noi mosche vediamo i movimenti ad una diversa velocità. La mano che rapidamente tenta di scacciarci, si muove lentissimamente per noi e abbiamo tutto il tempo di allontanarci con calma. L’unico rischio sono gli insetticidi Spray che in casa non ci sono e che Leo non userà̀ mai. Ora sto appollaiata sul soffitto, mentre Leo accende la televisione e si stende in poltrona. Certo lo vedo come in un caleidoscopio e diviso in mille frammenti, ma lo riconosco il mio Leo. Voglio stargli vicino, e atterro sul suo pantalone, di cui non riconosco il colore, ma, attraverso le mie zampette, identifico l’odore, l’odore dei suoi vestiti sempre freschi di lavanderia.

Ma guarda dove si va a mettere? Mi vuole provocare; la caccio con la mano, ma fa un breve giro e ritorna lì. La caccio di nuovo e sembra essersene andata. Inizia il telegiornale e mi distraggo per un minuto, quando guardo la mia gamba la mosca è ancora lì, nello stesso preciso punto.

Come faccio a fargli capire che non sono una mosca, ma Angela. Devo fare cose non da mosca, come tornare sempre allo stesso punto del suo pantalone. Si farà̀ qualche domanda?

Provo ad alzarmi e quella sta ancora là. Faccio due passi e non si muove. Ora ti frego! Piano piano mi avvicino alla porta facendo passi rigidi, così esco fuori e poi vediamo se te ne vai.

Mi vuole portare fuori. E già̀, mi ha preso per una stupida; mentre apre la porta sono di nuovo sul soffitto.

È scappata di nuovo. Chissà̀ dove è andata? Basta non ci penso più̀ e mi riseggo a vedere il telegiornale.

Riesco a vedere e riconosco seppure in modo frammentato una mia fotografia messa sul mobile di fianco al televisore. Mi ci attacco sopra; il vetro ha un effetto sulla mia vista che mi fa distinguere il bordo del volto. Inizio a percorrerlo come una linea, girando continuamente torno torno dal mento alla fronte. Dovrà̀ accorgersene, gli sembrerà̀ strano, potrà̀ pensare che cerco di dirgli qualcosa.

Adesso è sul ritratto di Angela. Ma che sta facendo? Gira attorno al volto con una costante e puntigliosa geometria. Che vuoi dirmi? Mi accorgo che le sto parlando. Devo stare uscendo completamente pazzo.

Vedo che muove le labbra ma non posso sentire quel che dice ed è anche difficile percepire i movimenti della bocca. Ma forse si è accorto di me, e comincia a pensare che sono per lo meno una strana mosca. Che fare? Ah, ecco volo sulla medaglia della mia partecipazione alla Maratona di New York.

Che dici? Ti piace Angela? Ti attacchi alle sue cose? Sto uscendo fuori di senno, forse sto solo sognando. Ora vola emettendo un ronzio intermittente; mi concentro e immagino che stia cantando; sento le note e persino le parole “Liberi liberi liberi”; la nostra canzone di Vasco Rossi. Vabbè è tutta una suggestione, come quando entri nel tubo della tac e nel rotore che gira se pensi a delle parole le senti.

Cosa posso fare adesso? Ecco l’anello, il mio anello che ora porta lui al sito della mano destra. Deve averlo fatto aggiustare. Mi precipito lì sopra e non mi stacco da lì. Lui mi sta guardando.

Sarebbe bello se tu fossi Angela, pensò. Guardandola fu preso dalla commozione e quell’insetto sembrò accorgersene perché́ si era messo su un lato dell’anello come per guardare il suo volto. Squilla il telefono. “Leo, sono Marco, ti va di venire a cena a casa, Lella vorrebbe farti conoscere quella sua collega di cui ti abbiamo parlato”. “Ti ringrazio ma ho già̀ preparato una Tajine marocchina”. “ottimo portala da noi!”. “senti siete carini a cercarmi una possibile compagna, ma poi, come le altre volte diventano momenti patetici e ridicoli” “va bene allora vieni solo con noi due in pizzeria, non mi va di pensarti sempre solo” “grazie Marco” gli venne quasi spontaneamente di rispondere guardando la mosca ancora attaccata al suo anello, “non sono solo stasera”. “ah ah, bene, ma domani ti chiamo voglio sapere tutto! Ma non sarà̀ una di quelle tue amicizie strane”. “effettivamente è un po’ strana. Ci risentiamo.” “Ti ricordi di Marco e Lella?”, e si rese conto della pazzia di parlare con quella mosca. Allora si sedette sul tavolo da pranzo e aprì l’album dei viaggi.

