Mezenties e Capovilla, la distilleria nel Lazio che sa di Mitteleuropa
Si chiama Distilleria Mezenties, si trova a Cerveteri ed è una nuova realtà nel panorama nazionale dei distillati. Ma i suoi passi in qualche modo affondano le origini nella tradizione mitteleuropea. Ma andiamo per gradi e iniziamo dando i numeri. In Italia ci sono circa 120 distillerie, la maggior parte delle quali industriali. Tanto per avere dei parametri con cui misurarsi, in Germania ce ne sono 30 mila e in Austria addirittura 90 mila. E al di là dei luoghi comuni che fanno dei popoli mitteleuropei dei grandi estimatori di superalcolici, in realtà queste cifre raccontano meglio di mille parole la grande tradizione storica del distillato nei Paesi di lingua germanica. Tra la fine del 1700 e l’inizio dell’Ottocento nei Paesi dell’Impero Austro-ungarico la pratica di distillare vinacce e frutta venne regolamentata dalla concessione di diritti di distillazione. Ogni famiglia distillava con i propri alambicchi, in maniera artigianale e con risultati più o meno eccellenti. E non si trattava di edonismo personalistico, ma di necessità. Tutta la frutta infatti era destinata alla vendita e generava reddito per il sostentamento della famiglia.
Ciò che non era perfetto, o eccedeva la richiesta di mercato, poteva essere distillato e indirizzato alla smercio o a dare conforto nei lunghi e rigidi inverni continentali. In Germania e Austria ancora oggi sono in vigore gli stessi diritti di distillazione di inizio Ottocento e rimangono invariati i limiti massimi consentiti per ogni distillatore: 300 litri di distillato ogni anno. In Italia distillare le vinacce è sempre stata una pratica di ripiego, vuoi perché partiva da una materia prima di scarto, ossia le vinacce, conferite a bassi costi e destinate a massimizzare la loro resa; ma anche perché in un’epoca non così lontana, la grappa era considerata l’alcol dei poveri. Da sempre poi, anche nel caso di distillatori artigiani, si applicano tecniche di distillazione pressoché industriali. I materiali usati per costruire alambicchi e bollitori sono di un bell’acciaio inossidabile, lucente e bello a vedersi, ma che non permette di catalizzare sostanze aromatiche e sensoriali fondamentali per innalzare la qualità del prodotto finito. Sono pochi, anzi rari, i casi di distillatori artigiani che producono distillati di qualità. Uno su tutti, sicuramente il migliore, capace di raccogliere plausi anche all’estero e non solo per la grappa, è Gianni Capovilla.
I suoi distillati di frutta, le sue grappe e, in Guadalupe e Giamaica, i suoi rhum, raccontano l’eccellenza di fare il distillato. Una storia iniziata quarant’anni fa, quando il suo lavoro lo portò a contatto con le realtà austriache e tedesche da cui carpire i segreti della distillazione a bagno maria. O l’uso del rame come metallo nobile capace di compiere quell’azione catalizzatrice necessaria per far parlare di sé in tutto il mondo. La materia prima di certo fa la differenza: se è buona in partenza lo sarà anche il risultato finale. La frutta è raccolta al giusto grado di maturazione, coltivata in maniera specifica per fare distillati e non come prodotto di scarto della coltivazione. Non è trattata con pesticidi e anticrittogamici, spesso viene raccolta allo stato selvatico, a mano e ridotta in una purea più o meno fine a seconda di ciò che si vuole ottenere. In Italia, quando si parla di grappe di frutta, si intendono prodotti aromatizzati, in cui la frutta è messa in infusione nell’alcol che ne assorbe le sostanze volatili e il patrimonio aromatico primario; ma tutto lì.
Mezenties e Capovilla, la distilleria nel Lazio che sa di Mitteleuropa
Nel caso dei distillati di frutta di Gianni Capovilla, la materia prima viene ridotta in purea, denocciolata quando è necessario e sottoposta a distillazione in macchinari costruiti appositamente dal maestro veneto della distillazione. Non solo alambicchi in rame, ma anche una sorta di refrigeratore, in grado di separare sostanze volatili dannose come metanolo, acido cianidrico e anidride solforosa, che anche eliminando teste e code, nei metodi tradizionali tendono a rimanere. E il risultato è un mondo che si svela. Ora. Quale è il legame tra Capovilla e Mezenties? Semplicemente Gianni Capovilla ha messo a disposizione della nuova realtà laziale i suoi macchinari e le sue conoscenze in tema di distillazione di qualità.
Mezenties è la dimensione liquida dell’azienda agricola Casale di Gricciano, agriturismo immerso nell’area della Necropoli della Banditaccia a Cerveteri, uno dei più suggestivi siti archeologici Unesco al mondo. Un sogno realizzato per raccontare il territorio cerite e una tradizione tra vigneti, olivi e frutteti, rispettosi dell’ambiente e dell’equilibrio uomo-natura. Stefania e Luca hanno sposato così l’approccio innovativo di Gianni Capovilla: frutta di prima qualità; metodo artigianale discontinuo in alambicco di rame, sia per le vinacce che per la frutta; packaging trasparente per esaltare il colore e l’intensità del distillato. E la particolarità, oltre al distillato di pere e a quello di mele, è sicuramente la grappa di Giacchè.
Si tratta di un vitigno autoctono del territorio cerite, dal grappolo piccolo e spargo, pressoché scomparso e recuperato con tenacia dalla selezione massale di Casale Cento Corvi, azienda vinicola di spicco a Cerveteri. Da queste terre e da queste tradizioni del distillato d’Oltralpe prende vita Distilleria Mezenties, dal nome altisonante e forte, come il re etrusco Mezenzio di cui Virgilio nell’Eneide narra le gesta eroiche. “E non osa nessuno assalirlo né avvicinarsi, ma sol da lontano, al sicuro, con dardi e con grida lo assediano: così nessuno di quelli che odian Mesenzio meritatamente, ardisce affrontarlo a spada snudata, ma contro gli gettan da lungi l‘armi e le voci; ed egli impavido e lento si gira all’intorno, e i denti digrigna e scuote le frecce dal cuoio dello scudo.” (Virgilio, Eneide, X, 713).
di Tamara Gori