Riconosco tutte le foto e mi fiondo su ognuna, sui biglietti dei treni sulle immagini degli alberghi, fino alla foto della Tajine di carne e prugne, che era il nostro piatto preferito.

“Vogliamo cenare insieme? Ma tu come mangi?”. Allora cercò in internet notizie sulle abitudini alimentari delle mosche. La loro bocca è polifunzionale. Con quella specie di trombetta possono succhiare, tagliare, perforare. Da adulti, questi insetti amano succhiare i liquidi zuccherini o il sangue o anche consumano frutta in decomposizione. Quando arrivano su del cibo solido vomitano la saliva per liquefarlo, così da poterlo bere.

“Allora Angela, perché́ tu sei Angela vero? Adesso ti preparo una Tajine marocchina per mosche”.

Si ricordò di alcune prugne cadute sul terreno, beccate da uccelli e un po’ marcite. Uscì nel vialetto, portando sempre Angela sulle dita. E cominciò a cercare la prugna adatta sul terreno.

Adesso lo aiuto. Ho capito che mi vuole offrire la cena. Ora scelgo la prugna giusta. È un po’ come fare ancora la spesa insieme. Assaggio varie prugne alla fine mi fermo su quella dal sapore migliore per me.

 “Ti piace questa eh? Va bene la portiamo dentro.” Poi aprì il freezer per scegliere un pezzetto di carne cruda congelata. Poi lo mette nel microonde per un semplice scongelamento. Sul piattino si sparge anche un po’ di sangue. Intanto metto a riscaldare la mia Tajine e preparo la tavola.
Tovaglia marocchina, piatto per me e piattino per Angela, bicchiere per me……. Chissà se beve il vino.

Mi sistemo di fronte a lui sulla tovaglia. Mi sembra incredibile che ceniamo insieme! Non riesco a tenere ferme le ali per l’emozione. Ora mi pulisco le zampette vicino alle ali per eliminare memorie di sapori e mi accingo a riassaggiare la nostra Tajine.

Nel suo piattino metto un pezzetto di prugna marcita, un pezzetto di carne al sangue, e su un lato metto un po’ d’acqua con cannella. Un profumo d’oriente ci vuole anche per le mosche! “Buon appetito Angela”.

Comincio a mangiare. Perforo e taglio un pezzetto di carne e subito ci bevo sopra il sangue. Poi mescolo la cannella zuccherina al sangue e ricreo una vaga memoria della Tajine. Oh no! Mi sta versando del vino!

Un brindisi ci vuole per festeggiare il rincontro, verso una goccia di vino nel piattino di Angela, e alzo il calice: “Al nostro amore, tesoro!”.

Il vino potrebbe essermi fatale, fingo di bere versando solo un po’ di saliva dalla mia bocca. Ora vedo che ha preso il cellulare in mano e lo guarda.

Quanto vive una mosca? Mi chiedo. E di qui una ricerca su internet. Tre settimane circa, compresa la fase di larva. Da adulta non più̀ di una settimana. Bene pensiamo a un programma. Domani passiamo da Marco e Lella, sarà̀ contenta di rivederli, poi andiamo sulla spiaggia, e poi ….. sì, lo so, come sempre tendo a organizzare le cose, mentre tu preferivi le improvvisazioni; quante volte mentre stavamo per fare una cosa, annunciavi solennemente: “è il momento dell’esercizio del libero arbitrio”. E si cambiava programma. “cara Angioletta, ora andiamo a letto”.

Le possibilità̀ delle cose da fare roteavano nella sua mente per trasformarsi in un lento turbinio di sogni.

Si è addormentato. Dal mio cuscino lo vedo sereno e felice. Vorrei dargli un bacio…. Pazza! Una cosa pericolosissima! Potrebbe schiacciarmi tra le labbra o peggio aspirarmi nella sua bocca e sputarmi fuori. Ne uscirei assai malconcia……. Forse potrei baciarlo nell’angolo della bocca. Mi poso delicatamente lì…… le zampe mi ricordano l’odore della sua pelle, e allungo per un attimo la mia bocca su quell’angolino della sua. Ora sono di nuovo sul cuscino a guardarmelo. Comincio a sentire un po’ di stanchezza…..la conosco bene; è simile a quella che sentivo due anni fa. Domattina, prima che si sarà̀ svegliato, volerò̀ via. Meglio lasciargli un’illusione, che infliggergli un nuovo dolore.






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